Perché il Blog si chiama: Il Tallone di Ferro
Jack London per tanti ragazzi è stato ed è un autore importante nel periodo della formazione giovanile. Lo è stato anche per me, ma più chee i romanzi di London sulla frontiera, sono stato più fortemente influenzato dagli scritti più politici: Martin Eden, Il Popolo degli Abissi e soprattutto Il Tallone di Ferro.
La mia passione per la letteraura americana è stataimportante anche nella scelta dell’argomento della mia tesi di laurea.Infatti scelsi come argomento il Discorso delle Quattro Libertà del Presidente Roosevelt del 6 gennaio 1941, il dibattito che portò all’effermazione dei diritti sociali in Europa, fino alla Dichiarazione Universale dei Diritti dell’Uomo del 10 Dicembre 1948. Un argomento molto vasto che cercava di ripercorrere le radici ideali del nostro sistema liberaldemocratico e la formazione (e i costi) del nostro stato sociale. Così come mi ha sempre entusiasmato l’ ideale di una Europa dei popoli Unita, Coesa e Solidale.
L’importanza per la storia dell’umanità della Dichiarazione Universale del 1948 come Grundnorm sovrannazionale in cui sono sanciti i diritti inviolabili dell’uomo per la prima volta nella storia, riconosciuti da gran parte delle nazioni mondiali, è purtroppo relegata all’interno di un dibattito solo accademico. Sono convinto che la maggioranza dei nostri parlamentari non ne conosce né l’esistenza, né l’importanza, né il contenuto. Comunque la Dichiarazione Universale non può essere considerata come una conquista definitiva da parte dell’umanità. I diritti dell’uomo sono diritti storici, che emergono gradualmente dalle lotte che l’uomo combatte per la propria emancipazione e dalla trasformazione delle condizioni di vita che queste lotte producono. I diritti umani sono il prodotto non della natura ma della civiltà umana, in quanto diritti storici sono mutevoli, cioè suscettibili di trasformazione e di allargamento, ma anche di perdita di essi. Inoltre non si può porre il problema dei diritti dell’uomo astraendolo dai due grandi problemi che affligono il nostro tempo: il primo problema i tanti conflitti armati nel mondo e la conseguenza di interi popoli in fuga da essa, e il secondo problema quello della povertà di tanta parte dell’umanità.
Chiunque di noi guarda le vicende del XX secolo vede chiaramente come il secolo scorso è caratterizzato come il secolo del trionfo dalla liberaldemocrazia nei confronti dei suoi nemici. In questi ottanta anni dalla fine della seconda guerra mondiale enormi passi sono stati fatti per l’integrazione europea e nell’affermazione dei diritti umani. Ma, purtroppo, oggi vedo fortemente in pericolo quanto abbiamo conquistato in questi decenni di pace. La crescita impetuosa economica e tecnologica di autocrazie come la Cina. L’invasione del Dombass da parte della Russia, per garantirsi con la forza delle armi risorse strategiche per un futuro da superpotenza. Gli integralismi religiosi musulmani che rendono il medio oriente una perenne polveriera. Il cambiamento climatico e il modo in cui in Europa stiamo affrontando la transizione energetica, che si vuole far pagare alle fasce sociali più deboli (vedi il FER II). La pandemia di Covid 19, che ci ha ricordato a tutti, quanto noi esseri umani siamo fragili e indifesi nei confronti del destino che ci mette davanti la storia. Sono tutti segni preoccupanti sul nostro avvenire.
Inoltre all’interno degli Stati membri dell’Unione Europea si stanno affermando forze politiche che negano le conquiste e i valori di queste nostre democrazie occidentali. E’ del tutto evidente che nel mondo contemporaneo sta riprendendo forza una corrente di pensiero, che è sempre esistita, che afferma che le istituzioni democratiche – deteriorate – non sono adatte ad affrontare le sfide che il futuro ci mette difronte. Questo già successe negli anni trenta del secolo scorso e la conseguenza fu la seconda guerra mondiale. Oggi siamo sull’orlo di una terza guerra mondiale, forse già iniziata, che sarebbe fatale per il nostro continente.
Ad esempio in Italia, quello che più mi spaventa è la natura profonda del risentimento che gli italiani dimostrano verso lo Stato di diritto e il riconoscimento dei diritti e le libertà della persona. Due faccende trattate dagli italiani come realtà non solo trascurabili, ma persino a volte ripugnanti. Infatti non riusciamo a riconoscere la verità definitiva del nostro rapporto con gli eventi che maggiormente hanno avuto peso sul regolamento dei diritti individuali e sulla libertà: quando quei diritti sono stati compressi fino alla soppressione (Fascismo), e quando sono stati riconquistati (Resistenza e Repubblica). Ho come l’impressione che gli italiani non abbiano patito troppo per la soppressione della libertà e non hanno trovato poi troppa soddisfazione nel poter poi godere della libertà ricevuta. La libertà in questo Paese non è stata impedita da pochi con la forza, al contrario, in molti e senza sforzo vi hanno rinunciato. Gli italiani hanno potuto nuovamente godere di libertà alla fine della seconda guerra mondiale, non perché se le sono riconquistata, ma perché altri gliel’hanno assicurata, combattendo lontani dal loro Paese, dalle loro case, per l’affermazione dei principi che Roosevelt enunciò nel Discorso delle Quattro Libertà da difendere ovunque nel Mondo. Quelle Quattro libertà che furono poi poste come base della Carta Atlantica e divennero le fondamenta della Carta delle Nazioni Unite.
La Resistenza come secondo Risorgimento o completamento del primo, è rimasta solo nell’agiografia militante e nel dibattito tra studiosi, che anzi oggi preferiscono parlare di guerra civile. Oggi tanti italiani non riconoscono la giustezza della battaglia per i valori di Libertà e Democrazia sanciti nella Dichiarazione Universale del 1948 e nella nostra Cosituzione Italiana. I vari Vannacci che affollano i nostri Talk show e le aule parlamentari, sono la dimostrazione di quanto da me affermato. Ma come si può insegnare l’amore della libertà a un popolo che non ce l’ha? Io non lo so. La libertà si comprende solo quando si incontrano i suoi limiti e si apprezza di più quando manca. Speriamo di non arrivare a tanto!.
D’altronde le forze progressiste nei paesi europei e in Italia sono delle parodie di quello che furono in passato. L’abbandono della difesa dei diritti sociali come campo di scontro, confronto e radicamento da parte di molte di esse ne ha ridimensionato la funzione e la forza sociale. Il PD fondato al Lingotto non c’è più, l’osmosi con i Cinque stelle, il tarlo populista ha stravolto il progetto originario, la cultura liberal-democratica e liberal-socialista non sono più la componente fondamentale della cultura politica del Pd. Il problema relativo alla difesa dei diritti della persona, politici e sociali, è oggi non tanto quello di giustificarli, quanto quello di proteggerli. E’ un problema non filosofico ma politico. E su questo la sinistra non ha più la capacità di proposta. Oggi si parla solamente dei diritti LGBT perché più strettamente connessi e immediatamente percepibili in questa epoca di marketing politico fluido. La difesa dei diritti sociali presuppone un idea di società o di trasformazione di essa che non si è più in grado di proporre. La difesa dei diritti erga omnes pur essendo enunciata, non ha nessuna prassi politica.
A mio avviso siamo stretti tra un sovranismo nazionalistico e populismi di destra e di sinistra, che sono tutti in egual modo negazione dei principi dello Stato di Diritto liberaldemocratico. Tutti questi movimenti o partiti tendono a proporre una personalizzazione della proposta politica basata sull’identità tra leader e popolo (di internet), che nega le articolazioni democratiche e svuota le istituzioni di rappresentanza ricreando una forma di democrazia “plebiscitaria” che violenta le differenze e la complessità delle articolazioni sociali. La degenerazione fluida e le sue inevitabili semplificazione degli aspetti che regolano la vita sociale è tutta parimenti reazionaria e antidemocratica, sia che avvenga tramite un populismo di destra che di sinistra.
I partiti oggi sono comitati elettorali e i loro leader sono personaggi scelti come fossero attori del The Truman Show. Tra pochi anni sarà possibile creare nuovi leader virtuali anche con l’Intelligenza Artificiale. Il confronto tra le forze politiche non va oltre a liti personali, retorica d’accatto ed esibizione di simboli del passato, che maschera solo la difesa di corporazioni, comitati d’affari e rendite di posizione.
Oggi il problema è l’indifferenza dei cittadini nei confronti delle istituzioni democratiche. Per la prima volta in Italia ad una elezione hanno partecipato al voto meno della metà degli italiani aventi diritto. In un sondaggio appena pubblicato dalla Sette, risulta che l’8 e 9 Giugno in Italia, gli operai in gran parte non sono andati a votare, il 36 % ha votato FdI e solo il 13 % ha votato PD. Il Partito Democratico, erede della tradizione politica del ‘900, ha abdicato al populismo, in nome di un campo largo, che serve solo a formare una coalizione elettoralmente spendibile con i Cinque Stelle, per il mantenimento o l’ottenimento di posizione di potere. Senza più nessuna idea di Riformismo sociale si è pensato a prendere scorciatoie tattiche ai fini elettorali. Il Terzo polo è naufragato prima ancora di nascere. L’Italia non ha una forza politica in grado di presidiare il terreno dei valori delle democrazie occidentali, che sia aperta alla modernità e a valorizzare il potenziale economico esistente nel nostro Paese: scommettendo sull’innovazione, gli investimenti privati, i capitali stranieri, la ricerca, la produttività, la concorrenza, il commercio internazionale, la lotta per avere salari più alti e il rispetto dei diritti sociali. Rimettere insieme i cocci non sarà facile.
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Concludo dicendo che oggi, la democrazia viene assimilata al «bene», ma La democrazia è sia un ideale che una realtà. Quando di un sistema politico vengono meno i suoi principali fondamenti e non persegue più i fini che gli danno significato, subisce allora un mutamento qualitativo che la porta a sopravvivere come mera ideologia, ingannevole coscienza, discorso pubblico retorico privo di sostanza. E’ questo il danno che fa il tarlo populista alla nostra democrazia. Questo è un tema che soltanto chi si appaga del discorso retorico può ancora eludere. Come ha scritto Sartori (1993): «chi oggi governa senza democrazia gioca senza legittimità»; sennonché «anche il gioco democratico può essere giocato male», per cui si impone la domanda: «<saprà la democrazia resistere alla democrazia?». La sua risposta è: «a patto di giocare con più intelligenza e soprattutto con più responsabilità di quanta io oggi ne veda in giro».
Sono passati quarant’anni da quando Sartori scriveva queste parole, durante i quali i sistemi liberaldemocratici hanno subito un ulteriore deterioramento tanto profondo da indurre a ritenere che abbiano bisogno di essere letteralmente rigenerati. Iniziamo con il parlarne ?!.
Torino, Luglio 2024 I.Magrì