Phase Out: idee per la transizione energetica


INDICE

Capitolo I

Riflessioni sulla transizione energetica nel comune di Civitavecchia e proposte per

la riconversione dell’economia dell’Alto Lazio, in previsione della chiusura della

centrale Enel di Torrevaldaliga Nord. p. 2

Capitolo II

Proposta di uno studio di fattibilità per l’implementazione della rete di distribuzione

elettrica e per l’adozione del PAESC nei comuni dell’Osservatorio Ambientale. p. 24

Capitolo III

Proposta di uno studio di fattibilità per la realizzazione di un impianto per il recupero

delle pale eoliche da realizzare presso Torrevaldaliga Nord. p. 33

Capitolo IV

Proposta di uno studio di fattibilità per la realizzazione di un impianto per il recupero

dei materiali dai pannelli fotovoltaici da realizzare presso Torrevaldaliga Nord. p. 38

Capitolo V

5. Proposta di uno studio di fattibilità per la realizzazione di un impianto per il

riciclo delle batterie presso Torrevaldaliga Nord. p. 45

Capitolo VI

Proposta di uno studio di fattibilità per la realizzazione presso la banchina

carbonifera di una area cantieristica dedicata alla riconfigurazione dell’efficienza

energetica nelle navi. p. 55

Capitolo VII

Proposta di uno studio di fattibilità per la a produzione di idrogeno tramite la

realizzazione di un impianto territoriale di gassificazione di biomasse solide

(Plastica), da realizzare presso Torrevaldaliga nord a Civitavecchia. p. 66

Capitolo VIII

Una Roadmap per la transizione energetica nei Comuni. p. 71

Capitolo I

  1. Riflessioni sulla transizione energetica nel comune di Civitavecchia e proposte per la riconversione dell’economia dell’Alto Lazio, in previsione della chiusura della centrale Enel di Torrevaldaliga Nord.

INDICE

1. Una transizione difficile p. 4

2. Il Polo integrato per l’economia circolare a Civitavecchia p. 8

2.1. Rinnovabili e riciclo

a) Eolico; b) Solare; c) Batterie; d) Refitting navale; e) Idrogeno.

3. CER solidali di quartiere VPP E Smart Grid: p. 12

il futuro energetico di Civitavecchia

4. Giovani, formazione e lavoro p. 15

5. Civitavecchia un futuro Smart p. 17

6. Muoversi nel Futuro p. 19

6.1. la diffusione del Mobility as a service nel mondo (Maas)

a) Singapore; b) Stati Uniti; c) Helsinki.

7. Civitavecchia, la mobilità e gli spazi p. 22

a) Italcementi; b) Il Territorio, la costa; c) La Logistica e il porto;

d) Il Parco dei Serbatoi.

1. Una transizione difficile

Il significato della parola energia, nella sua più profonda essenza semantica, è troppo spesso dimenticato: energeia in greco significa capacità di agire, capacità di compiere un lavoro. Esattamente dal greco antico ενέργεια (energeia) “azione, lavoro in atto, capacità di agire“. Da εν- (en-) “dentro, in” e da έργον (ergon) “lavoro, azione”.

L’attitudine a produrre movimento o attività, la capacità di compiere lavoro. Quindi se vogliamo riappropriarci della speranza e costruire un futuro di benessere per noi, i nostri figli, le nostre famiglie abbiamo bisogno di moltissima ENERGIA nel suo significato più classico. Ridisegnare l’economia di un territorio, già in forte crisi, non è una cosa semplice.

Civitavecchia dagli anni ‘50 ad oggi ha sempre contato sulla presenza sul suo territorio di grandi infrastrutture per la produzione di energia elettrica. Anche il porto ha sempre avuto una grossa parte di lavoro derivante dallo scarico delle rinfuse liquide/solide per la produzione di energia (prima petrolio, poi carbone).

Gli istituti scolastici, in cui tanti giovani di Civitavecchia si sono formati, come il Marconi o il Calamatta, erano almeno nelle intenzioni di chi li frequentava, propedeutici a trovare lavoro nell’indotto metalmeccanico o direttamente all’Enel.

La storia recente di Civitavecchia è intrinsecamente legata all’Azienda di Stato prima, ed oggi società partecipata: Enel Spa. Tanti Civitavecchiesi hanno raggiunto posizione di vertice all’interno dell’Azienda. Azienda che, tra mille polemiche, ha sempre avuto un fortissimo legame con il territorio.

Il modello di sviluppo basato sui grandi impianti di produzione energetica alimentati da combustibili fossili ha dimostrato tutti i suoi limiti. Il riscaldamento del pianeta comporta l’obbligo di muoverci rapidamente percorrendo la strada verso una transizione energetica, dove, abbandonati i combustibili fossili, si dovrà costruire un sistema di produzione e distribuzione dell’energia decentrato basato sulle fonti energetiche rinnovabili (FER).

Pur condividendo le forti preoccupazioni per il futuro climatico del pianeta, dobbiamo però sottolineare, che una simile transizione, per il nostro territorio, comporta pericoli sociali ed economici maggiori rispetto alla gran parte del Paese.

Ed è proprio per questo che dobbiamo chiedere alla politica nazionale una grande attenzione e un grande senso di responsabilità nel trattare la “vertenza Civitavecchia”. La stessa Enel, con la sua forza economica, deve essere disponibile a trovare, insieme al territorio, delle attività economiche che assicurino lavoro e benessere per il futuro di Civitavecchia.

In passato sono stati fatti grandi errori strategici da parte le istituzioni locali, come ad esempio non aver fatto realizzare all’Enel il parco Eolico off- shore, previsto nella convenzione tra il Comune di Civitavecchia e l’Enel del 20081, come opera a compensazione per il DEC/Via 680/2003.

Oggi, se questo errore non fosse stato compiuto, forse avremmo qualche possibilità per avere sul nostro territorio uno dei Poli Nazionali, previsti dal fondo di Coesione Europeo, per la nuova tecnologia floating off shore 2per l’eolico. Poli nazionali che saranno realizzati da Saipem e Fincantieri e gli altri soci di Floating Offshore Wind Community3, in altri porti. E forse, con un parco eolico già funzionante, avremmo potuto puntare sulla produzione di “idrogeno verde” al posto della centrale a carbone. Invece il Comune di Civitavecchia4 ha preteso solo 10 pullman a metano e la realizzazione di un parco chiuso al pubblico di 40 ettari (il parco dei serbatoi) a cento metri da una centrale a carbone. Togliendo la possibilità di utilizzare quelle aree per lo sviluppo delle attività legate alla logistica portuale e per promuovere nuove attività produttive. Aree che sarebbe necessario utilizzare da subito per costruire nuove attività alternative e rendere il momento della chiusura della centrale a carbone meno traumatico dal punto di vista occupazionale.

Come sta accadendo a Brindisi, con la collaborazione della stessa Enel, dove c’è una centrale a carbone come la nostra e, nelle aree attigue, si sta già realizzando una filiera per il riciclo delle pale eoliche a fine vita, con Greenthesis Spa, mentre il Centro studi Cetma (Enea/Università di Brindisi) studia e realizza nuovi materiali per l’edilizia che utilizzano le resine recuperate dalle pale eoliche.

Quando si tratta del lavoro delle persone, bisogna essere concreti senza seguire inutili chimere o fanfaronate come succede in questi giorni a Civitavecchia, da parte dei sensali del permitting, che si sono buttati sul nostro territorio come avvoltoi e che puntano ad accaparrarsi solo le quote previste del PNIEC per l’eolico off-shore e opzionare tratti enormi di mare, per periodi di 30-40 anni. Senza però dire che non c’è nessuna certezza sui tempi e la redditività finanziaria dei progetti, e che senza finanziamenti pubblici, previsti, ma ancora da stabilire, la loro effettiva realizzazione in tempi rapidi è impossibile.

Nel tratto di mare antistante tra Civitavecchia e Montalto sono nove le richieste di realizzazione di parchi eolici off-shore5, per un totale di più di 200 pale e circa 3 GW. Il PNIEC prevede autorizzazioni al 2030 per 2,1 GW). Oggi in Italia funzionante c’è solo un parco eolico off-shore botton fixed da 30 MG a Taranto, e nessun parco eolico floating off-shore è mai stato realizzato nel mediterraneo. Per realizzare tutti e nove i progetti occorrerebbero circa 7 miliardi di euro (sic!).

L’A.D. di Fincantieri Forgiero, ha dichiarato che per costruire tutti gli impianti off shore in autorizzazione al MASE, saranno necessarie 150 navi specializzate per la realizzazione di parchi eolici. Attualmente Fincantieri ne possiede solo 106.

Noi siamo favorevoli ad ogni installazione di FER sul nostro territorio. Noi puntiamo sulle FER e alla realizzazione del Cer solidali di quartiere. Anzi questo rappresenta il futuro e bisogna che i permessi arrivino più velocemente7, così come veloce deve essere il recepimento della normativa italiana alla nuova direttiva RED III8.

Ma bisogna essere chiari. Chi sfrutta un bene comune, vento o sole, deve lasciare sul territorio compensazioni9 per il benessere della comunità. Crediamo che la legislazione nazionale debba seguire quanto ha fatto la Regione Sicilia, nei mesi scorsi, vietando la possibilità di cedere le autorizzazioni fino alla completa realizzazione dell’impianto da parte dei proponenti. Troppi sono gli impianti autorizzati e fermi sulla carta, i sensali del permitting, sono il cancro del settore delle rinnovabili, perché non permettano agli imprenditori che vogliono fare veramente l’investimento di realizzare l’impianto. Vanno eliminati dalla filiera, altrimenti rischiamo truffe a non finire, (come è già successo con il 110/100), e soprattutto, un aumento esponenziale dei costi ed enormi ritardi nella transizione energetica.

Tra Civitavecchia e Montalto, le nove richieste di autorizzazione per impianti off shore flotaing, sono state presentate da società che hanno fatturati e dipendenti vicino allo zero, che però presentano business plan per miliardi di euro, senza però avanzare cronoprogrammi dettagliati, questo va vietato. Inoltre, le domande chiedono spazi spesso sovrapposti tra loro e questo comporterà una inevitabile coda di ricorsi amministrativi e un allungamento dei tempi di realizzazione. C’è la corsa ad opzionare la risorsa Mare, in attesa che vengano stabiliti i contributi pubblici stabiliti dal PNNR e dall’ Europa10.

Con spirito di collaborazione e concretezza bisogna lavorare insieme, istituzioni ed Enel, per programmare e realizzare progetti seri e concreti. Bisogna tenere i piedi per terra. Proponiamo che si realizzi a Civitavecchia, un nuovo Polo integrato per l’economia circolare delle energie rinnovabili, che dovrà sorgere dove oggi c’è la centrale Enel di Torrevaldaliga Nord e l’inutile Parco dei Serbatoi.

Molto del bilancio del Comune di Civitavecchia si regge sull’entrate corrisposte da Enel Spa, (circa sette milioni l’ anno), la dismissione della centrale, potrebbe portare tra pochi anni all’eliminazione di questo importante gettito fiscale. Questo potrebbe portare il Comune di Civitavecchia al default o comunque obbligarlo a una riduzione drastica dei servizi alla cittadinanza. L’Enel prima di dismettere il sito dovrà demolire la centrale, bonificarla e poi, anche tramite challenges internazionali, far partire la progettazione/realizzazione dei futuri insediamenti produttivi. Attività che anche sotto il profilo delle entrate per il nostro Comune sostituiscano quello che oggi porta nelle casse cittadine la centrale a carbone. In questo modo non si creerà nessun pericolo default per il Comune di Civitavecchia e le imprese che da decenni lavorano come fornitori di servizi all’Enel avranno la possibilità di trasformare le proprie attività e riqualificare i lavoratori.

Enel, a livello internazionale, già da alcuni anni partecipa a numerosi consorzi che realizzano sperimentazioni per processi che mirano a rendere circolare l’utilizzo delle FER 11. Partecipa a progetti negli Stati Uniti, Danimarca, Spagna e in molte altre parti del mondo. Il nuovo A.D. Flavio Cattaneo ha chiaramente detto che Enel Spa, ha investito negli ultimi anni in Italia meno di quanto la Nazione ha dato all’Azienda. Per cui nei prossimi anni la maggior parte dei futuri investimenti andranno fatti sul territorio nazionale 12. Riflessione da condividere ed è per questo che chiediamo che Enel porti a Civitavecchia attività che già sta facendo nel mondo e che potrebbero essere strategiche per il futuro economico del nostro territorio e per il nostro Paese.

2. Il Polo integrato per l’economia circolare a Civitavecchia

Secondo l’Agenzia internazionale per l’energia (IEA)13, entro il 2027 l’elettricità prodotta da sole e vento dovrebbe più che raddoppiare. A eolico e solare fotovoltaico sarà dovuto l’80% dell’aumento della produzione da fonti rinnovabili. Insomma, nel nostro immediato futuro ci saranno sempre più pannelli fotovoltaici e pale eoliche. Uno scenario che comporta, oltre alla necessità di una catena di fornitura sicura e resiliente per le materie prime critiche, anche l’esigenza di applicare un approccio circolare alla gestione dei materiali. Si tratta di un giro d’affari nei prossimi anni di decine miliardi di euro solo per il continente europeo.

2.1. Rinnovabili e riciclo

Viviamo in un contesto in continua evoluzione tecnologica, ogni giorno si trovano nuovi modi e si inventano nuovi macchinari per perfezionare le procedure di recupero e riuso delle materie prime. La moderna tecnologia ci permette di passare da consumi lineari (risorsa-rifiuto), a circoli virtuosi di riciclo e riuso. Il riciclo non è solo un ottimo modo per evitare di aggravare ulteriormente il riscaldamento globale, ma anche per salvaguardare le limitate (benché rinnovabili) risorse del nostro Pianeta. Gli impianti utilizzati nel settore dell’energia verde hanno vite utili che vanno mediamente dai 20 ai 35 anni. In molti paventano immagini di sterminate discariche piene di pannelli solari, turbine e pale eoliche. Certamente, fra qualche decennio questi materiali arriveranno alla pensione, ma sono già in atto strategie per riciclarne i preziosi componenti, rendendo quell’immagine apocalittica (speriamo) poco probabile.

Bisogna, però:

  1. Recuperare quanto più possibile le materie prime dagli impianti fotovoltaici ed eolici dismessi;

  2. Aumentare i tassi di recupero delle batterie;

  3. Massimizzare la qualità del materiale recuperato e minimizzare il volume del rifiuto;

Il risultato è la riduzione di costi ed impatti ambientali e la generazione di valore.

a) Eolico: il programma di riciclo di Enel per l’eolico – che secondo l’Università di Cambridge entro il 2050 avrà prodotto oltre 43 milioni di tonnellate di rifiuti fra turbine, pale e torri – prevede il recupero di circa l’85% dei materiali originali.

Enel sta partecipando al progetto “Wind New Life” per la realizzazione, a Compostilla (Spagna), di un impianto per la raccolta e il trattamento delle pale dismesse in grado di recuperare fino a 6000 tonnellate annue di fibra di vetro e carbonio. Inoltre, è di questi giorni la notizia che, anche nella centrale Enel di Brindisi Federico II, sempre nell’ambito del progetto, “Wind New Life”, sarà realizzato da Enel e Greenthesis Spa, impresa italiana specializzata nel riciclo, un impianto di triturazione e macinazione meccanica, per le pale eoliche. I materiali recuperati diventeranno componenti ad alto valore per l’edilizia, prodotti sanitari e l’arredamento.

b) Solare: Anche il settore del solare ha molto da poter offrire: secondo le stime di IRENA14, (Agenzia Internazionale per le Energie Rinnovabili) entro il 2050 ci saranno fra le 60 – 78 milioni di tonnellate di pannelli e moduli da smaltire, generando al contempo sia un incredibile ammasso di rifiuti sia un valore economico di oltre 15 miliardi di dollari. Alcune componenti sono molto semplici da riciclare (ad esempio il vetro) mentre alte necessitano di processi più invasivi, che permettano di recuperare in modo efficiente materiali come silicio, fosforo, indio, argento e rame.

c) Batterie: il progetto europeo “Photorama”, nato nel 2021 ha come obiettivo raggiungere la piena circolarità nella filiera, attraverso un sistema di riciclaggio affidabile, per recuperare e reimmettere sul mercato anche i materiali secondari più rari e difficili da trasformare. Anche le batterie per l’accumulo domestico. Si stima che entro il 2030 il sistema energetico italiano avrà prodotto circa 60 mila tonnellate di batterie esauste ogni anno. Anche in questo caso, si tratta di rifiuti di grande valore, che necessitano di un approccio rigoroso e orientato al loro recupero e valorizzazione. Parallelamente al discorso delle batterie per l’accumulo domestico vi è quello delle batterie per le auto elettriche: in questo caso, il pensionamento delle celle dall’utilizzo nelle vetture non coincide con la loro fine vita. I pacchi batteria dei veicoli elettrici, infatti, sono riutilizzati con successo come sistemi di stoccaggio domestico. Come dimostra il progetto di Enel “Second Life” a Melilla (Spagna), in cui le batterie per autotrasporto dismesse vengono integrate e riutilizzate in un nuovo sistema di stoccaggio energetico che stabilizza la rete elettrica della città.

d) Refitting navale: Il retrofitting di un numero significativo di navi mercantili di grandi dimensioni potrebbe accelerare rapidamente la transizione energetica marittima. Tuttavia, il raggiungimento degli obiettivi potrebbe essere compromesso dal numero limitato di cantieri di riparazione attualmente in grado di eseguire tali conversioni. Secondo il rapporto del Lloyd’s Register “Engine Retrofit Report 2023”,15 l’industria marittima avrà una mancanza notevole di capacità di offerta di cantieristica navale per lavori di adeguamento di navi. Questo potrebbe avere un impatto sulla capacità del settore di raggiungere gli obiettivi di decarbonizzazione previsti a livello internazionale. Secondo l’Autorità europea per la sicurezza marittima16(EMSA) il costo per il retrofitting di una nave alimentata ad ammoniaca, equipaggiato con un motore da 10-16 MW a 2 tempi sarà in media di 10 milioni di dollari, (in base al tipo e alle dimensioni della nave e del motore originale).

La cantieristica navale può rappresentare la strada più facilmente percorribile per il ricollocare le maestranze metalmeccaniche dell’indotto Enel per la similitudine dei due settori. Carpenteria metallica, saldatura, impianti elettrici, da cinquant’anni nel nostro territorio sono attività che si conoscono bene.

La dismissione del Molo carbonifero potrà essere l’occasione per sviluppare la cantieristica navale utilizzando l’invaso per le riparazioni a galleggiamento. In particolare, sviluppando il segmento del refitting per la decarbonizzazione del trasporto marittimo.

Enel e Costa Crociere hanno sottoscritto un protocollo per realizzare insieme il refitting energetico di una grande nave da crociera, dotandola di sistemi di batterie a bordo sufficienti per le manovre in porto e che in banchina utilizzi l’allaccio con la rete elettrica 17.

A questo proposito va ricordato che a partire il 2030, le navi merci e passeggeri di grandi dimensioni, non potranno più scalare i principali porti europei se non saranno attrezzate per il cold ironing, e già dal prossimo anno, il settore marittimo rientrerà nel mercato degli scambi di certificati di carbonio del sistema europeo ETS.18 Inoltre dal 1 gennaio 2025 col nuovo Regolamento sui FuelEU19, saranno applicate sanzioni pesanti a chi non rispetta i limiti di emissione. L’inclusione del trasporto marittimo nel sistema EU ETS rientra nel pacchetto europeo ‘Fit for 55’20, che mira a ridurre del 55% le emissioni dell’UE entro il 2030. Come anche la previsione del sistema penalty driven nel Regolamento FuelEU.

Enel anche con Fincantieri21 ha stretto un accordo per lavorare sullo sviluppo di iniziative per l’elettrificazione delle infrastrutture portuali. L’accordo riguarda la tecnologia per l’alimentazione elettrica da terra delle navi ormeggiate durante le soste; la gestione e ottimizzazione degli scambi di energia nelle nuove infrastrutture, sistemi di accumulo e di produzione di energia elettrica, anche tramite l’impiego di fonti rinnovabili, e l’applicazione di celle a combustibile.

Quale porto meglio di Civitavecchia può candidarsi ad ospitare queste attività. Siamo per numero passeggeri il primo porto crocieristico italiano e uno tra i primi dieci porti crocieristi al mondo. Da anni subiamo le emissioni delle grandi navi e del secondo polo energetico d’Italia. Non è possibile che questo venga dimenticato dalle istituzioni nazionali.

E) Idrogeno: tramite la realizzazione di un impianto territoriale di gassificazione di biomasse solide (Plastica).

L’Unione europea ha come obiettivo raggiungere 10 milioni di tonnellate di produzione interna di idrogeno rinnovabile e 10 milioni di tonnellate di idrogeno rinnovabile importato entro il 2030.

Attualmente gli elettrolizzatori in Europa non superano i 160 MW circa, e sono per la maggior parte associati a progetti di ricerca. L’impianto più grande attualmente in costruzione è da 20 MW. La Ue sull’idrogeno vuole ottenere 6000 MW di elettrolizzatori alimentati da energia elettrica rinnovabile entro il 2025.

Cifre che difficilmente saranno rispettate. Ma che dicono chiaramente la strada che L’UE vuole percorrere. Inoltre, La Commissione europea sta lanciando una Banca dell’idrogeno che potrà consentire di mobilitare milioni di euro di fondi europei per lo sviluppo del settore.

L’idrogeno può essere prodotto a partire da combustibili fossili e fonti di energia rinnovabile. Un’altra possibilità è quella di generarlo dalla biomassa di scarto attraverso un processo di gassificazione termica, in seguito alla pulizia e alla depurazione del gas di sintesi prodotto. Il progetto Waste2H2, finanziato dall’UE, ha basato la propria ricerca sull’idrogeno in qualità di vettore energetico sostenibile e quale esempio di valorizzazione dei rifiuti nell’economia circolare. Quest’area ha un enorme potenziale per la decarbonizzazione della società e lo sviluppo dell’economia circolare.

Maire Tecnimont sta realizzando a Roma il primo impianto di produzione di idrogeno dai rifiuti al mondo. Tramite la controllata NextChem, con un contributo europeo di 194 milioni a fondo perduto, per la realizzazione del progetto “waste-to-hydrogen”.

Si pensa all’entrata in funzione dell’opera nella prima metà del 2027. Le risorse europee arrivano dal progetto europeo “IPCEI Hy2Use” ideato per sostenere la ricerca e l’innovazione, l’ applicazione industriale e la costruzione delle infrastrutture nella catena del valore dell’idrogeno.

Perché non realizzare a Civitavecchia, un impianto territoriale di questo genere, che ci permetta di chiudere il ciclo dei rifiuti sul territorio. Csp potrebbe essere autosufficiente e la tassa sui rifiuti che paghiamo a Civitavecchia, tra le più alte d’Italia, potrebbe finalmente scendere.

3. CER solidali di quartiere VPP E Smart Grid: il futuro energetico di Civitavecchia

La Comunità energetica rinnovabile (CER)22 : è un’alleanza di vicinato, piccole imprese e singoli cittadini, amministrazioni locali e commercianti. Tutti assieme per produrre ed utilizzare energia pulita ricavandone un vantaggio economico. Le comunità energetiche rinnovabili (CER) sono state regolate a partire dalla direttiva Europea RED II dell’11 dicembre 2018, con la quale si è iniziato a prevedere il sostegno finanziario alla produzione e all’autoconsumo di energia elettrica da fonti rinnovabili. In Italia è stato appena pubblicato il nuovo decreto, in cui è previsto che la potenza degli impianti a servizio della CER arrivi fino a 1/megawatt e che l’area entro la quale è permesso vendere l’energia è allargata a quella di una cabina primaria di distribuzione, cioè un’area grande quanto alcuni quartieri. Inoltre, cambieranno anche i sistemi di incentivazione23.

Secondo uno studio del Politecnico di Milano24, entro il 2025 le comunità energetiche rinnovabili italiane arriveranno dall’attuale cinquantina a 40 mila coinvolgendo circa 1,2 milioni di famiglie, 200 mila uffici e 10 mila piccole e medie imprese. Un altro studio “Le comunità energetiche in Italia”(Enea)25, valuta in 264 milioni i cittadini dell’Unione Europea che diventeranno “prosumer”, cioè produttori-consumatori di energia generando fino al 45% dell’elettricità necessaria dal sistema in futuro.

L’energia in sharing segna il passaggio da un modello verticale (poche grandi centrali fossili o nucleari) a un modello orizzontale, decentrato, con milioni di punti di produzione e autoproduzione di energia. Un passaggio che ha bisogno di essere sostenuto da una forte innovazione tecnologica (nuove reti di distribuzione, digitalizzazione e smart grid). L’Enel prevede di investire 12 miliardi di euro nei prossimi anni nella realizzazione di questo tipo di rete in Italia.

Civitavecchia, che per 60 anni è stata il secondo territorio di maggior produzione energetica in Italia da parte di Enel, deve essere il territorio su cui l’Enel, nella fase di dismissione della centrale a carbone, realizzi un nuovo sistema di produzione e distribuzione decentrato dell’energia elettrica. Un luogo dove tramite tecnologie come le VPP26, una centrale che non inquina, (il digitale non ha emissioni), si realizzeranno comunità energetiche solidali a beneficio di tutti i cittadini. Civitavecchia dovrà realizzare una propria infrastruttura per la produzione di energia pulita, realizzando Comunità energetiche solidali per il consumo condiviso e la vendita, implementando la rete di distribuzione dell’energia elettrica, passando da una rete a maglie a una rete bidirezionale a nodi.

Il Comune di Civitavecchia individuerà 10 aree (Boccelle, Faro, Campo dell’Oro, San Gordiano, Centro, Aurelia, Italcementi, Uliveto, Parco Antonelli, De Santis), su cui realizzare impianti fotovoltaici da 1/Megawatt27, tramite bando pubblico, (aree da 15mila mq). L’Enel come compensazione provvederà a realizzare gli impianti da 1 Megawatt ciascuno. E-distribuzione dovrà investire sulla rete di distribuzione in modo da rendere possibile l’utilizzo delle smart grid e28 l’istallazione degli smart matter.

Una volta individuato il bacino di utenza in base ad un’analisi della domanda, presente e futura, e sulla capacità della rete di distribuzione, si potranno individuare ulteriori CER. Il project financing sarà lo strumento, con il quale coinvolgere, cittadini e imprenditori riuniti in consorzi privati. Il tempo di ritorno dell’investimento è stimato in 4-5 anni.

La nuova infrastruttura energetica della città sarà gestita tramite una apposita società spin off di Csp, che “realizzerà” una nuova centrale elettrica virtuale digitale (VPP). Alla VPP comunale si potranno allacciare tutti i produttori/consumatori di Civitavecchia, in modo da poter rendere questo asset un bene di tutti.

Il ricavato derivante dalla produzione e vendita di energia a GSE, è stimato in circa 300mila euro l’anno per ogni MW/h di potenza installata. L’obiettivo è di realizzarne 10 nei prossimi cinque anni.

I soldi saranno utilizzati dal Comune, secondo un Regolamento approvato dal Consiglio Comunale, che prevederà un contributo mensile alle spese energetiche per tutti i cittadini in base all’Isee. Una parte degli introiti sarà utilizzato per l’ efficientamento energetico degli edifici comunali e le scuole.

A questo proposito, si deve sottolineare come il nuovo accordo del 7 dicembre u.s. , sulle c.d. Direttiva Case Green, che sarà approvata entro il 2024, non prevede l’obbligo di installare pannelli solari sugli edifici residenziali, ma ha confermato l’obbligo sugli edifici pubblici e non residenziali di grandi dimensioni. Rientreranno nell’obbligo, quindi, tutti gli immobili comunali e le scuole primarie.

Sarà importante l’utilizzo di nuove tecnologie affinché queste innovazioni si tramutino in benessere per tutti i cittadini di Civitavecchia. Il 5G29 sarà uno dei principali fattori abilitanti della “smartificazione” delle reti di distribuzione dell’energia, permetterà una connessione stabile e ultrarapida tra tutte le componenti del sistema. Le case, le strade e gli uffici sono piene di dispositivi IoT. L’enorme mole di informazioni generata da questi dispositivi connessi, rappresenta una risorsa fondamentale per raggiungere una nuova dimensione dell’efficienza energetica. L’analisi dei dati in tempo reale permetterà di effettuare previsioni sempre più accurate sull’utilizzo e la produzione di elettricità da parte degli utenti e questo permetterà ai gestori delle reti di distribuire in maniera sempre più “intelligente” l’energia disponibile.

4. Giovani, formazione e lavoro

L’economia della conoscenza evidenzia i legami tra i processi di apprendimento, l’innovazione e la competitività dei territori. L’economia è sempre più basata sulla conoscenza e sulle risorse intangibili come il sapere.

La Globalizzazione è caratterizzata da uno sviluppo che non può essere definito lineare, e il cambiamento che essa ha apportato non è stato di certo simultaneo e generalizzato ovunque. Ma nel mondo globalmente interconnesso tra locale e globale, i suoi effetti sono ben visibili” (P. Khanna)30. Tra questi cambiamenti dei modelli produttivi c’è il superamento del sistema piramidale fordista, sostituito da una struttura produttiva orizzontale “a rete”, che valorizza le filiere e che spesso assume dimensioni di tipo transnazionale. Proprio in questa dimensione, a cui sono connessi le dimensioni dei mercati, le innovazioni tecnologiche e la prevalenza del lavoro immateriale, sono la basa l’economia della conoscenza31, ossia l’ineguale distribuzione di competenze e capacità, ovvero, la << differente distribuzione dei capitali culturali >> (P. Bourdieu)32.

Se vogliamo “costruire lavoro” per i nostri giovani, dobbiamo innanzi tutto guardare nel nostro territorio e valorizzare i “giacimenti” di “conoscenza” che abbiamo.

Certamente Civitavecchia ha nel comparto elettrico- metalmeccanico una sua vocazione. La creazione dell’ Istituto Tecnico per l’Energia del Lazio (ITSEL)33 per la specializzazione nella formazione di tecnici post diploma per le FER, è stata una prima iniziativa che va nella direzione che vogliamo intraprendere. A conferma di quanto da noi affermato, uno studio di Unione Camere, pubblicato sul sole 24 Ore, il 31 Gennaio 2024, mette in evidenza come: <<…L’urgenza di un rilancio dell’intera filiera dell’istruzione tecnica è racchiusa in questi numeri: nel 2023 le imprese hanno ricercato oltre 47mila diplomati ITS Academy, ma ne hanno trovati solo poche migliaia. Con una difficoltà di reperimento, lamentata dagli imprenditori, che ha toccato il 65 per cento…Un dato allarmante che ormai interessa quasi tutte le assunzioni di profili scientifico-tecnologici>>34.

Sviluppare una forte collaborazione con il Polo Universitario di Civitavecchia35 che ha corsi di laurea innovativi, che va sviluppato, anche tramite la collaborazione con Istituti di Ricerca, attivando progetti per il trasferimento delle competenze alle aziende locali e presentazioni di domande e progetti per i fondi del Piano Nazionale – Industria 4.036.

Civitavecchia ha una tradizione portuale importante, e molti giovani che frequentano l’Istituto Tecnico Nautico -IIS Calamatta37, stanno trovando uno sblocco professionale nel settore. Ma finché non si svilupperà una filiera logistica importante nel porto i numeri non sono alti. Specie per chi dell’Istituto Tecnico Trasporti e Logistica (Nautico), segua l’indirizzo “terrestre”.

Altro segmento presente nel nostro territorio, ma su cui non sono state sviluppate adeguate politiche formative, è quello della sicurezza, in tutte le sue accezioni. Sul nostro territorio ci sono istituzioni militari che hanno specificità e personale qualificato di altissimo livello, non si è mai pensato di sfruttare questa presenza per creare un dialogo che possa far crescere a Civitavecchia aziende di questo comparto. Pensiamo alla cybersecurity, alla sicurezza biologica. Lo stesso PNNR militare offre possibilità importanti per le aziende private e start up. Civitavecchia non è mai stata protagonista di una sola iniziativa nel settore. Eppure, l’Italia vanta Leonardo che è una delle grandi realtà economiche di questo Paese e che riesce ad imporsi nei mercati di tutto il mondo. Nessuno ha seguito questo filone che potrebbe portare enormi risultati.

Oggi, secondo quanto emerge dai i dati pubblicati da Eurostat nel 2022, i giovani italiani tra i 18 e i 24 anni percepiscono alcuni tra gli stipendi più bassi d’Europa: 15.858 euro all’anno, che non sono di certo sufficienti per vivere dignitosamente e in autonomia. Inoltre, l’Italia è l’unico Stato che tra il 1990 e il 2020 ha avuto una decrescita nei salari annuali medi, pari al -2,9% (dati OpenPolis). I millennials e gen z sono le prime due generazioni che non guadagnano più dei propri genitori.

L’Italia è l’ultimo Paese Ue per politiche di formazione giovanili orientate all’occupazione. Il report Eurostat 2022 evidenzia un gap allarmante. Il più elevato tasso di Neet —la quota di giovani (di età compresa tra 15 e 24 anni) che non sono occupati e non sono coinvolti in programmi di istruzione o formazione è stato registrato nel nostro Paese. L’andamento dei mercati del lavoro giovanile è strettamente legato ai sistemi di istruzione e formazione e riflette, almeno in certa misura, le competenze acquisite dai giovani e le competenze richieste dai datori di lavoro. Non è vero che i nostri giovani sono Choosy (Fornero), la verità è che non hanno voglia di essere sfruttati. Dobbiamo fare di più, utilizzare le potenzialità che esistono. Dobbiamo compiere scelte con decisione, e puntare su alcuni “giacimenti” e formare i nostri ragazzi, collegandosi a filiere produttive e dell’innovazione, creando per i nostri figli un futuro e un lavoro dignitosi.

5. Civitavecchia un futuro Smart

Parlare di smart city in una città come Civitavecchia in cui l’Amministrazione Comunale ha vietato l’installazione delle antenne 5g sul suo territorio, può apparire utopico e la dice lunga sul grado di innovazione ed efficienza a cui siamo abituati come cittadini.

Quando si affronta un tema come la smart city è fin troppo facile mancare di concretezza. Il tema, che evoca slanci verso scenari ultratecnologici, si presta sicuramente a questo.

Quello delle città “intelligenti” è un tema complesso, nel quale molti aspetti di cambiamento economico, sociale e ambientale, interagiscono attraverso le innovazioni tecnologiche, a partire dall’ ICT, (Information and Communication Technology).

Parlare oggi di Smart City vuol dire fare riferimento a un modello di città nel quale, prima di tutto, si modificano i rapporti tra i cittadini e le istituzioni, tra i cittadini e il mondo dell’economia e, ovviamente, tra i cittadini stessi. Una Smart City deve essere valutata in modo dinamico come processo evolutivo, utilizzando protocolli che ci aiutano a misurare la “smartness” nelle diverse aree, da quella economica a quella della mobilità, da quella ambientale a quella sociale o di qualità della vita.

La nostra idea di smart city è vicina ad esigenze reali che possono essere soddisfatte con le tecnologie disponibili fin da oggi. Disponibili e già utilizzate in altre parti del mondo.

In una città che intraprende un percorso verso una dimensione più “‘smart” la conoscenza di tutti i dati empirici prodotti dalla città, non solo qualitativa ma anche quantitativa, è fondamentale.

Quello della smart city non è un obiettivo, ma un processo e va concepito come tale38. La programmazione è l’unico strumento che hanno le amministrazioni locali per guidare il cambiamento verso città più smart. È utile comprendere quali sono gli strumenti che l’amministrazione comunale dispone per avviare questo processo. Purtroppo, bisogna constatare che i Piani che numerosi gli Enti locali producono, spesso si sovrappongono, e non di rado creano contraddizioni, per cui spesso sono lasciati nei cassetti come lettera morta. Gli Enti locali approvano il Piano della Mobilità Sostenibile (PUMS)39. Approvano il PEC, Piano energetico comunale. Il Piano dei Rifuti il Piano per l’illuminazione pubblica e tanti altri Piani, compreso il Documento Unico di Programmazione (DUP), che unico non è. Obiettivo di una smart governance è anche quello di rendere sinergici questi strumenti e di utilizzarli al meglio, potenziando tutte le idee che per il loro tramite possono essere attuate.

Uno strumento importante e utile per una smart city, potrebbe diventare il Regolamento Edilizio Comunale. Che con l’approvazione a breve della nuova direttiva Case Green andrà adeguato, affrontando il tema dell’efficienza delle costruzioni, vecchie e nuove.

Il percorso di trasformazione che ci auspichiamo per Civitavecchia non potrà che iniziare che con una completa digitalizzazione dell’amministrazione comunale. Bisognerà rafforzare le competenze interne del personale e innovare le procedure, anche assumendo esperti in settori che tradizionalmente non sono previsti negli Enti locali. Nel mese di novembre u.s. è stata rinnovata la convenzione con Enel, per la pubblica illuminazione. È prevista l’installazione su tutto il territorio comunale di una nuova illuminazione al Led. Per quanto riguarda il Piano della mobilità sostenibile, il documento appare a dir poco senza contenuti e privo di riferimenti concreti.

6. Muoversi nel Futuro

La mostra Futurama della General Motors alla Fiera Mondiale di New York del 1939,40 offriva una visione della mobilità avveniristica resa possibile dal comfort e dalla comodità dei veicoli a motore. Molte idee introdotte in Futurama hanno plasmato l’ambiente in tutto il mondo nei decenni seguenti. Le automobili padrone delle città: reti stradali, autostrade e tangenziali. Ottanta anni dopo, questa utopia incentrata sull’auto, dopo aver cambiato il mondo, ha manifestato i suoi limiti tecnologici e gravi effetti collaterali, tra cui l’inquinamento e la congestione del traffico nelle città.

Pannello illustrativo General Motors: nel 1960 elimineremo code e incidenti stradali nelle città – Futurama, 1939.

6.1. La diffusione del Mobility as a service nel mondo (Maas).

A livello mondiale si prevede che sarà Singapore la prima grande città in cui si mostrerà davvero al mondo il potenziale di trasformazione che la Maas, porterà nelle città del futuro. (C. Ratti)41. Il servizio Maas ha il potenziale di migliorare gli spostamenti e contribuire alla visione di una città car-light. In molte metropoli moderne, possedere un’auto non è più pratico, né desiderabile, ma è più che mai necessario migliorare l’offerta di mobilità. Questo cambiamento potrà comportare in futuro la rigenerazione degli spazi delle nostre città. Con la diffusione di questo nuovo concetto di mobilità strade e parcheggi, potranno invece essere utilizzati per altri scopi, come ciclabili fotovoltaiche42 o altro. Questo nuovo modello di mobilità basato su “abbonamento” può essere paragonato a quello delle gigantesche piattaforme di intrattenimento come Netflix e Spotify.

a) Singapore Smart mobility 203043: sta cercando con successo di migliorare la qualità dei viaggi dei pendolari e contribuire alla visione di Singapore come di una città “car-lite”: in cui i cittadini dipenderanno sempre meno dal possesso di un’auto privata e le principali modalità di trasporto saranno la bicicletta e il trasporto pubblico. La piattaforma MaaS integra i servizi di trasporto pubblico con le offerte del settore privato su un’unica piattaforma. Unifica il controllo su informazioni, prenotazioni e pagamenti, tutto in-app. Inoltre, la piattaforma MaaS non riunisce solo veicoli e linee ferroviarie, ma promuove anche soluzioni dell’ultimo miglio come le e-bike con licenza e gli scooter elettrici. A Singapore le piattaforme MaaS consentono ai pendolari di pianificare il proprio viaggio attraverso una serie di modalità di trasporto, in modo simile alla funzionalità di pianificazione del percorso di Google Maps. Invece di pagare separatamente per ciascuna modalità di trasporto, si paga semplicemente il viaggio tramite un’unica interfaccia. Questo livello di integrazione consente un elevato livello di comodità, che sostanzialmente ridefinisce i punti di contatto nel viaggio di un pendolare. I pendolari hanno il potere di scegliere quale modalità di trasporto è più adatta a loro, dove e quando lo desiderano. Gli utenti hanno inoltre la possibilità di pagare tramite app un canone mensile fisso per un numero illimitato di corse sui mezzi pubblici. La collaborazione, tra il settore pubblico e quello privato, significa condivisione di conoscenze e competenze, servono forti partenariati pubblico-privato per far funzionare il MaaS .

b) Negli Stati Uniti, le società di ride sharing Via, Lyft e Uber44 stanno testando il MaaS offrendo abbonamenti condivisi che integrano altre forme di trasporto come biciclette e bici elettriche, e si stanno iniziando a integrare con il trasporto pubblico. Anche qui una delle principali sfide dell’adozione del MaaS è coinvolgere attori pubblici e privati, il che richiede la condivisione dei dati tra i partner per poter integrare i servizi di biglietteria e pagamento. Il colosso informatico californiano Intel ha rilevato nel 2017 la Maas global israeliana Moovit45, la più grande piattaforma al mondo per la mobilità personale. Moovit ha la leadership nel campo del MaaS in tutto il mondo, con oltre 800 milioni di utenti e con servizi in 3100 città di 102 Paesi.

c) I residenti a Helsinki46 possono utilizzare le opzioni di trasporto pubblico e privato per raggiungere le loro destinazioni tramite l’app Whim, che consente ai residenti di pianificare e pagare tutte le modalità di trasporto pubblico e privato dalla sua piattaforma. A Helsinki, dove Whim è in uso dal 2016, gli utenti possono scegliere tra un piano a consumo o pagare 49 euro al mese per un pacchetto che include trasporto pubblico, bike sharing e corse limitate in condivisione. Un pacchetto da € 499 al mese che di fatto sostituisce la proprietà dell’auto personale includendo taxi e car sharing illimitati. Secondo il fondatore di Whim (trad. it. Capriccio) i cittadini che scelgono un determinato tipo di abbonamento da acquistare, devono avere la medesima sensazione di libertà individuale e di possibilità di movimento che comporta l’idea del possesso di una macchina.

7. Civitavecchia, la mobilità e gli spazi

Civitavecchia è la città sede di un porto da cui transitano più di cinque milioni di passeggeri l’anno. Ogni mattina tra stazione e porto si vedono scene indecorose di disservizi per i passeggeri, così come inaccettabile è la situazione del sovraffollamento dei treni dei pendolari per Roma, che non reggono l’impatto dell’ulteriore massa in aggiunta dei crocieristi e dei loro bagagli.

Si deve creare una sinergia, unendo in un unico tavolo, gli operatori privati e pubblici, per sviluppare una visione comune per offrire ai passeggeri in transito per il porto servizi migliori. Non si deve solo discutere di tasse e balzelli, ma come la città si approccia e cosa offre a questa quantità enorme di crocieristi e passeggeri per le linee verso la Spagna, la Sicilia e verso la Sardegna.

Iniziare a pensare a servizi “comuni” è l’unica strada percorribile. Bisogna iniziare a pensare ad una piattaforma Maas cittadina, anche con la consulenza specializzata da parte di multinazionali come Moovit, ed offrire a chi transita da Civitavecchia, nuovi servizi come ad esempio la consegna dei bagagli all’aeroporto di Fiumicino o a Roma Termini.

a) Italcementi: la riqualificazione di Italcementi rappresenta l’occasione per disegnare la Civitavecchia del futuro. Lo studio di fattibilità presentato dall’Università di Roma III rappresenta una base ottima di partenza. Ma auspichiamo che si possa anche essere più coraggiosi nella progettazione. Quelle enormi aree che torneranno disponibili per la città consentiranno di realizzare cambiamenti profondi. Bisogna, come dicono gli inglesi Moon shoot sparare alla Luna (C. Ratti, Urbanitò, 2023). Bisogna che un concorso di idee internazionale, che coinvolga urbanisti e architetti, ci aiuti a creare la nostra idea di città del futuro. La riqualificazione di Italcementi dà alla nostra città l’opportunità di ridisegnarsi. È un’occasione da non perdere, bisogna sparare alla Luna. Saper sognare.

b) Il Territorio, la costa: Il territorio di Civitavecchia, non ha avuto lo sviluppo che meritava anche per motivi geografici. L’attuale circoscrizione di Civitavecchia è sicuramente territorialmente molto piccola. Il decreto del 1927 che l’aveva delimitato, prevedeva anche la presenza del territorio dell’attuale comune di Santa Marinella che si è poi staccato nel 1949. Questa “secessione” ha tolto al Comune di Civitavecchia una forza contrattuale ed economica che altrimenti non avrebbe avuto pari nel Lazio dopo Roma. Oltre allo sviluppo del porto e al comparto elettrico, ci sarebbe stato anche quello turistico, cosa che ha caratterizzato Santa Marinella specie negli anni 60’. Questa mancanza territoriale, rispetto al suo disegno iniziale, Civitavecchia l’ha pagata cara. Ad esempio, Civitavecchia ha poche spiagge balneabili e tutte di fronte al centro abitato. La spiaggia dei civitavecchiesi è diventata negli anni Sant’Agostino. Una spiaggia bellissima, un territorio pochissimo abitato, abbandonato dal comune di Tarquinia in fatto di servizi, – solo i parcheggi a pagamento per i civitavecchiesi che vanno a mare lì – che non ha avuto nessuna valorizzazione, perché gli sono stati preferiti altri luoghi da parte del Comune più vicini al suo centro cittadino: Tarquinia Lido e Marina Velca. Dobbiamo come Comune di Civitavecchia richiedere alla Regione Lazio47 la ridefinizione della nostra circoscrizione territoriale chiedendo che arrivi fino al Mignone e alla sua foce. Riqualifichiamo la Frasca e rendiamo Sant’Agostino una spiaggia che attiri turisti come l’Argentario. In questo modo si potrà sviluppare veramente la vocazione turistica di Civitavecchia. Così come importante è la ripresa dei progetti legati al termalismo.

c) La Logistica e il porto: da tanti anni ci sentiamo raccontare che Civitavecchia è un grande porto e con nel retroporto ha grandi potenzialità per lo sviluppo di attività dalla logistica alle attività produttive. Se fosse vero non si capirebbe perché nessuno investe su Civitavecchia. A nostro avviso, Civitavecchia ha un grande porto, ma costruito su un’isola, staccato dalla nazione. Non ha i collegamenti stradali e ferroviari che necessitano a un porto mercantile, ed è per questo che nessuno ci porta le proprie merci. Con il PNNR, sono state finanziate le opere necessarie a superare questo blocco, ma la loro realizzazione, attesa da decenni, non è ancora entrata nella fase esecutiva dei cantieri. Siamo fiduciosi per un futuro prossimo. Bisogna collegare Civitavecchia al resto della rete autostradale e il porto alla rete ferroviaria. Dopo di che lo sviluppo delle merci nel porto e nel retroporto sarà finalmente possibile.

Altro motivo per cui non ci sono investimenti sul nostro territorio è la mancanza della possibilità da parte delle grandi imprese di poter usufruire, tramite Invitalia, dei Contratti di Sviluppo. Oggi in Italia è questo lo strumento principe per lo sviluppo dei territori. Ma sul territorio di Civitavecchia non è ammessa la presentazione delle domande, perché non rientra, come ad esempio Tarquinia e Montalto, nelle aree di crisi non complessa48. Montalto di Castro, a causa del phase out dal nucleare, è stata riconosciuta area di crisi non complessa, insieme a sette comuni dell’alta Tuscia, poi con decreto direttoriale del Mise è stata aggiunta nel 2016 anche Tarquinia. Non si comprende come questo provvedimento, così semplice, non sia stato ottenuto ancora per Civitavecchia, che da sessant’anni ha sul suo territorio la servitù del secondo polo energetico nazionale. Paradossalmente, investimenti a fondo perduto finanziati al 50% sono possibili a quattro km dal porto a Tarquinia e non a Civitavecchia.

Inoltre, le aziende del territorio, non fanno richiesta dei finanziamenti che ci mette a disposizione l’Europa. L’Italia è il primo Paese per i finanziamenti dalla Bei nel 202349. Ma su questo come territorio non abbiamo fatto abbastanza.

d) Il Parco dei Serbatoi50: così come è paradossale utilizzare 35 ettari a ridosso del porto, che potrebbero essere destinati alla logistica e all’insediamento di nuove attività, anche prima della dismissione della centrale a carbone, e fare in modo che la sua chiusura sia meno traumatica, come area di ripascimento boschivo chiusa al pubblico. Chiusa perché accanto ad una centrale a carbone è pericoloso e poco salutare realizzarci un parco. Eppure, questo è successo a Civitavecchia. L’ Utilizzo immediato di quell’area per lo sviluppo economico e occupazionale – la messa in sicurezza da parte dell’Enel dei fossi che caratterizzano la morfologia del territorio intorno alla città, (come già avanzato in passato) – deve essere una priorità per Civitavecchia.

Capitolo II

Proposta di uno studio di fattibilità per l’implementazione della rete di distribuzione elettrica e per l’adozione del PAESC nei comuni dell’Osservatorio Ambientale.

    1. 1. Direttiva sull’Energia Rinnovabile RED III.

      È stata pubblicata in Gazzetta Ufficiale dell’Unione Europa del 31 ottobre 2023 la nuova Direttiva RED III sulle energie rinnovabili – Direttiva 2023/2413 –  Entreta in vigore da lunedì 20 novembre 2023. L’obiettivo della Direttiva è quello di snellire le procedure per l’ottenimento dei permessi e stabilisce il traguardo ambizioso del 42,5% di quota di energie rinnovabili da raggiungere entro il 2030. Da adesso ogni Stato membro dell’Unione Europea avrà 18 mesi di tempo per recepirla ed adeguarsi.

Il termine RED III è l’abbreviazione di “Renewable Energy Directive III,” che in italiano può essere tradotto come “Direttiva sull’Energia Rinnovabile III“.

La direttiva mira a promuovere l’uso di energia da fonti rinnovabili . Da un precedente 32%, l’Unione Europea si impegna a raggiungere il 45% entro il 2030. Ogni singolo cittadino può impegnarsi nella transizione alle fonti rinnovabili generando energia in modo autonomo.

Le principali novità introdotte dalla Direttiva.

      1. I) Impianti fotovoltaici ed eolici: procedure più snelle

Questo significa procedure più snelle per l’installazione di impianti solari e parchi eolici, nonché per l’ammodernamento di quelli già esistenti. Ogni Stato membro dell’Unione Europea dovrà approvare entro 12 mesi i progetti per le “zone di riferimento per le energie rinnovabili” ed entro 24 mesi per quelli al di fuori da tali zone.

    1. II) Energia rinnovabile: industria

All’interno della nuova Direttiva viene chiarito che gli Stati membri dell’UE dovranno:

  • garantire per il settore dell’industria un incremento delle fonti rinnovabili di 1,6 punti percentuali come media calcolata per i periodi che vanno dal 2021 al 2025 e dal 2026 al 2030;

  • rassicurarsi che il contributo dei combustibili rinnovabili di origine non biologica usati a scopi finali energetici e non energetici sia almeno il 42% dell’idrogeno usato per scopi finali energetici e non energetici nell’industria entro il 2030 e il 60% entro il 2035.

III) Criteri per l’individuazione delle zone di riferimento

L’Unione Europea, nel corso dell’anno precedente, ha sollecitato gli Stati membri a condurre una dettagliata analisi nell’individuazione delle aree idonee ad ospitare impianti di energia rinnovabile, in linea con i rispettivi piani nazionali per l’energia e l’ambiente. Tale processo ha coinvolto l’identificazione di specifiche località, sia in territorio terrestre che marino, particolarmente favorevoli all’installazione di impianti per la produzione di energia da fonti rinnovabili. Per questo, ciascuno Stato membro è stato sollecitato a seguire criteri specifici nell’individuazione delle singole aree. Questi criteri tendono a:

  • dare priorità alle superfici artificiali e costruite, come tetti, parcheggi delle infrastrutture di trasporto, siti di smaltimento dei rifiuti, aree industriali, miniere, corpi idrici artificiali, laghi o bacini idrografici e, se del caso, impianti di trattamento delle acque reflue urbane. Inoltre, sono state considerate terre degradate che non sono utilizzabili per scopi agricoli;

  • escludere dalle valutazioni i siti Natura 2000, le aree protette come parchi e riserve naturali, le rotte migratorie degli uccelli identificate e altre zone individuate sulla base di mappe di sensibilità e strumenti specifici, ad eccezione delle superfici artificiali e costruite situate in tali aree, come tetti, parcheggi o infrastrutture di trasporto;

  • utilizzare tutte le strumentazioni e i dati appropriati per individuare le aree in cui l’installazione di impianti di energia rinnovabile non avrebbe un impatto ambientale significativo. Questo processo include la valutazione e la mappatura delle specie selvatiche ivi insediate.

IV) Direttiva RED III: settore dei trasporti

Nel settore dei trasporti, l’Unione Europea si impegna a ridurre le emissioni di gas serra del 14,5% entro il 2030. Questo obiettivo sarà raggiunto grazie all’uso di biocarburanti avanzati e a una quota più ambiziosa di carburanti rinnovabili non biologici, come l’idrogeno.

V) Direttiva RED III: innovazione tecnologica

La Direttiva RED III non si limita agli obiettivi di quota di energie rinnovabili, ma si impegna nella promozione e all’innovazione nel settore energetico, incoraggiando tutti i 27 Stati membri dell’Unione Europea a destinare almeno il 5% della capacità delle nuove installazioni energetiche a soluzioni innovative.

2. Una proposta di roadmap verso l’efficientamento dei consumi energetici dei Comuni.

Il futuro in campo energetico si basa su una programmazione a medio-lungo termine. Bisogna promuovere l’uso intelligente delle nuove tecnologie. Questa programmazione deve individuare in modo chiaro le forme e gli strumenti per una transizione verso un modello energetico diverso.

Le politiche energetiche da cui partire:

a) Innovazione delle reti per intensificare lo sviluppo della generazione distribuita orizzontale nei territori.

b) Superamento della logica dei grandi impianti di produzione e favorendo lo sviluppo di distretti energetici.

c) Incentivazione dell’efficienza energetica degli edifici.

d) Revisione della struttura tariffaria per abbassare i costi delle bollette, (tramite diffusione delle FER e creazione di CER).

In futuro ci saranno reti energetiche integrate con
le reti delle telecomunicazioni e dei trasporti, la mobilità elettrica ridisegnerà gli spazi nelle città. Sarà necessario dotarsi di VVP (Virtual Power Plant). I comuni che sapranno anticipare questa nuova realtà, potranno rilanciarsi sul piano della crescita economica e dell’occupazione.

La fine del Mercato tutelato e il passaggio al Mercato libero energetico è solo il primo passo verso una nuova epoca energetica che coinvolgerà tutti i cittadini. In futuro ogni cittadino dovrà essere coinvolto nei programmi e nelle decisioni sul tema dell’energia. Cambiare il modello energetico significa cambiare la società. Un nuovo ruolo per i cittadini che dovranno essere più consapevoli, sia come consumatore energetico, smart user, sia come produttore energetico prosumer.

Il settore energetico dovrà essere di supporto a tutti gli altri settori produttivi: dall’edilizia, all’agricolo, alla manifattura e alla chiusura virtuosa del ciclo dei rifiuti.

II mondo industriale, soprattutto quello delle PMI, deve partecipare attivamente alla ristrutturazione del sistema industriale riconvertito alla produzione energetica basata sulle fonti di energia rinnovabile (FER).

La trasformazione delle città è l’ambito all’interno del quale si possano promuovere fondamentali politiche di carattere strutturale: uscendo dalla logica di intervento sul singolo edificio, per entrate nella logica di intervento sul quartiere e soprattutto allo sviluppo del concetto di Smart Cities. Inoltre per far questo bisognerà adeguare la normativa nazionale e i comuni dovranno approvare nuovi Regolamenti edilizi, potenziando l’aspetto energetico e il rispetto delle Direttive UE a partire dalla RED III che abbiamo appena visto.

2. Analisi della Rete di distribuzione nei comuni.

Gli eventi degli ultimi anni hanno radicalmente cambiato lo scenario relativamente stabile in cui operavano i distributori elettrici. Pertanto la pianificazione della rete di distribuzione dell’energia elettrica, strumento essenziale nel rendere possibile la transizione verso un nuovo sistema con la velocità che viene richiesta, deve tenere conto di questi cambiamenti epocali.

L’Italia, in linea con le politiche europee e anche grazie al supporto del PNRR e dei fondi REPowerEU, sta implementando una serie di azioni per la ripresa economica, il raggiungimento dell’indipendenza energetica e la decarbonizzazione.

Il successo di gran parte delle politiche energetiche passa dalla disponibilità di una solida infrastruttura di rete, chiamata oggi più che mai a fornire prontamente capacità di gestire maggiore domanda e crescente produzione diffusa, garantire sicurezza della fornitura nei momenti di potenziale emergenza e supportare efficacemente la crescita economica del Paese.

Ciò comporta la necessità di investire nelle reti sempre più in maniera “anticipatoria”, perché le reti non diventino il “collo di bottiglia” del processo di transizione e di indipendenza energetica.

Il Piano Strategico Enel51 2024-2026, si concentra sui fondamentali (generazione, distribuzione e vendita di energia) e prevede investimenti totali lordi pari a circa 35,8 miliardi di euro, di cui 18,6 miliardi nelle reti (miglioramento di qualità, resilienza, digitalizzazione e nuove connessioni).

La metodologia di Analisi della Rete/Fabbisogni è un processo cruciale per garantire un’affidabile ed efficiente fornitura di energia elettrica. Bisogna avere chiara la situazione nei comuni facenti parte dell’Osservatore Ambientale per poter programmare il loro futuro energetico.

L’analisi della rete che vogliamo realizzare si basa sui dati della rete esistente e sulla previsione di sviluppo della rete futura, considerando scenari di incremento del carico e dell’energia distribuita.

Il processo di analisi verifica diversi aspetti, fra i principali: la qualità del servizio, le perdite di rete, il carico e la resilienza.

La qualità riguarda gli standard di erogazione del servizio elettrico fornito ai clienti. Le analisi della qualità tecnica consistono in numero e durata delle interruzioni nella fornitura di energia elettrica e sulla qualità della tensione.

I distributori sono monitorati dall’Autorità di regolazione del settore elettrico (ARERA) tramite gli indicatori DIL (Durata Interruzioni Lunghe) e NILB (Numero Interruzioni Lunghe e Brevi) che devono rispettare determinati target obiettivo su base territoriale.

Al fine di ottimizzare le performance di rete, si dovranno analizzare i parametri che caratterizzano la rete di distribuzione, analizzando le criticità di struttura, componentistica, guastabilità della rete e impatto sui cittadini.

Uno degli aspetti principali dell’analisi è la verifica dei carichi e gli impatti sui componenti della rete. Le analisi sono condotte sulla rete attuale e sulla rete futura, valutando vari scenari di incremento a partire dai dati storici sul consumo di energia e dalla previsione delle future esigenze energetiche, per dimensionare correttamente la rete e pianificare eventuali potenziamenti e ampliamenti.

Aspetto fondamentale dello studio di fattibilità proposto sarà la verifica dello stato di avanzamento del progetto “DSO 4.0 – Digital Network” sul nostro territorio.

Il progetto è stato avviato nei primi mesi del 2019 su scala nazionale e prevede la realizzazione di un sistema di comunicazione e resilienza della rete, rendendo possibile l’implementazione di nuove funzionalità in grado di migliorare le performance della rete.

Il Progetto si basa sul “rilegamento” delle Cabine Secondarie e Primarie ad una rete in fibra ottica, per conseguire una serie di obiettivi e benefici fondamentali per lo sviluppo della rete di distribuzione, anche in prospettiva futura. A tal fine, oltre al rilegamento delle cabine elettriche alla rete in fibra ottica, è prevista l’installazione di componenti di innovazione tecnologica che, unitamente ad interventi strutturali, contribuiranno al miglioramento della qualità nonché all’evoluzione tecnologica della rete di distribuzione, in linea con le previsioni e gli scenari delineati dal Piano Nazionale Integrato per l’Energia e il Clima (PNIEC).

a) Le Smart grid:

Le smart grid nascono come evoluzione del sistema elettrico tradizionale, sono la risposta alla transizione energetica e digitale dell’Europa per il raggiungimento di precisi obiettivi di decarbonizzazione e sviluppo sostenibile. In particolare, le reti intelligenti rispondono a una crescente esigenza di maggiore flessibilità, sicurezza e resilienza della rete elettrica in funzione di una maggiore integrazione di produzione proveniente da fonti di energia rinnovabile (fotovoltaico ed eolico in primis).

Compito della smart grid è quello di gestire flussi di energia in direzioni che possono variare continuamente, al contrario di come avviene nei sistemi tradizionali. L’intelligenza di una smart grid nasce dalla sovrapposizione o dell’affiancamento di

In un prossimo futuro un utente potrebbe decidere di attivare più contratti di fornitura e di utilizzarli in fasce orarie diverse, a seconda della convenienza economica, il tutto tramite la stessa rete e lo stesso contatore, che ovviamente dovrà essere predisposto per tale funzione. Una volta realizzate la smart grids diventeranno l’internet dell’energia.

    1. b) Esempi e Progetti europei

L’ultimo rapporto sulle reti intelligenti in Europa è stato curato dal Joint Research Centre (JRC) della Commissione Europea e pubblicato a Gennaio 2022 riporta alcuni dati interessanti: Nel periodo 2014-2020 si è registrato un aumento delle attività di ricerca e innovazione nel settore delle smart grid, con circa 407 progetti avviati per 3 miliardi di euro di investimenti. I progetti riuniscono 3130 organizzazioni da 45 Paesi. Sul totale progetti, 23 riguardano le smart city focalizzandosi sull’ottimizzazione dei sistemi energetici nelle città e sull’abilitazione di quartieri energeticamente neutri o positivi (PED). 27 progetti riguardano il tema dell’e-mobility con un focus sull’integrazione dei veicoli elettrici nella rete e sullo sviluppo di infrastrutture di ricarica e strategie di ricarica intelligente.

c) I sistemi di ricarica dei veicoli elettrici (V2G)

Lo sviluppo della mobilità elettrica gioca un ruolo importane nel raggiungimento degli obiettivi di sostenibilità e nel processo di trasformazione del sistema energetico nel suo complesso verso un modello più sostenibile. In questo contesto si inserisce XL-Connect (acronimo di Large scale system approach for advanced charging solutions), un nuovo progetto di ricerca e sviluppo finanziato dall’Agenzia esecutiva europea per il clima (CINEA)52, l’infrastruttura e l’ambiente. Obiettivo del progetto è lo sviluppo di tecnologie innovative per ricarica dei veicoli elettrici per ottimizzare l’intera catena di ricarica, dalla fornitura di energia all’utente finale. Fondamentale per il funzionamento di un’architettura vehicle to grid è l’indagine sul comportamento degli utenti e l’analisi del sistema energetico e della rete. Questi due aspetti costituiscono la base, per creare modelli previsionali che definiscano il comportamento futuro dei proprietari di veicoli elettrici e degli operatori di flotte e le possibili carenze della rete elettrica e del sistema energetico.

3. Il Patto dei Sindaci

Il Patto dei Sindaci dell’UE per il clima e l’energia raggruppa migliaia di governi locali che vogliono garantire un futuro migliore ai propri cittadini. Partecipando all’iniziativa, si impegnano volontariamente ad attuare gli obiettivi climatici ed energetici dell’UE: lo strumento che si sono dotati è l’adozione da parte delle loro Amministrazioni è il PAESC, che deve prevedere impegni ben precisi.

Il Piano d’azione per l’energia sostenibile e il clima (PAESC) è un piano volontario che rappresenta un documento chiave per dimostrare in che modo l’amministrazione comunale intende raggiungere gli obiettivi di riduzione delle emissioni di anidride carbonica e adottare azioni di adattamento al cambiamento climatico.

            1. I tre impegni dei firmatari del Patto:

<<… Sindaci di tutta Europa, promuoviamo i nostri obiettivi climatici e ci impegniamo ad agire al ritmo dettato dalla scienza, in uno sforzo congiunto per contenere l’aumento delle temperature globali al di sotto di 1,5℃ – la più elevata ambizione dell’Accordo di Parigi. 
La nostra visione è che, entro il 2050, vivremo tutti in città decarbonizzate e resilienti, con accesso a un’energia economica, sicura e sostenibile. Nell’ambito del movimento del Patto dei Sindaci – Europa, continueremo a:

  • ridurre le emissioni di gas serra sul nostro territorio;

  • aumentare la resilienza e prepararci agli impatti negativi del cambiamento climatico;

  • affrontare la povertà energetica come un’azione chiave per garantire una giusta transizione.” >>.

L’obiettivo del PAESC è la riduzione delle emissioni di gas serra del 55% entro il 2030 rispetto all’anno di riferimento 1990. Un’altra tappa importante verso la decarbonizzazione dell’Europa è stata raggiunta il 6 Febbraio 2024, quando la Commissione ha aggiornato gli obiettivi del  taglio del 90% delle emissioni di gas serra entro il 2040. È questa la raccomandazione che la Commissione Ue rivolge ai Paesi membri dell’Unione. Il documento, in realtà analizza tre possibili scenari di riduzione delle emissioni climalteranti: fino all’80%, tra l’85% e il 90% e infine tra il 90% e il 95%. Quest’ultimo è quello coerente con le indicazioni dello European Scientific Advisory Board on Climate Change della Commissione, il team di consulenti ufficiali della UE per le scienze climatiche53.

Il PAESC agisce sui cinque temi di seguito elencati:

a) Edifici
attraverso la riqualificazione energetica, la riduzione dei consumi elettrici e delle emissioni, nelle costruzioni del patrimonio pubblico ed in quelle del patrimonio residenziale privato, individuando misure regolamentari, incentivanti e di formazione della cittadinanza.

b) Settore Terziario e Servizi
individuando misure regolamentari, incentivanti di formazione, al fine di attivare azioni per la riqualificazione energetica e la riduzione dei consumi elettrici e delle emissioni nel settore delle imprese.

c) Mobilità e Trasporti
potenziando e rendendo maggiormente efficienti i servizi di trasporto pubblico e favorendo la mobilita’ sostenibile (ciclabile, elettrica, car sharing…).

e) Produzione di Energia da Fonti Rinnovabili
promuovendo ed incentivando l’uso del solare termico, del fotovoltaico e delle pompe di calore geotermiche.

f) Rifiuti
aumentando la frazione di rifiuti differenziata e rendendo più efficiente il recupero energetico della frazione residua.

Obiettivi dello studio di Fattibilità:

a) Analisi energetica top down e bottom up dei consumi e delle emissioni nell’ambito del territorio comunale al fine di definire una baseline delle emissioni (BEI).

b) Analisi della struttura interna del Comune per evidenziarne le criticità nella gestione degli aspetti energetico-ambientali.

c) Supporto all’organizzazione dei processi partecipativi e di concertazione, che prevedono il coinvolgimento della popolazione e degli stakeholder locali nella pianificazione delle azioni, con particolare riferimento alle CER.

d) Supporto per la stesura del PAESC con definizione degli obiettivi a breve, medio e lungo termine e proposte per la modifica degli strumenti di governo e pianificazione del territorio.

e) Supporto per la redazione di una valutazione dei rischi del cambiamento climatico e delle vulnerabilità.

f) Identificazione dei principali strumenti finanziari a disposizione degli Enti per il reperimento delle risorse necessarie per la realizzazione dei singoli progetti.

Azioni:

      1. In particolare come Osservatorio Ambientale ci proponiamo di sviluppare le seguenti attività:

  1. Mappatura  della produzione da FER sul territorio e delle domande autorizzative in corso.

  2. Mappatura  della rete di distribuzione nei vari territori comunali. Tipologia delle centrali elettriche e dei contatori attualmente installati.

  3. Pianificazione del progetto e condivisione con l’Amministrazione;

  4. Sintesi dei risultati dell’attività deliberativa e stesura del piano delle azioni;

  5. Monitoraggio del processo;

  6. Formazione dei dipendenti degli uffici comunali coinvolti nel progetto;

  7. Diffusione dei risultati del processo.

Capitolo III

Proposta di uno studio di fattibilità per la realizzazione di un impianto per il recupero delle pale eoliche da realizzare presso Torrevaldaliga Nord.

1. Il Riciclo delle pale eoliche

Nell’Unione europea si producono ogni anno più di 2,2 miliardi di tonnellate di rifiuti. L’UE sta aggiornando la legislazione sulla gestione dei rifiuti per promuovere la transizione verso un’economia circolare, in alternativa all’attuale modello economico lineare.

A marzo 2020 la Commissione europea ha presentato, sotto il Green deal europeo in linea con la proposta per la nuova strategia industriale, il piano d’azione per una nuova economia circolare che include proposte sulla progettazione di prodotti più sostenibili, sulla riduzione dei rifiuti e sul dare più potere ai cittadini, come per esempio attraverso il ‘diritto alla riparazione‘.

Nel febbraio 2021 il Parlamento europeo ha votato per il nuovo Piano d’azione per l’economia circolare54, chiedendo misure aggiuntive per raggiungere un’economia a zero emissioni di carbonio, sostenibile dal punto di vista ambientale, libera dalle sostanze tossiche e completamente circolare entro il 2050. Sono anche incluse norme più severe sul riciclo e obiettivi vincolanti per il 2030 sull’uso e l’impronta ecologica dei materiali.

L’energia eolica è una fonte rinnovabile il cui sfruttamento per produrre energia elettrica è in crescita esponenziale nell’ultimo decennio. Da qui al 2025, secondo il New Energy Outlook 2019 di Bloomberg New Energy Finance, la capacità installata dell’eolico on-shore crescerà di oltre 538 GW. Le turbine hanno una vita media utile che si aggira attorno ai 30 anni. Entro il 2035 ci saranno 120 mila pale eoliche operative in Europa. Secondo le stime dell’Università di Cambridge, entro il 2050 ben 43 milioni di tonnellate di materiale proveniente dall’industria eolica globale dovranno essere inseriti all’interno di percorsi specifici di smaltimento.

La creazione di una filiera in grado di recuperare soltanto alcuni dei componenti, tra le centinaia che costituiscono una pala eolica, comporterebbe un notevole beneficio per l’economia italiana.

Una filiera del riciclo applicata alle pale eoliche eviterebbe la produzione di 800 mila tonnellate di “rottami eolici”. Un giro d’affari di oltre 11 miliardi di euro. Un tema che non può essere ignorato.

La sfida si percepisce attualmente solo in minima parte, perché gli impianti eolici sono giovani o si stanno costruendo adesso, ma presto ne vedremo gli effetti. In Europa, solo quattro Paesi (Germania, Austria, Paesi Bassi e Finlandia) hanno vietato il conferimento in discarica delle pale eoliche a fine vita. Ma entro l’anno si pensa che il divieto venga esteso in tutti i paesi UE55.

2. I progetti di riciclo e riutilizzo delle pale eoliche in Europa

La maggior parte dei componenti di una turbina eolica sono facili da riciclare, perché realizzati in metallo. Le pale, invece, sono più difficili da recuperare a causa del materiale composito di cui sono fatte, come resine rinforzate con fibre di vetro o di carbonio, oltre a materiali secondari come colle, vernici, metalli. La dismissione delle pale di una centrale eolica non corrisponde al fine del ciclo di vita del materiale di cui esse sono composte. C’è possibilità di far rivivere quei componenti, chiudendo il cerchio della circolarità e rendendo gli impianti eolici più green e ancora più sostenibili.

Proprio per questo Enel, sta sperimentando il progetto Wind New Life, volto a sviluppare una catena del valore circolare per la gestione del fine vita delle pale.

In Spagna verrà realizzato un impianto per la raccolta e il trattamento delle pale in dismissione, per un totale di circa 6.000 tonnellate l’anno di fibra di vetro e carbonio, da trasformare poi in materia secondaria e riutilizzare per produrre componenti ad alto valore aggiunto.

Un’altra destinazione possibile per le pale dismesse è la realizzazione di pali per la trasmissione elettrica, che nell’ambito del progetto Rewind ,(partecipato da Enel green power), verranno testate nei prossimi mesi in USA, o l’integrazione nei blocchi utilizzati dall’azienda svizzera Energy Vault per l’accumulo gravitazionale. La sfida della nuova vita delle pale eoliche richiede un approccio multidisciplinare e multisettoriale, che integri l’innovazione sia nello sviluppo tecnologico che nella creazione di nuovi modelli di business. Le strade che si aprono dinanzi ai nostri occhi sono due: riuso e riciclo.

Foto 1: “Analisi e progettazione di un ponte pedonale con pale eoliche e calcestruzzo FRP dismessi”, presentato da Raj Suhail al FRPRCS14, Belfast, Regno Unito, 4-7 giugno 2019.  C. Bank, PhD, PE Dist.M.ASCE, F.ACI, F.IIFC | Foto 2: “Un nuovo utilizzo per le pale di turbine eoliche dismesse, riutilizzate in un ponte a traffico lento”, di Stijn Speksnijder .

La strada del riuso chiama in causa l’ingegneria civile e l’architettura urbana. Le vecchie pale eoliche possono trovare impiego nell’ambito dell’arredo urbano e non solo. A seconda delle dimensioni e delle caratteristiche possono essere riutilizzate per realizzare ponti urbani, case.

Ma il riuso potrà coinvolgere però solo una parte della quantità di pale eoliche che si avvieranno verso la fine della loro prima vita. Ed allora è necessario spingere sull’acceleratore dell’innovazione e immaginare approcci innovativi per il riciclo dei materiali stessi delle pale: le fibre di vetro o carbonio possono trovare nuove applicazioni nella nautica, nel mondo dello sport, persino nel mondo degli isolanti per l’edilizia. Le pale si prestano ad essere impiegate come materiali inerti per realizzazione di asfalti e materiali edili con caratteristiche avanzate superiori.

1) VESTAS: metodo di riciclaggio per tutte le pale eoliche

Enel ha da tempo avviato con la compagnia danese Vestas una collaborazione che punta a realizzare turbine eoliche a zero rifiuti entro il 2040. Vestas – Enel hanno in corso vari progetti negli Stati Uniti, tra i quali quello di repowering Blue Canyon 2 da 151 MW, nonché il progetto Snyder Wind da 63 MW con Enel Green Power. Requisito di entrambi i progetti è il riciclo delle pale dismesse. La parteneship di Enel con Vestas è datata 2015.

Vestas ha sviluppato una soluzione in grado di rendere riciclabili le pale delle turbine a base epossidica. Senza la necessità di modificare il design o la composizione del materiale delle pale stesse. Tramite una tecnologia chimica appena scoperta, sviluppata nell’ambito dell’iniziativa CETEC (Circular Economy for Thermoset Epoxy Composites), e le partnership con due aziende danesi.

La nuova soluzione può essere applicata alle pale attualmente in esercizio. Eliminando così la necessità di riprogettare le pale o di smaltire in discarica le pale a base epossidica al momento del loro smantellamento.

La resina epossidica è una sostanza resiliente che si riteneva impossibile da scomporre in componenti riutilizzabili. La soluzione di Vestas è basata su un nuovo processo capace di scomporre chimicamente la resina epossidica in materiali di qualità vergine.

Grazie ad un processo di scomposizione chimica, sarà possibile utilizzare le pale eoliche a base epossidica come fonte di materie prime.

Una volta che questa nuova tecnologia sarà implementata su larga scala, il materiale delle pale esistenti attualmente in discarica, così come il materiale delle pale nei parchi eolici attivi, potrà essere smontato e riutilizzato. Questo segna una nuova era per l’industria eolica e accelera il nostro viaggio verso il raggiungimento della circolarità dei materiali.

2) Il progetto della danese Continuum.

La società ha annunciato di essere pronta a realizzare in Europa sei impianti per lo smaltimento delle pale eoliche in grado di offrire un servizio end-to-end su scala industriale. Per ora i paesi in lista sono Danimarca, Regno Unito, Francia, Germania, Spagna e Turchia. Il processo messo a punto da Continuum, permette di frantumare, separare, setacciare e pulire i rifiuti eolici, trasformandoli in pannelli compositi di alto valore. Ogni stabilimento Continuum in Europa avrà la capacità di riciclare un minimo di 36.000 tonnellate di pale a fine vita all’anno, sfornando nuovi prodotti – performanti e riciclabili all’infinito – per l’industria delle costruzioni, con cui creare, ad esempio, facciate edilizie o piani di cucina. La società prevede di rendere operativo il primo dei sei impianti nella città danese di Esbjerg entro la fine del 2024 e un secondo nel Regno Unito poco dopo. Entro la fine del decennio dovrebbero aggiungersi altre 4 strutture in Francia, Germania, Spagna e Turchia.

3. La ricerca di soluzioni in Italia

a) Il progetto di Greenthesis spa.

          1. Sarà cofinanziato con i fondi del Pnrr il progetto del Gruppo Greenthesis, azienda italiana specializzata nella gestione integrata del ciclo dei rifiuti e per il recupero dei vecchi parchi eolici: i materiali dismessi diventeranno scafi di barche o nuove eliche.

Il progetto prevede un trattamento chimico delle pale eoliche dismesse giunte a fine vita allo scopo di recuperare, mediante un apposito processo di trattamento la vetroresina di cui sono composte. La nuova vita della vetroresina Può essere reimmessa nel ciclo produttivo per la realizzazione di nuove pale eoliche o degli scafi delle imbarcazioni. Per le pale eoliche, il luogo del conferimento utilizzato, sarà di proprietà dell’Enel a Brindisi un sito di oltre 20 mila metri quadri. Da Greenthesis assicurano: «Operativi entro due anni».

b) Il progetto CETMA: blocchi da costruzione ecosostenibili con scarti di vetroresina provenienti dal riciclo di pale eoliche.

L’energia eolica è attualmente una delle risorse di energia rinnovabile più utilizzate, sia con impianti onshore che offshore. Le turbine eoliche hanno una vita media di circa 25-30 anni ed è stimato che il quantitativo di pale eoliche in dismissione in Italia nel prossimo decennio, proveniente dagli impianti di prima generazione, sia compreso nell’intervallo tra 30.000 e 40.000 tonnellate. Nell’ambito del progetto europeo METABUILDING, CETMA ha contribuito allo sviluppo di un prototipo di blocchi da costruzione realizzati con miscele di cemento e aggregati di varia granulometria provenienti dal riciclo di pale eoliche a fine vita.

Le pale, infatti, sono realizzate in materiale composito, ossia resine rinforzate con fibre di vetro o carbonio: tali componenti al momento sono conferite per la maggior parte in discarica, con notevoli implicazioni negative sia in termini economici che ambientali. Utilizzando gli scarti di vetroresina provenienti dal riciclo di pale eoliche a fine vita è stato sviluppato un nuovo blocco da costruzione ecosostenibile realizzato con miscele di cemento e aggregati riciclati provenienti dal recupero delle pale dei parchi eolici.

Il progetto ha permesso di dimostrare l’efficacia di una possibile filiera di riciclo, che veda coinvolti i produttori tradizionali di materiali/componenti per l’edilizia e il settore del riciclaggio del GFRP, proveniente da un impianto eolico. Il settore edile può trarre vantaggio da questa collaborazione nell’uso di materiale riciclato (GFRP come materia prima secondaria) per raggiungere i requisiti ambientali richiesti e conquistare nuove quote di mercato.

I risultati sperimentali ottenuti hanno dimostrato che l’implementazione della soluzione proposta garantirà al settore delle costruzioni la presenza di un nuovo prodotto con migliori proprietà di isolamento termico e allo stesso tempo un alto livello di sostenibilità dal punto di vista ambientale.

Fig. 1 Blocchi in cemento con granuli di vetroresina da riciclo Fig.2: Inserimento granuli di GFRP nella miscela a base di pale eoliche di cemento

Capitolo IV

Proposta di uno studio di fattibilità per la realizzazione di un impianto per il recupero dei materiali dai pannelli fotovoltaici da realizzare presso Torrevaldaliga Nord.

1. Il solare per dare nuova energia all’Europa REPowerEU e il Green deal europeo.

L’energia solare sarà l’asse portante di questo sforzo, l’energia infinita del sole, circa 10000 volte il fabbisogno energetico della terra, ci aiuterà a ridurre la dipendenza dai combustibili fossili in tutti i comparti della nostra economia, dal riscaldamento domestico ai processi industriali. La strategia, parte integrante del piano REPowerEU, è finalizzata a mettere in rete oltre 320 GW di solare fotovoltaico entro il 2025 (più del doppio rispetto al 2020) e quasi 600 GW entro il 2030. Tale capacità consentirà dí evitare il consumo di 9 miliardi di metri cubl di gas naturale l’anno entro il 2027. L’energia solare ha diversi vantaggi che la rendono particolarmente idonea a rispondere alle sfide energetiche odierne. Le tecnologie basate sul solare fotovoltaico e sul solare termico possono essere applicate rapidamente e apportare vantaggi ai cittadini e alle imprese in termini di benefici per il clima e risparmi. I costi dell’energia solare hanno infattí subito una spettacolare diminuzione nel tempo.

Le politiche dell’Unione in materia di rinnovabili hanno contribuito a ridurre i costi del fotovoltaico dell’82 % nell’ultimo decennio, trasformandolo in una delle fonti di energia elettrica piů competitive dell’UE.

Secondo i dati presentati giovedì1° febbraio a Roma, in un report della BEI56, con ben 89 operazioni firmate l’Italia ha ricevuto un volume complessivo di 12,2 miliardi di euro, in grado di attivare investimenti per circa 38 miliardi di euro. In altre parole, un euro ogni 6 erogati dal gruppo in Europa ha avuto come destinatari soggetti italiani.

I finanziamenti dedicati alla sostenibilità ambientale e sicurezza energetica nel Paese hanno superato di quasi 1,5 miliardi di euro i livelli record del 2022, portandosi a 7 miliardi di euro «Questa è la prova che l’economia italiana ha saputo creare progetti e iniziative di successo, capaci

di catalizzare fondi europet e usarli come moltiplicatori dell’investimento.

Di questi 7 miliardi, circa 3 sono stati dedicati a sostenere gli obiettivi di RePowerEu: risparmioenergetico, produzione di energia pulita, diversificazione dell’approvvigionamento energetico.

2. Come rinascono i pannelli fotovoltaici

Efficienti ed ecologici, i pannelli fotovoltaici sono tra gli strumenti più utilizzati per la produzione di energia pulita e il loro utilizzo continua a crescere in Italia sia in ambito domestico che industriale.

All’incremento della richiesta corrisponde la crescita della quantità di pannelli dismessi che il nostro Paese sarà chiamato a gestire: una sfida da affrontare in ottica circolare poiché, una volta conclusa la loro resa, i pannelli possono continuare il loro percorso di vita attraverso il processo di riciclo.

Il passaggio da un’economia lineare a una circolare, infatti, richiede un ripensamento dell’idea di risorsa: il rifiuto come materiale di scarto perde la sua ragion d’essere e viene invece reintrodotto nel processo produttivo, generando nuova ricchezza.

3. Quanti pannelli fotovoltaici ci sono e quanti ci saranno

Una montagna di pannelli fotovoltaici dismessi rischia di invadere le discariche nei prossimi due decenni. Se non c’è un’accelerazione nello sviluppo di tecnologie efficaci e impianti per il riciclo, secondo gli esperti, sarà un vero e proprio “tsunami”.

Per avere un’idea concreta della dimensione del fenomeno, sono sufficienti alcuni dati. La capacità attuale di produzione di energia solare globale è di oltre un terawatt. Se consideriamo che in media un pannello fotovoltaico ha la capacità di 400 watt, si parla di circa due miliardi e mezzo di pannelli solari finora installati in tutto il mondo. Solo in Italia, nel 2022, erano attivi circa un milione e 225mila pannelli fotovoltaici. Il 21% in più rispetto all’anno precedente, e in linea con la media globale del 22%. È un trend che sicuramente si confermerà nei prossimi decenni, quindi dobbiamo aspettarci una crescita costante.

Se li vediamo in ottica rifiuto, secondo gli esperti, entro il 2030 ci saranno almeno quattro milioni di tonnellate di pannelli dismessi. E la situazione sarebbe ancora gestibile: ma entro il 2050 si arriverebbe a oltre 200 milioni di tonnellate a livello globale. Per fare un paragone, in tutto il mondo si producono ogni anno 400 milioni di tonnellate di plastica: ed è un problema serissimo per il nostro pianeta.

Nel caso specifico dei pannelli, il riciclo di silicio, indio, gallio e altre materie prime da moduli fotovoltaici ha un altissimo potenziale: oltre il 95% viene indicato come tasso di riciclo raggiungibile, senza perdite economiche o anche con margini di profitto.

Oggi sono pochissimi gli impianti di riciclaggio
di questi componenti presenti in Italia.

Delle stime di Enel distribuzione, da qui al 2050 solo in Italia ci saranno da smaltire 2,1 milioni di tonnellate di pannelli solari.

Enel, insieme ad altre aziende e istituti di ricerca, partecipa al progetto europeo Photorama al fine di sviluppare tecnologie innovative per riciclare prodotti fotovoltaici a fine vita e scarti di produzione, e recuperare oltre il 95% delle materie prime secondarie per reintegrarle nella catena del valore della filiera fotovoltaica.

4. Fine vita pannelli fotovoltaici

I pannelli fotovoltaici hanno una vita media di 20 anni, limite oltre il quale smettono di produrre energia: la resa può ulteriormente ridursi a causa di eventuali danneggiamenti o per via dell’innovazione dei materiali che ne impongono una sostituzione.

Attualmente in Italia i pannelli dismessi sono conferiti in discarica: vengono recuperate le sole componenti preziose, come la cornice di alluminio, mentre tutto il resto viene triturato. Questo processo non è ottimale per il benessere ambientale ed economico: oltre alle modalità di smaltimento inquinanti, infatti, si registra un’importante perdita sul piano economico a causa dello spreco di utili materiali riciclabili.

Le politiche europee hanno imposto rigorosi limiti dell’utilizzo delle discariche, da intendersi come l’estrema ratio della gestione del rifiuto: così, negli ultimi anni, sono nati anche in Italia i primissimi impianti di riciclo e avvio al recupero. Una realtà destinata a consolidarsi, in linea con il piano d’azione dell’UE per l’economia circolare che mira ad azioni specifiche nel settore delle materie prime e, tra le sfide principali da affrontare, indica proprio l’aumento del loro recupero.

5. Processi di trattamento dei pannelli fotovoltaici

I processi in fase di studio per il trattamento dei pannelli a fine vita sono molteplici e dipendono dal tipo di tecnologie con cui sono fabbricati i pannelli che si andranno a recuperare.

I trattamenti attraverso i quali vengono trattati i pannelli a fine vita possono essere di tre tipi:

trattamento meccanico: comporta la rimozione del telaio e della scatola di giunzione, la triturazione e la selezione dei materiali che può avvenire con metodi diversi;

trattamento termico: comporta la decomposizione del materiale incapsulante e delle altre sostanze polimeriche: la cornice e il vetro sono riciclati mentre le celle devono passare per processi chimici;

trattamento chimico: utilizzo di sostanze chimiche che permette di recuperare la componente dei metalli.

Il trattamento può anche comprendere l’insieme dei tre processi, in questo caso ci si riferisce a processi upcycle: ossia a quel tipo di trattamento ad elevato contenuto tecnologico, in grado di garantire output di maggior valore.

6. Cosa c’è dentro un pannello solare e come recuperarlo

Riciclare i pannelli fotovoltaici e recuperare i materiali all’interno è imprescindibile. Dentro, ogni pannello c’è una piccola miniera. I materiali di maggior valore includono rame, argento, alluminio, vetro e silicio cristallino. Da un pannello fotovoltaico comune, di circa 22 kg di peso, è possibile recuperare mediamente 0,1 kg di schede elettriche, 0,2 kg di metalli vari, 1,7 kg di plastiche, 2,8 kg di silicio, 2,9 kg di alluminio, e 13,8 kg di vetro.

Questo è possibile solo se i pannelli sono in buone condizioni perché devono essere immessi integri nella linea di trattamento.

Nell’impianto della Sogliano Ambiente, nei pressi di Cesena, c’è una linea di trattamento al 100% meccanica e riesce a recuperare il 97% della componentistica del pannello fotovoltaico, a patto che siano fatti in silicio mono e poli-cristallo. Non un grosso problema, perché rappresentano il 94% dei pannelli solari installati in Italia.

Nei casi in cui i pannelli siano stati danneggiati da un incendio, dal crollo di un tetto, oppure siano realizzati in silicio amorfo o tellururio di cadmio, sono sottoposti a processi di tipo diverso, in quest’ultimo caso perché rientrano nella categoria dei rifiuti pericolosi. Sono processi molto costosi ma fortunatamente sono meno del 10% del totale.

Nel trattamento meccanico dei pannelli più comuni, invece, in una prima fase viene fatta la scorticatura dell’alluminio, sono rimossi cavi di connessione e la scatolina di giunzione. Dopodiché, il tappeto di vetro, plastica e celle solari viene processato in un macchinario che gratta via il vetro. Il pannello che rimane viene poi triturato e sottoposto a un setaccio molto più fine che separa la plastica Pet e Eva, le polveri di silicio e i connettori di rame.

7. Il mercato secondario dei materiali recuperati

Una volta recuperati, i materiali possono essere usati in tantissimi modi: tuttavia non è semplice. I pannelli solari sono progettati per resistere parecchi anni alle intemperie e sono particolarmente resistenti: non è facile romperli per togliere i vari elementi costitutivi. All’interno di ogni pannello solare ci sono, inoltre, solo piccoli frammenti di questi preziosi materiali: più del 60% del valore è contenuto nel 3% del suo peso. Oltretutto, si trovano a loro volta all’interno di altri componenti: insomma, un lavoro ostico.

Le tecnologie attuali, comunque, permettono di estrarre quasi la totalità dell’argento, del rame e dell’alluminio. Dopodiché possono essere direttamente impiegati per produrre nuovi pannelli solari.

Anche perché attualmente manca l’argento sufficiente a costruire lo sterminato esercito di pannelli solari di cui il mondo avrà bisogno per la transizione energetica. L’alluminio, invece, ha già un suo mercato ed è piuttosto facile da vendere . Le cose si complicano con il silicio, la plastica e il vetro. Il silicio va bene nelle fonderie, mentre non sempre ha la qualità sufficiente per essere usato in nuovi pannelli solari perché presenta parecchie impurità. Il riciclo della plastica, essendo un’accoppiata dei polimeri Pet e Eva, è altrettanto difficile. Con il vetro la situazione è ancora peggiore. Per prima cosa separarlo senza frantumarlo richiede una grande attenzione. E poi quello estratto non è quasi mai di una qualità sufficiente per essere usato in nuovi pannelli solari.

Però va benissimo per essere impiegato nella produzione di piastrelle o dalle aziende che si occupano di sabbiatura o, infine, mescolato con altri materiali per fare l’asfalto.

a) Il primo ostacolo: mancano le aziende per riciclarli

Il problema è che mancano aziende specializzate nel farlo su scala industriale. Nella maggior parte dei casi sono piccoli progetti di ricerca. Negli ultimi mesi, però, sono apparse le prime eccezioni. Le più rilevanti sono in Francia, dove ha aperto una fabbrica dedicata al riciclo dei pannelli solari a Grenoble, gestita dalla società Rosi. E negli Stati Uniti, a Yuma, nel deserto dell’Arizona. Lo stabilimento di Yuma riesce a processare 7.500 pannelli solari in un giorno e 30 milioni di chilogrammi di pannelli in un anno. Numeri molto inferiori per l’impianto francese, che l’hanno scorso è riuscito a riciclare circa 4.000 tonnellate ma, assicurano, la situazione cambierà nel futuro.

In Italia ci sono circa una decina di impianti di recupero, con differenti capacità produttive: dai 60 ai 200 pannelli processati in un’ora e con differenti livelli di qualità del prodotto finale.

b) Il secondo ostacolo: non è economicamente conveniente

Perché cresca il numero di aziende specializzate nel riciclo di pannelli solari, la precondizione, però, è ridurre i costi. Recuperare i componenti, come abbiamo visto, non è un processo semplice e quindi è sempre costoso: troppo, tanto da scoraggiare finora chiunque volesse cimentarsi, a parte i rari casi di cui abbiamo parlato. Finché conferire in discarica i pannelli solari dismessi è più vantaggioso, è impossibile sperare nel proliferare di nuove aziende.

Le attuali esperienze, quando non sono direttamente finanziate da fondi pubblici all’interno di progetti di ricerca, hanno altre fonti principali di guadagno. I costi, c’è da dire, sono molto influenzati dalla tecnologia usata.

Secondo alcune stime già nel 2030 il valore di mercato intorno ai materiali riciclati dai pannelli solari dovrebbe superare i 2,7 miliardi di dollari per arrivare nel 2050 a 80 miliardi. Gran parte di questo mercato, nell’Unione europea, dovrà passare da un modello lineare a un modello circolare, come richiesto dalla Waste Electrical and Electronic Waste Directive (WEEE).

8. L’economia circolare è l’unica soluzione sostenibile

Di sicuro, sviluppare l’economia circolare in questo settore sarà fondamentale: oltre alle ragioni economiche, c’è la sostenibilità ambientale. Se finiscono in discarica, tutti i materiali usati per costruire in pannelli solari andrebbero persi. Un’evidente contraddizione: si producono pannelli fotovoltaici per ridurre le emissioni di CO2 e poi si aumenta l’impronta di carbonio perché invece di recuperare i materiali si estraggono nuove materie prime, in particolare l’estrazione del silicio, che deriva dalla silice, a sua volta, composta di sabbia e quarzo.

La stessa gerarchia dei rifiuti, del resto, impone di evitare il più possibile il conferimento in discarica e per legge la presenza di questi elementi ne vieta anche l’invio negli inceneritori. In Puglia, inoltre, dove sono installati numerosi pannelli solari e nei prossimi quindici anni ci saranno almeno 300.000 tonnellate di rifiuti fotovoltaici, è partito un progetto, Parsival, finanziato a EIT Raw Materials, il cui obiettivo è creare una catena di valore circolare per il fotovoltaico. Mentre col riciclo, sebbene ci siano ovviamente degli impatti, la situazione migliora. L’impianto di Yuma (Arizona), per esempio, nei primi sei mesi di attività, ha permesso di risparmiare 650.000 tonnellate di anidride carbonica. Moltiplicare queste cifre per la quantità di pannelli solari prevista nei prossimi decenni basta a capire come il riciclo è una tappa obbligata della transizione energetica.

9. Costo in Italia lo smaltimento dei pannelli fotovoltaici.

La normativa sui RAEE regola le responsabilità dei costi in materia di smaltimento pannelli fotovoltaici che sono suddivisi in due categorie: domestici se con potenza inferiore ai 10 kW o professionali.

Il Mite, recependo le direttive della Legge 233/2021 di conversione del DL152/2021, ha pubblicato ad agosto 2022 la versione aggiornata delle Istruzioni Operative per la gestione e lo smaltimento dei pannelli fotovoltaici degli impianti incentivati in Conto Energia.

Le principali novità:

  1. la quota trattenuta dal GSE sia per gli impianti domestici (di potenza inferiore ai 10 KW) che per quelli professionali è di 10 Euro per ogni singolo modulo fotovoltaico a garanzia delle operazioni di smaltimento;

  2. sono introdotte nuove tempistiche e modalità per aderire a un Sistema Collettivo per la gestione e lo smaltimento dei pannelli, come previsto dal D.lgs. 118/2020. Questo anche per permettere l’opzione agli impianti del IV e V Conto Energia. Viene confermato un importo di  10 Euro per ogni singolo modulo fotovoltaico.

I rifiuti provenienti dall’installazione dei pannelli fotovoltaici sono per legge considerati RAEE, i pannelli fotovoltaici degli impianti incentivati in Conto Energia rientrano tra i RAEE, il GSE ha aggiornato le istruzioni per la gestione del “fine vita” dei pannelli ad uso domestico installati in impianti di potenza nominale inferiore a 10 Kw. Tutti gli altri, invece, cioè quelli con potenza nominale superiore o uguale a 10 kW rientrano tra i RAEE professionali.

I proprietari di pannelli ad uso domestico realizzati dopo il 2014, devono semplicemente rivolgersi al produttore, responsabile dello smaltimento dei moduli solari presso i centri di raccolta. Se la potenza dell’impianto (installato prima il 2014) supera i 10 kWp, i produttori saranno responsabili dello smaltimento solo se si sostituirà quello da smaltire con un nuovo sistema fotovoltaico. In alternativa sarà il proprietario a dover contattare un consorzio abilitato allo smaltimento.

Problema che invece non si presenta per tutti gli impianti installati dopo il 2014, di qualsiasi potenza, in quanto la responsabilità ricade comunque sul produttore che dovrà aderire a un Sistema Collettivo/Consorzio per la gestione del fine vita.

E’ importante a questo punto intervenire anche nella realizzazione di impianti destinati alla separazione dei vari componenti e al riciclo delle varie parti dei pannelli fotovoltaici fine vita.

Per lo smaltimento dei pannelli fotovoltaici, le linee guida GSE:

Le regole circa lo smaltimento dei RAEE provenienti dai pannelli fotovoltaici degli impianti incentivati in Conto Energia si trovano nelle “Istruzioni Operative per la gestione del fine vita dei pannelli fotovoltaici degli impianti incentivati in Conto Energia“, pubblicate dal GSE in recepimento delle norme introdotte dalla Legge 21 aprile 2023, n.41.

Capitolo V

Proposta di uno studio di fattibilità per la realizzazione di un impianto per il riciclo delle batterie presso Torrevaldaliga Nord.

Progetto realizzato dall’ ISTITUTO DI RICERCA DYRECTA LAB

PREMESSA:

Nell’Unione europea si producono ogni anno più di 2,2 miliardi di tonnellate di rifiuti. L’UE sta aggiornando la legislazione sulla gestione dei rifiuti per promuovere la transizione verso un’economia circolare, in alternativa all’attuale modello economico lineare.

A marzo 2020 la Commissione europea ha presentato, sotto il Green deal europeo in linea con la proposta per la nuova strategia industriale, il piano d’azione per una nuova economia circolare che include proposte sulla progettazione di prodotti più sostenibili, sulla riduzione dei rifiuti e sul dare più potere ai cittadini, come per esempio attraverso il ‘diritto alla riparazione’.

Nel febbraio 2021 il Parlamento europeo ha votato per il nuovo piano d’azione per l’economia circolare, chiedendo misure aggiuntive per raggiungere un’economia a zero emissioni di carbonio, sostenibile dal punto di vista ambientale, libera dalle sostanze tossiche e completamente circolare entro il 2050. Sono anche incluse norme più severe sul riciclo e obiettivi vincolanti per il 2030 sull’uso e l’impronta ecologica dei materiali.

Se nulla verrà fatto per aumentarne la vita utile, entro il 2025 ogni giorno si getteranno 78 milioni di batterie che alimentano i dispositivi dell’Internet degli oggetti (IoT, Internet of Things).

il Consiglio e il Parlamento europeo hanno raggiunto nel dicembre 2022 un accordo politico provvisorio su una proposta volta a rafforzare le norme di sostenibilità per le batterie e i rifiuti di batterie. Per la prima volta la legislazione disciplinerà l’intero ciclo di vita delle batterie, dalla produzione al riutilizzo e al riciclaggio, e garantirà che siano sicure, sostenibili e competitive.

L’accordo provvisorio raggiunto tra il Consiglio e il Parlamento si applicherà a tutte le batterie, compresi tutti i rifiuti di batterie portatili, di batterie per veicoli elettrici, di batterie industriali, di batterie per l’avviamento, l’illuminazione e l’accensione (SLI) — utilizzate principalmente per veicoli e macchinari — e le batterie per mezzi di trasporto leggeri (ad esempio biciclette elettriche, ciclomotori elettrici, monopattini elettrici). L’accordo prevede livelli minimi obbligatori di contenuto riciclato per le batterie industriali, le batterie per autoveicoli e le batterie per veicoli elettrici, inizialmente fissati al 16% per il cobalto, all’85% per il piombo, al 6% per il litio e al 6% per il nichel. Il regolamento stabilisce l’obbligo per le batterie di essere accompagnate da una documentazione relativa al contenuto riciclato. L’accordo fissa un obiettivo di efficienza del riciclaggio dell’80% per le batterie al nichel-cadmio entro il 2025 e del 50% per altri rifiuti di batterie entro il 2025 [14].

Un capitolo importante dell’impegno nel riciclo e nell’innovazione di Enel riguarda poi il riutilizzo delle batterie per veicoli elettrici, in particolare di auto Nissan Leaf che vengono riciclate e assemblate in un grande impianto stazionario di storage (cioè di accumulo dell’elettricità) per mantenere la stabilità della rete elettrica di Melilla. La città spagnola è situata sulla costa africana ed è separata dal resto della Spagna: e lo stesso vale per la sua rete elettrica locale, che è alimentata da una centrale termica ed è isolata rispetto alla rete di distribuzione nazionale. La soluzione ideata da Enel in collaborazione con Nissan prevede di riutilizzare e connettere tra loro oltre 90 batterie di auto elettriche, per un totale di potenza disponibile fino a 4 MW, con un’energia massima accumulata di 1,7 MWh. Sempre in Spagna, presso lo stabilimento di Compostilla, è in fase di progettazione un innovativo sistema per la gestione del fine vita delle batterie che prevede il loro riciclo attraverso fasi di scarico, smantellamento, frantumazione e selezione dei materiali per la loro reintroduzione in i cicli di produzione delle nuove batterie.

DURATA: 36 Mesi

AMBITO TECNOLOGICO:

Linee generali:

Industria del riciclaggio efficace, massimizzando il potenziale e la sicurezza dei materiali secondari e riducendo al minimo l’inquinamento (cicli di materiali non tossici), la perdita di qualità e quantità dopo il trattamento;

Fornitura sostenibile e sostituzione di materie prime, comprese le materie prime strategiche, lungo l’intera catena del valore.

SINTESI

In un contesto generale centrato sulla transizione ecologica e verso obiettivi di neutralità climatica, le batterie di accumulatori rappresentano un indispensabile sorgente di energia. In particolare, grazie alla loro spiccata capacità di stoccaggio di energia, le batterie agli ioni di litio costituiscono una tecnologia di alto valore di enorme utilità sia in ambito privato che industriale, la cui domanda è destinata ad aumentare. Alla luce di queste considerazioni, soluzioni e metodologie innovative orientate ai processi di riciclo delle batterie diventano sempre più richieste, con l’obiettivo di reintrodurre batterie esauste nel contesto di economia circolare, riducendo di conseguenza, la necessità di approvvigionamento di materie prime. Tuttavia il processo di riciclo industriale di batterie al litio non è esente da sfide connesse sia alla complessità dei componenti che costituiscono le batterie stesse, che all’impatto sull’ambiente dello stesso processo di riciclo. Il riciclo delle batterie è attualmente supportato dalle normative europee orientate alla riduzione dell’impatto ambientale delle stesse e dei rischi per la salute umana [1]. Per questo motivo risulta essere di fondamentale importanza la progettazione e lo sviluppo di soluzioni per il riciclo ed il recupero dei materiali attivi delle batterie agli ioni di litio, prendendo in esame approcci eco-sostenibili in grado di indirizzare problematiche di carattere ambientale e connesse alla sicurezza, garantendo un livello elevato di qualità nei materiali recuperati.

In questo contesto, il progetto si propone di studiare i processi di riciclo, sia a livello di laboratorio che a scala industriale, e di realizzare un impianto pilota per il riciclo dei materiali attivi dalle batterie al litio esauste. Nello specifico viene proposta una soluzione che intende migliorare il processo di riciclo in tutte le sue fasi, dalle operazioni di pre-trattamento fino al recupero finale dei materiali attivi.

Nella figura seguente viene presentata l’architettura comprensiva dei moduli che costituiscono la soluzione progettuale.

Figura 1 Architettura sistema progettuale

I moduli principali che costituiscono l’architettura del sistema progettuale possono essere sintetizzati come segue:

Pretrattamento al riciclo di batterie esauste;

Processo di estrazione dei metalli ad alto valore;

Metodologie basate su approcci green per il recupero di materiali;

Impianto pilota per il recupero dei metalli.

Figura 2 Dettaglio moduli del sistema progettuale

Di seguito vengono esplicitati i diversi contributi dei partner nel progetto:

Lo Studio si occuperà della progettazione e realizzazione delle operazioni di pre-trattamento delle batterie esauste, inclusa la fase di scarica totale, il disassemblaggio meccanico e la separazione dei componenti. L’azienda sarà impegnata nella realizzazione di un impianto pilota per il riciclo ed il recupero dei metalli, ad una scala diversa da quella di laboratorio, all’interno di un contesto operativo che comprende interventi di triturazione, movimentazione, evaporazione, filtraggio e setacciatura;

Lo Studio provvederà a progettare e realizzare soluzioni a scala di laboratorio, finalizzate all’estrazione dei metalli ad alto valore, mediante tecniche chimico-fisiche e preservando la qualità dei componenti di partenza;

Lo Studio sarà impegnato nella definizione delle metodologie di riciclo dei componenti di batterie, con particolare attenzione all’impiego di approcci eco-sostenibili e green.

L’Osservatorio ricoprirà il ruolo di consulente e contribuirà alla progettazione e realizzazione di:

soluzioni avanzate per il controllo ed il monitoraggio dei processi di pre-trattamento;

soluzioni avanzate per il controllo ed il monitoraggio dei processi di estrazione in sicurezza dei metalli dalla componente elettrodica della batteria, compreso il recupero dell’elettrolita ed altri elementi, a scala di laboratorio;

soluzioni avanzate per il controllo ed il monitoraggio dei processi di recupero e di caratterizzazione dei metalli estratti, a scala industriale.

FINALITA’

Il progetto intende progettare e realizzare un impianto pilota per il recupero di metalli a partire da batterie al litio in smaltimento, con l’impiego di strumenti e tecnologie green. L’impianto prevederà un sistema di gestione dei flussi operativi e di monitoraggio dei processi chimico-fisici di riferimento.

La proposta progettuale risponde alla necessità di implementare processi metallurgici di recupero metalli su un impianto pilota scalabile a livello industriale, diverso quindi dal contesto di laboratorio che caratterizza gran parte degli approcci innovativi finora sperimentati. Un ulteriore elemento di originalità del progetto è costituito dall’inclusione di approcci metallurgici che prevedono la sperimentazione di diverse sostanze per il trattamento dei materiali, limitando quindi l’impiego di solventi ed altre sostanze ad enorme impatto ambientale. Attraverso la realizzazione dei sistemi di controllo dei processi, la soluzione progettuale si doterà di tecnologie innovative per l’ottimizzazione dell’uso di risorse naturali – in particolare dell’acqua.

Il volume delle batterie esauste, come ad esempio quelle al Li, è destinato ad aumentare; attualmente il riciclo delle batterie esauste riguarda meno del 6% delle batterie al Li, mentre la maggior parte delle stesse contribuisce ad accrescere le discariche e ad impattare negativamente sull’ambiente, a causa della presenza di materiali tossici ed elettroliti infiammabili che possono reagire con l’acqua con successivo rilascio di gas pericolosi [2]. I metalli estratti dalle batterie costituiscono una sorgente secondaria per la produzione di batterie al Li ed una possibilità di conservazione delle risorse naturali in esaurimento.

Gli elementi impiegati nella produzione di batterie al Li sono disponibili ed estratti in un numero limitato di regioni geografiche nel mondo. A livello mondiale i maggiori produttori di elementi preziosi per le batterie al Li sono:

la repubblica del Congo, che produce circa il 60% del Co;

la Cina, che produce il 70% di grafite;

l’Australia ed il Cile, produttori dell’80% del Li.

Si osserva inoltre che la produzione di batterie agli ioni di Li è stata di recente criticata per il suo impatto sociale negativo durante il loro ciclo di vita, in particolare il lavoro minorile e le dure condizioni di lavoro che caratterizzano le attività di estrazione del cobalto.

Sulla base di queste premesse, si sottolinea come la finalità principale del progetto sia quella di introdurre sul mercato una soluzione prototipale completa, idonea al recupero dei metalli dalle batterie agli ioni di litio esauste. Il contesto di riferimento del progetto è quello di una realtà caratterizzata da: 1) dal bisogno di inserire la soluzione industriale di riciclo in un contesto di economia circolare e di conservazione delle risorse naturali, 2) necessità di favorire il reperimento di materiali all’interno dell’Unione Europea, limitando in questo modo il bisogno di approvvigionamento di Co dal Congo e da altri territori che presentano considerevoli problemi geopolitici.

Essendo incentrato sui processi di riciclo, il progetto si propone di colmare il reperimento di metalli ad elevata purezza, condizione questa fondamentale per la produzione di batterie elettriche agli ioni di Li. Risulta pertanto fondamentale individuare solventi e sostanze che siano in grado sia di limitare l’impatto sulla salute umana e sull’ambiente, che di condurre all’estrazione di metalli ad elevata purezza.

Grazie all’introduzione di automatismi e strumenti avanzati di controllo e monitoraggio, il progetto si propone di migliorare le fasi tradizionali di trattamento meccanico e chimico dei componenti delle batterie al litio e di mettere a punto nuovi workflow che rendono l’intero processo di riciclo più efficiente.

OBIETTIVO FINALE DEL PROGETTO

Il progetto si propone di sviluppare un impianto pilota nel settore del riciclo industriale, con finalità di recupero di metalli ad elevato valore (Co, Li, Mn, Ni ed altri) da batterie al Li esauste. L’obiettivo finale del progetto è quello di sviluppare una soluzione di riciclo tecnologicamente avanzata, orientata ai principi di eco-sostenibilità e di economia circolare, dotata di sistemi di controllo e monitoraggio dei processi interessati.

La soluzione progettuale sarà progettata e realizzata tenendo conto dei seguenti moduli:

modulo relativo al pre-trattamento delle batterie di accumulatori al Li esauste;

modulo associato all’estrazione dei metalli;

modulo metodologico di recupero materiali mediante approcci green;

modulo relativo alla realizzazione dell’impianto pilota.

I moduli sviluppati saranno dotati di sistemi per il monitoraggio dei parametri associati ai processi coinvolti, i quali verranno misurati attraverso apposita sensoristica. Ogni modulo comprenderà tutti gli elementi necessari al loro corretto funzionamento (macchinari, circuiti elettrici, circuiti idraulici, centraline). Ogni modulo prevede l’integrazione di soluzioni hardware e software con interfacce grafiche di supporto all’attivazione / azionamento di determinate apparecchiature, alla visualizzazione dei dati acquisiti / trasmessi, al loro andamento nel tempo in relazione a fasi specifiche del processo di riciclo.

Grazie alla presenza del modulo di gestione dei task saranno individuati ed implementati i criteri opportuni per la transizione da una fase ad un’altra del processo di riciclo. In questo modo l’impianto pilota risulterà rafforzato dalla presenza di un’infrastruttura digitale di supporto al controllo della qualità dei processi, delle risorse impiegate e, nel complesso, della produzione. Ciò consentirà di orientare la soluzione progettuale anche ad altri settori industriali, diversi da quello del riciclo di batterie, centrati sulla definizione di processi tecnologici complessi.

Particolare attenzione sarà prestata all’incremento di efficienza del processo di riciclo all’interno della linea produttiva e alla sicurezza nell’impianto. L’ottimizzazione dell’efficienza sarà garantita grazie alla presenza di approcci basati su intelligenza artificiale che permetteranno di pianificare automaticamente il flusso dei processi in modo tale da raggiungere un incremento complessivo di efficienza nella produzione.

L’analisi della letteratura di riferimento ha messo in luce alcune problematiche connesse al processo di riciclo delle batterie al Li, sia sul piano tecnico-scientifico che tecnologico. Uno dei problemi tecnologici, non ancora del tutto risolto, da considerare quando di intendono realizzare impianti di riciclo delle batterie al Li riguarda il processo metallurgico, il quale può essere contraddistinto da una direzione “idrometallurgica” (estrazione di metalli mediante soluzioni acquose) o “pirometallurgica” (estrazione di metalli mediante l’impiego delle alte temperature) [3]. Entrambe queste direzioni costituiscono oggigiorno approcci consolidati che però non sono esenti da preoccupazioni di carattere ambientale. Il processo pirometallurgico produce una lega di metalli (Cu, Co, Ni ed altro) i quali vengono successivamente recuperati per lisciviazione. Si tratta di un processo che non è né economico né ad alta efficienza energetica; inoltre, esso richiede operazioni di filtraggio del gas per evitare il rilascio di prodotti potenzialmente tossici. Ciononostante l’interesse verso il processo pirometallurgico resta abbastanza alto soprattutto per le batterie contenenti metalli preziosi come Co e Ni. All’interno del processo idrometallurgico risulta fondamentale l’impiego di solventi e acidi per il recupero dei metalli dalla soluzione per lisciviazione. Nonostante quest’ultima sia un’operazione a basso consumo energetico, possono essere necessarie operazioni di trattamento sia dei gas tossici emessi che delle acque reflue prodotte [4].

Per questo motivo la definizione di nuove alternative metodologiche più green, che considerano anche la combinazione delle due direzioni summenzionate, costituisce uno stimolo ed una sfida, costituendo un nuovo ambito di ricerca in questo settore. Una alternativa in questo senso è costituita dal processo di lisciviazione biologica che consente l’estrazione di metalli preziosi sfruttando i processi naturali di interazione tra microbi e minerali. In questo caso è fondamentale potenziare la cinetica del processo idro-metallurgico andando ad individuare le condizioni sperimentali in grado di favorire la crescita di microbi, in relazione a temperatura, pH della soluzione acquosa, potenziale redox ed altro. Accanto a queste problematiche, è necessario riportare anche gli aspetti di criticità dei processi di recupero eco-sostenibili, che prevedono la separazione delle polveri attive dai relativi supporti solidi mediante opportuni solventi. Si tratta di operazioni che coinvolgono l’ambito di gestione dei rischi chimici richiamando la legislazione ambientale di riferimento inerente al riciclo delle batterie la Li.

Bisogna inoltre sottolineare le difficoltà connesse al conseguimento di un approccio di economia circolare e ad una standardizzazione del processo di recupero eco-sostenibile delle batterie al Li data la difficoltà di riciclo totale di tutti i componenti della batteria.

Un ulteriore aspetto di carattere tecnologico riguarda la purezza dei metalli estratti: infatti i metalli impiegati all’interno delle batterie di accumulatori richiedono un livello di purezza elevato. Uno dei solventi più impiegati è l’NMP (N-metil-2-pirrolidone), il cui utilizzo, nonostante i numerosi vantaggi tecnici, è sottoposto a crescente attenzione dagli organi internazionali di controllo sulla sicurezza chimica, essendo questo un composto organico volatile. È comprovata l’impatto negativo che questo composto ha sulla sicurezza e sulla salute umana, tanto che l’agenzia europea ECHA (European Chemicals Agency) lo ha recentemente sottoposto ad osservazione. Queste considerazioni sottolineano la necessità di definire un processo metallurgico che sia da un lato eco-sostenibile in termini di risorse impiegate ed impatto ambientale, dall’altro dotato di elevata purezza. Alla luce di questo, si sottolinea l’importanza di investire nella definizione di un processo metallurgico ottimale che consenta di ottenere metalli ad elevata purezza, anche attraverso l’impiego di appositi solventi.

Sempre in ottica di ottimizzazione delle risorse, verranno studiate e analizzate le possibilità di riuso delle batterie prima di essere sottoposte al processo di riciclo. Si prenderà in esame l’esistenza delle condizioni per allungare la vita utile delle batterie usate. L’eventuale riuso delle batterie di accumulatori richiede la conoscenza del livello di carica residua, in fase di pre-trattamento delle stesse. Il progetto prevede l’uso di strumenti analitici avanzati per il miglioramento delle operazioni di riciclo, come ad esempio per la determinazione dei livelli di carica [5].

GRADO DI INNOVAZIONE:

Il progetto punta alla realizzazione di un impianto pilota per il riciclo dei materiali di batterie esauste in smaltimento. In particolare, l’innovazione di processo di riciclo che verrà introdotta attraverso il progetto REBATT consentirà di recuperare i metalli attraverso approcci green che riducono sia lo sfruttamento delle risorse naturali (in particolare dell’acqua) che l’impatto sull’ambiente.

Non esiste una soluzione unica per la progettazione, a livello industriale, di un impianto di riciclaggio di metalli da batterie elettriche; generalmente un tale impianto include fasi di pre-triturazione e rimozione manuale di materiale pericoloso, per poi avviare una fase successiva di sminuzzamento finalizzata al ridimensionamento del materiale per renderlo idoneo ad un’ulteriore cernita. L’approccio tradizionale prevede l’inclusione di un magnete per la rimozione della frazione ferrosa, quindi il materiale viene vagliato per garantire una selezione più efficiente basata su sensori. Con questo progetto, si intendono esplorare nuovi approcci avanzati che consentono di incrementare l’efficienza dei processi a sostegno di una produzione su scala industriale. A questo scopo verranno approfondite le tecniche LIBS (descritte nel paragrafo 7, parte II) che utilizzano l’emissione spettrale del plasma generato dai processi di fusione, vaporizzazione e ionizzazione dei materiali ottenuti, focalizzando potenti impulsi laser sulla superficie dei metalli. L’analisi spettroscopica della radiazione emessa dal plasma consente l’identificazione di specifiche caratteristiche spettrali caratterizzanti diversi materiali in modo da consentirne l’accurata identificazione e selezione. Per questo motivo queste tecniche risultano particolarmente utili all’interno dei processi di riciclo che interessano metalli ad alto valore, ed in particolare nei processi di separazione dei materiali.

Per quanto riguarda il controllo dei processi, attraverso il progetto si intendono esaminare e progettare soluzioni tecnologiche innovative che impiegano strumentazioni e sensoristica avanzata. In particolare, verranno sfruttate le capacità dei sensori ottici di discriminare i materiali, considerando la spettroscopia NIR, MIR e Raman. La spettroscopia Raman è una tecnica molecolare basata sulla diffusione anelastica della luce (il cosiddetto effetto Raman). Quando i fotoni interagiscono con un determinato campione, la maggior parte di essi viene diffusa elasticamente, motivo per cui essi vengono comunemente chiamati fotoni di Rayleigh; soltanto una piccola porzione dei fotoni risulta diffusa anelasticamente. In virtù della sua capacità di analisi dei materiali polimerici, anch’essi inclusi nei componenti delle batterie esauste e potenzialmente costituenti materiale di riciclo, la spettroscopia Raman costituisce un buon candidato per applicazioni di monitoraggio dei processi di riciclo. Lo scattering Raman produce componenti diffusi con frequenze ottiche e lunghezze d’onda sostanzialmente modificate. Quantificando questi spostamenti è possibile ricavare informazioni sull’identità molecolare e sulla struttura dei campioni nella regione MIR.

Attraverso il progetto si prevede di realizzare un impianto pilota di trattamento di rifiuti e separazione dei materiali provenienti da una batteria elettrica esausta, come ad esempio una batteria agli ioni di litio, in modo che ogni elemento riciclabile possa essere riutilizzato in una nuova batteria. L’impianto pilota potrà beneficiare quindi del contributo innovativo legato alla combinazione di diverse tecnologie e condurrà di conseguenza ad un incremento di efficienza dei processi di recupero.

IMPATTO DEL PROGETTO:

Settore di destinazione dei risultati del progetto e caratteristiche del mercato

La batteria costituisce la parte più complessa e costosa delle auto elettriche in quanto, ad oggi, è il principale limite alla competitività economica con i veicoli a combustione interna. Il riciclo delle batterie rappresenta un’importante sfida per ottimizzare l’utilizzo delle risorse e promuovere un’economia circolare. La tecnologia oggi garantisce un adeguato e sicuro smaltimento delle batterie, ma il passo successivo è riuscire a trasformare le batterie esauste in elementi utili per altre applicazioni. In particolare, il mercato delle auto elettriche ha determinato una spinta senza precedenti verso un utilizzo su larga scala delle batterie, per lo più della tipologia agli ioni di litio, con conseguenti benefici per l’ambiente in termini di emissioni inquinanti. Il litio, componente principale delle batterie ha subito un aumento smisurato della domanda e, vista la scarsità dell’offerta, ciò ha portato anche a un considerevole aumento del prezzo e a una ricerca febbrile di nuovi giacimenti. Secondo gli esperti, nei prossimi anni, la domanda è destinata ad aumentare considerevolmente sotto la spinta dei produttori di auto elettriche, intenzionati ad aumentare in modo significativo la produzione di veicoli a zero emissioni.

Il mercato delle batterie ricaricabili è il settore più grande e più in crescita soprattutto per il cobalto. La domanda è attualmente guidata dal settore automobilistico, dove il consumo di cobalto è spinto dall’uso di materiali catodici (nickel-manganese-cobalto) che rendono le batterie più dinamiche alla ricarica, più affidabili e con una maggiore durata della vita. Il cobalto, elemento chiave per le batterie al litio, sta beneficiando della forte crescita delle batterie ricaricabili. Il prezzo del cobalto, infatti, ha accelerato la sua salita da inizio 2021, raggiungendo il prezzo di circa 47.000 dollari a tonnellata.

L’aumento smisurato del prezzo è anche dovuto anche al fatto che, il processo di estrazione del cobalto presenta due importanti problematiche, la cui riduzione verrebbe incentivata dal riciclo dello stesso: è energivoro e richiede esplosioni continue, che rilasciano nell’atmosfera polveri e particolati che sono la causa di infezioni polmonari e malformazioni congenite nei neonati; è anche legato a numerosi scandali di sfruttamento minorile nelle miniere del Congo. La Repubblica Democratica del Congo è un’area estremamente delicata ed instabile in cui permane un forte clima di violenza generalizzata, una corruzione radicata ad ogni livello della società e il saccheggio incontrollato delle risorse, portato avanti in particolar modo da imprese straniere. La condizione della Repubblica Democratica del Congo, rende l’approvvigionamento del cobalto suscettibile all’instabilità locale, oltre che al ruolo della Cina nella catena globale del valore. Per questi motivi è importante trovare soluzioni differenti all’uso del cobalto o che implementino il riciclo di quello già presente nelle batterie in disuso.

La corsa al reperimento di cobalto e il conseguente aumento del prezzo di vendita è dovuto alla varietà degli utilizzi del cobalto: oltre ad essere un componente fondamentale per la batteria al litio, è un elemento chiave anche per gli accumulatori di energia usati per stipare l’energia prodotta da fonti eoliche e/o solari, come materiale per le turbine e i motori aerei, come super conduttore negli apparecchi tecnologici e nei cellulari. Grazie ai suoi pigmenti unici, il cobalto nel corso degli anni è stato utilizzato per decorare la ceramica e fornire al vetro il colore. Il cobalto è utilizzato anche nel settore sanitario per la realizzazione di impianti protesici e nei macchinari per le risonanze magnetiche. È associato al trattamento del cancro in radioterapia e viene anche usato per rilevare alcuni tumori e metastasi.

Negli scenari futuri possibili, l’offerta di cobalto dovrebbe essere adeguata alla domanda nel breve periodo, ma si calcola che dal 2030 l’offerta non riuscirà più a stare dietro alla domanda e che entro il 2060 la domanda cumulata possa eccedere del 40% le riserve disponibili.

Il gap tra domanda e offerta si sta già allargando, mentre il mercato delle batterie è in rapidissima espansione: è importante valutare iniziative quali la promozione dell’estrazione di cobalto domestica, in paesi come la Finlandia che ne possiede alcune riserve sotterranee o investendo nella ricerca nel sottosuolo; assicurarsi che le batterie esauste siano raccolte correttamente per provvedere al riciclo degli elementi. In particolare si punta sul riciclo del cobalto, raro e costoso metallo e fondamentale per la possibilità di produzione di batterie nel futuro.

A tal proposito, il Consiglio e il Parlamento europeo hanno raggiunto nel dicembre 2022 un accordo politico provvisorio su una proposta volta a rafforzare le norme di sostenibilità per le batterie e i rifiuti di batterie. Per la prima volta la legislazione disciplinerà l’intero ciclo di vita delle batterie, dalla produzione al riutilizzo e al riciclaggio, e garantirà che siano sicure, sostenibili e competitive.

L’accordo provvisorio raggiunto tra il Consiglio e il Parlamento si applicherà a tutte le batterie, compresi tutti i rifiuti di batterie portatili, di batterie per veicoli elettrici, di batterie industriali, di batterie per l’avviamento, l’illuminazione e l’accensione (SLI) — utilizzate principalmente per veicoli e macchinari — e le batterie per mezzi di trasporto leggeri (ad esempio biciclette elettriche, ciclomotori elettrici, monopattini elettrici). L’accordo prevede livelli minimi obbligatori di contenuto riciclato per le batterie industriali, le batterie per autoveicoli e le batterie per veicoli elettrici, inizialmente fissati al 16% per il cobalto, all’85% per il piombo, al 6% per il litio e al 6% per il nichel. Il regolamento stabilisce l’obbligo per le batterie di essere accompagnate da una documentazione relativa al contenuto riciclato. L’accordo fissa un obiettivo di efficienza del riciclaggio dell’80% per le batterie al nichel-cadmio entro il 2025 e del 50% per altri rifiuti di batterie entro il 2025 [14].

Un componente essenziale sia delle batterie agli ioni di litio che delle batterie a base di cobalto è il manganese. Il manganese ha una filiera di approvvigionamento che non presenta particolari problemi perché viene estratto in numerosi paesi tra cui Sud Africa, Brasile e Australia. Il problema relativo a questo elemento sta nel fatto che è necessario venga raffinato in solfato ad alta purezza. Non vi è quindi carenza di solfato di manganese, ma della capacità produttiva per trasformarlo in quello ad alta purezza in modo che possa essere utilizzato nelle batterie onde evitare malfunzionamenti e il surriscaldamento della stessa. È per questo motivo che il solfato di manganese si è unito al riciclo delle materie prime con prezzi aumentati del 30% nei primi sei mesi del 2021, passando da 867 a 1128 $/tonn [15]. Come per il cobalto, la situazione geopolitica risulta essere un’importante criticità. Preoccupa il ruolo attuale e prospettico della Cina che sta rafforzando la sua già forte presa sulla catena del valore globale del manganese, mettendo in allarme le aziende di tutto il mondo che dipendono da questo metallo. Infatti, il 90% della capacità globale di produzione di solfato di manganese ad alta purezza è concentrata in Cina, cosa che potrebbe portare ad una dipendenza dalla Cina dei produttori di auto elettriche simile a quella per il cobalto nella Repubblica Democratica del Congo.

Un minerale di grande attualità per la transizione green, e in particolare per le batterie delle auto elettriche, è il nickel. Il nickel è quell’elemento che favorisce densità energetiche più elevate, aumentando l’autonomia di guida e diminuendo tempi di ricarica e peso dei veicoli a prezzi relativamente bassi. L’offerta di nickel è piuttosto concentrata. I più grandi produttori sono Indonesia, Filippine e Russia. Il nickel “di miniera” deve poi essere raffinato e non sempre i luoghi di estrazione corrispondono con quelli di raffinazione, dove viene creato il maggior valore aggiunto. Maggiore raffinatore di nickel è la Cina, seguita dalla Russia e dal Brasile. L’estrazione del Nickel presenta gravi costi ambientali e sanitari. La popolazione e i lavoratori sono affetti da problemi respiratori e patologie legate all’inquinamento generato dall’estrazione che provoca anche un impatto significativo sulle foreste circostanti, con effetti disastrosi sulla vegetazione e sulla fertilità del suolo [16]. Dal punto di vista geopolitico, pesano gli effetti della guerra in Ucraina e delle sanzioni alla Russia che ha fatto registrare un incremento spropositato del costo del nickel e di altre materie prime. Questo aumento rischia di condizionare fortemente i costi di produzione delle batterie elettriche e l’intero settore automotive già alle prese con blocchi della produzione in Russia e in vari stabilimenti europei. Prima della crisi dovuta al conflitto tra Russia e Ucraina, infatti, il prezzo di questa materia prima si aggirava intorno ai 20 mila dollari a tonnellata. A seguito dell’invasione russa dell’Ucraina e di tutto quello che è accaduto successivamente, il prezzo del Nichel è aumentato del +197% rendendo insostenibili i precedenti equilibri del mercato [17].

Capitolo VI

Proposta di uno studio di fattibilità per la realizzazione presso la banchina carbonifera di una area cantieristica dedicata alla riconfigurazione dell’efficienza energetica nelle navi.

Shipping for Fit for 55

Loyd’ s Register, il 31 gennaio 2024, ha pubblicato un nuovo rapporto, che è molto interessante, per l’argomento di cui trattiamo: “Shipping at Fit for 55: Managing compliance and optimising operations under the EU’s new regime”57

Dal 1 gennaio 2024 il settore marittimo è incluso nel sistema UE sulle Emissioni Trading System (ETS) 58. A partire da settembre 2025, bisognerà essere conformi al sistema ETS dell’UE e si dovranno restituire un numero sufficiente di quote di carbonio, scambiate tramite l’European Energy Exchange. Il mancato rispetto, comporterà annualmente una penalità in aggiunta all’indennità UE dovuta.

Inoltre a a partire dal 1 gennaio 2025, verrà applicato il nuovo Regolamento sui Fuel EU Maritime, con le navi che dovranno migliorare nel ciclo di vita dei gas serra (GHG).

l’intensità delle emissioni di CO2 che utilizzano saranno soggette a sanzioni.

Le prime penali, da pagare entro giugno 2026, saranno per coloro che non riescono a ridurre l’intensità delle emissioni di gas serra nel 2025 di almeno il 2% rispetto al 2020.

Ulteriori novità del Regolamento FuelEU a partire dal 2030, con l’ obbligo per le navi container e passeggeri di utilizzare alimentazione elettrica onshore (OPS) o un’alternativa a zero emissioni

nei principali porti europei. Tale requisito sarà esteso a una gamma più ampia di porti a partire dal 2035, entro il quale tutte le compagnie di navigazione saranno soggette a se l’intensità annuale dei gas a effetto serra non è inferiore del 14,5 di quello che era nel 2020.

L’inclusione del trasporto marittimo nel sistema EU ETS rientra nel pacchetto europeo ‘Fit for 55’, che mira a ridurre del 55% le emissioni dell’UE entro il 2030. Come anche la previsione del sistema penalty driven nel Regolamento FuelEU59,

L’EU ETS funziona secondo il principio “cap and trade”. Un tetto è un limite fissato alla quantità totale di gas serra che possono essere emessi dagli impianti e dagli operatori aerei coperti dal sistema. Il tetto viene ridotto ogni anno in linea con l’obiettivo climatico dell’UE, garantendo che le emissioni diminuiscano nel tempo. Dal 2005, l’EU ETS ha contribuito a ridurre del 37% le emissioni degli impianti elettrici e industriali.

Il tetto è espresso in quote di emissione, dove una quota dà il diritto di emettere una tonnellata di CO 2 eq (biossido di carbonio equivalente). Per ogni anno, le aziende devono restituire quote sufficienti per contabilizzare interamente le loro emissioni , altrimenti vengono imposte pesanti multe.

All’interno del tetto, le aziende acquistano principalmente quote sul mercato del carbonio dell’UE, ma ricevono anche alcune quote gratuitamente . Le aziende possono anche scambiarsi le quote tra loro, se necessario. Se un impianto o un operatore riduce le proprie emissioni, può conservare le quote di riserva da utilizzare in futuro oppure venderle.

La riduzione del tetto offre alle aziende la certezza sulla scarsità delle quote a lungo termine e garantisce che le quote abbiano un valore di mercato. Il prezzo delle quote funge da incentivo per le aziende a ridurre le emissioni come e dove costa meno farlo. Determina inoltre le entrate che l’EU ETS genera dalla vendita delle quote. Dal 2013, l’EU ETS ha generato entrate per oltre 152 miliardi di euro.

1. Il REFRESH dell’Unione Europea (Green retrofitting of existing ships).

La navigazione è la linfa vitale dell’economia moderna ed è essenziale per le imprese europee. A seguito di rigorosi regolamenti imposti dall’Organizzazione marittima internazionale (IMO), alcuni scienziati finanziati dall’UE hanno lavorato su modalità capaci di mitigare l’impatto ambientale di tale industria. Sul settore marittimo si moltiplicano le pressioni perché riduca le sue emissione di gas a effetto serra; gli operatori sono di fronte a richieste urgenti di pratiche più ecocompatibili e, al contempo, alla necessità di conservare la redditività. Tale sfida è stata affrontata dal progetto REFRESH, partito nel 2015 e finanziato dall’UE, che si è occupato della flotta mercantile esistente, rendendo l’efficienza energetica un elemento integrante del ciclo utile della nave.

Il progetto puntava a fornire strumenti per quantificare la gestione energetica a bordo delle navi mercantili e a migliorare le metodologie di monitoraggio basate sulla raccolta di dati d’esercizio. I dati risultati sono serviti d’appoggio per la formulazione di decisioni nel medio e lungo termine e per la redazione di linee guida pratiche relative alla riconfigurazione ecologica delle imbarcazioni.

Per valutare la situazione attuale delle navi esistenti, i ricercatori hanno svolto verifiche energetiche a bordo, rivelatesi utili a identificare soluzioni tecniche per razionalizzare il consumo di energia e stilare specifiche tecniche di cantiere, al fine di introdurre tali modifiche nei progetti di riconfigurazione. Grazie a REFRESH, le navi di nuova costruzione rispetteranno i regolamenti ambientali fin dal varo, e produrranno un minore impatto ambientale e saranno maggiormente efficienti in termini di carburante, rispetto alle imbarcazioni esistenti. REFRESH è anche riuscito a risolvere alcuni aspetti legati alla riconfigurazione, essenziali per migliorare l’efficienza energetica a bordo delle navi già attive.

2. La strategia del green deal europeo per il settore marittimo: gli interventi normativi più recenti dell’Ue

Per quanto, al momento, non si possa ancora ritenere configurabile una normativa nazionale unitaria sul tema è interessante evidenziare il sempre maggior impegno di cantieri navali e nautici italiani nell’adozione di strategie c.d. green per la costruzione e/o il refitting di navi e imbarcazioni all’insegna della sostenibilità, che, di fatto, tengono già conto delle disposizioni europee esistenti.

Tra i primi interventi in materia si segnala il cd. Winter package o Clean energy package, pacchetto legislativo adottato dalle Istituzioni europee tra la fine del 2018 e la prima metà del 2019, con il quale è stato fissato il quadro regolatorio della governance dell’Unione per l’energia e il clima, funzionale al raggiungimento nel 2030 dei nuovi obiettivi europei in materia ed al percorso di decarbonizzazione entro il 2050.

Tale meccanismo di governance prevede, in sintesi, che ciascuno Stato membro sia chiamato a contribuire al raggiungimento degli obiettivi comuni attraverso la fissazione di propri target 2030. A tale fine, sono preordinati i Piani nazionali integrati per l’energia e il clima – PNIEC, che interessano periodi di dieci anni a partire dal decennio 2021-2030.

Nel mese di Gennaio 2020, con la comunicazione sul Green Deal (COM (2019)640), la Commissione, superando quanto già stabilito dal Quadro 2030 per il clima e l’energia, ha delineato una roadmap volta a rafforzare l’ecosostenibilità dell’economia dell’Unione europea attraverso un ampio spettro di interventi che insistono prioritariamente sulle competenze degli Stati membri e interessano prevalentemente l’energia, l’industria, la mobilità e l’agricoltura.

Le Istituzioni europee hanno costantemente ribadito, anche nel recente Regolamento UE/2021/241 istitutivo del Dispositivo per la Ripresa e la Resilienza, le priorità del piano: sostenere la transizione verde e la trasformazione digitale nonché promuovere una crescita sostenibile anche nel settore più specifico dei trasporti via mare.

Invero, già nel mese di settembre 2020 il Parlamento europeo, nel corso della votazione relativa agli emendamenti sulla proposta di modifica del regolamento (UE) 2015/757 concernente il monitoraggio, la comunicazione e la verifica delle emissioni di anidride carbonica generate dal trasporto marittimo (cfr “Regolamento MRV dell’UE”), ha votato a favore dell’inclusione delle emissioni di gas a effetto serra del settore marittimo nel sistema di scambio di quote dell’UE a partire dal 1° Gennaio 2022.

Alla base di questo risultato ha assunto rilievo l’obiettivo di efficienza dei gas serra del -40% per le compagnie di navigazione, “da raggiungere gradualmente entro il 2030, nell’ambito della revisione del sistema di monitoraggio, comunicazione e verifica (MRV) dell’UE per le emissioni delle navi”.

Nel corso della stessa giornata, i Parlamentari europei hanno precisato che: “le compagnie di navigazione dovranno acquistare crediti di carbonio dell’UE per compensare l’inquinamento prodotto”, ipotizzando che tale schema possa coprire le emissioni dei viaggi all’interno dell’Europa nonché i viaggi internazionali che iniziano o finiscono in un porto all’interno dell’Unione europea.

Nei “considerando” della predetta proposta, il Parlamento ha messo chiaramente in evidenza come: “Il trasporto marittimo incide sui cambiamenti climatici, sulla biodiversità marina, sulla qualità dell’aria e sulla salute pubblica a causa delle emissioni di anidride carbonica (CO2) e di altra natura che genera, quali emissioni di metano, ossidi di azoto, ossidi di zolfo, particolato e nerofumo”, ritenendo urgente, anche ed in virtù della strategia adottata dall’IMO il 13 aprile 2018 per la riduzione delle emissioni di gas a effetto serra generate dalle navi, l’adozione di “misure su scala mondiale, così come a livello dell’Unione, per garantire che siano intraprese azioni immediate per ridurre le emissioni del trasporto marittimo, contribuire all’attuazione dell’accordo di Parigi e conseguire l’obiettivo della neutralità climatica a livello dell’Unione, senza compromettere gli sforzi in materia di clima profusi da altri settori”.

Tra le modifiche proposte, il Parlamento ha, poi, previsto l’istituzione di un certificato di efficienza energetica per le navi, corredato di una scala di valutazione, che consenta un confronto trasparente delle navi, in particolare per la vendita o il noleggio, ed incoraggi gli Stati membri a promuovere le migliori pratiche e sostenere le navi più efficienti. Ciò al fine di contribuire ulteriormente alla transizione verso la costruzione di navi ad emissioni zero.

Con comunicazione immediatamente successiva (cfr COM(2020) 575), il cui contenuto è stato poi ripreso nella Proposta di Strategia annuale per la crescita sostenibile 2021, presentata nel Gennaio 2021, la Commissione europea ha espressamente associato la nuova strategia del Green Deal al trasporto marittimo ed alla stessa gestione dei porti, richiamando le quattro dimensioni della sostenibilità ambientale, della produttività, dell’equità e della stabilità macroeconomica ed evidenziando la necessità, per tutti i piani nazionali di ripresa e resilienza, di destinare almeno un 37 % di spesa per il clima.

Infatti, in tema di trasporti (marittimi inclusi), la Commissione ha invitato gli Stati membri a prendere in considerazione misure quali gli investimenti in trasporti pubblici e infrastrutture che sostengono il passaggio a una mobilità più sostenibile e intelligente, comprese reti multimodali europee senza soluzione di continuità ed efficienti. Ha, inoltre, sollecitato il potenziamento delle reti transeuropee di trasporto passeggeri e merci, chiedendo espressamente di intervenire con riforme e investimenti volti a stimolare la domanda di mezzi a basse e a zero emissioni. Infine, la stessa Commissione ha chiesto di accelerare la realizzazione delle infrastrutture di ricarica e rifornimento, sollecitando gli Stati ad integrare queste strategie con investimenti nelle tecnologie e catene di valore energetiche a basse emissioni di carbonio, tra cui l’idrogeno o le batterie, e in infrastrutture energetiche sostenibili, incrementando, per esempio, gli incentivi ambientali offerti dalla tassazione dei carburanti.

Accanto al sistema della logistica navale, le Istituzioni dell’Unione hanno, poi, attribuito particolare importanza anche ai porti.

 Con l’occasione dell’approvazione del Regolamento (UE) 267 del 16 Febbraio 2021 in tema di proroghe per rinnovo licenze e certificati di sicurezza anche in ambito di trasporto navale, il Parlamento europeo ha ricordato che i porti dell’Unione costituiscono nodi strategici nella transizione energetica a causa della loro posizione geografica e delle loro attività economiche, rappresentando i principali punti di ingresso dei prodotti energetici (dall’importazione, allo stoccaggio o alla distribuzione). Ha, inoltre, evidenziato la necessità di maggior coinvolgimento degli stessi nello sviluppo di siti di produzione delle energie rinnovabili.

Pertanto, ed in conclusione, è evidente che tra gli obiettivi della normativa europea di prossima emanazione si debba inserire, accanto a quello della decarbonizzazione del settore marittimo, un approccio strategico relativo ai porti dell’Unione al fine di sostenerne il ruolo di facilitatori della transizione energetica, in linea con le priorità del Green Deal. In altri termini, è altamente probabile che agli Stati membri venga sollecitato un intervento volto a promuovere lo sviluppo di porti ad emissioni zero e ad investire in infrastrutture di rifornimento e di ricarica, assicurando così a tutti i cittadini che vivono e che operano in zone portuali e costiere benefici immediati per la salute, limitando inoltre gli impatti negativi sulla biodiversità marina e costiera in tali zone.

3. Gli obiettivi del Pnrr per la creazione di una flotta green di navi italiane: Decreto ministeriale n. 290 del 21/09/2022, “Rinnovo flotte.

A poco più di un anno dalla sua pubblicazione, il decreto “Rinnovo Flotte” diventa ufficialmente operativo. Dopo l’assegnazione dei fondi a inizio 2023, ora il piano di finanziamento prende il via con l’erogazione dei primi contributi alle società armatrici ammesse al bando.

Il provvedimento, pubblicato con Decreto ministeriale n. 290 del 21/09/2022, rientra tra gli interventi del Piano nazionale per gli investimenti complementari, volto ad integrare con risorse nazionali le politiche del Piano nazionale di ripresa e resilienza (Pnrr) in materia di transizione ecologica.

Il decreto si inserisce nel contesto più ampio degli investimenti “Rinnovo flotte – navi sostenibili” del Pnrr, il cui obiettivo è contribuire alla riduzione dell’impatto ambientale del trasporto marittimo, garantendo servizi marittimi ecosolidali e favorendo il processo di decarbonizzazione del settore dei trasporti.

Il programma, strutturato su base quinquennale, mira a investire in impianti di micro-liquificazioni di gas naturale, nella costruzione di navi per il rifornimento nei porti, in interventi di riqualificazione per i rigassificatori, nonché a finanziare la costruzione di nuove navi e l’ammodernamento della flotta esistente.

Il decreto, che interessa proprio quest’ultimo punto, prevede lo stanziamento di 500 milioni di euro destinati agli armatori attivi nei porti italiani ed europei, così ripartiti: 225 milioni per la costruzione o il completamento di nuove navi, 225 milioni per il refitting delle navi già esistenti, 50 milioni per il rinnovo o l’acquisto di unità operanti all’interno dei porti italiani, come i rimorchiatori.

Nel dettaglio, gli articoli 4 e 5 del decreto menzionano gli interventi ricompresi entro il piano di finanziamento: accanto all’acquisto di nuove unità navali a scafo metallico dotate di una tipologia di impianto a propulsione a basso impatto ambientale, sono ricompresi anche i lavori di modificazione o di trasformazione radicale delle caratteristiche principali delle navi già esistenti, tali da consentire alle stesse di rientrare nella definizione di “veicolo pulito”. Entro tale definizione vengono ricomprese tutte le navi le quali abbiano emissioni dirette di CO2 pari a zero, o siano dotate di un motore a propulsione ibrida, o a doppia alimentazione, che tragga almeno il 25% della sua potenza da combustibili a zero emissioni dirette di CO2 e/o da alimentazioni plug in, o ancora che raggiungano un indice di efficienza energetica in materia di progettazione (Energy Efficiency Desing Index o EEDI) dell’Organizzazione Marittima Internazionale del 10% inferiore ai requisiti EEDI applicabili al 1° aprile 2022. In alternativa, gli interventi di ammodernamento o trasformazione devono quantomeno poter consentire l’utilizzo o l’incremento della percentuale utilizzata di biocarburi e combustibili sintetici.

A inizio 2023, il Ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti ha pubblicato la graduatoria delle società armatoriali ammesse al bando, stabilendo che avrebbero acceduto ai contributi pubblici 21 società armatrici di 88 navi, per un importo complessivo del valore di circa 160 milioni di euro.

La cifra assegnata, pari solo al 30% delle risorse stanziate dal Pnrr, ha messo in risalto una scarsa partecipazione da parte degli operatori del settore, il che ha portato a prolungare il bando oltre i tempi di scadenza originari e ad ammettere anche le domande per le quali l’indice di abbattimento co2 fosse risultato superiore a 0,9 ma inferiore a 1”.

Le ragioni dietro la mancata adesione al piano di finanziamento sono molteplici. In primo luogo, l’obbligo di realizzare gli interventi in cantieri italiani o europei avrebbe in molti casi reso più onerosi i lavori previsti, pur al netto delle agevolazioni erogate: molti armatori hanno preferito abbattere i costi e continuare ad affidarsi a cantieri extra-europei.

In secondo luogo, il vincolo posto dal bando ad ammettere unicamente interventi su navi battenti bandiera italiana che negli ultimi cinque anni avessero operato esclusivamente in acque territoriali ha ulteriormente ristretto il ventaglio di operatori idonei alla domanda.

Per ultimo, i fondi messi a disposizione, pur rientrando entro le politiche europee del Pnrr, attingono da un Fondo complementare finanziato con risorse nazionali, con la conseguenza che le maggiori restrizioni previste in materia di aiuti di Stato hanno spesso impedito di operare secondo modalità più funzionali nell’erogazione dei fondi.

Nel secondo semestre del 2023, risulta assegnato un totale di 186 milioni di euro; di questi, sono solo 36 milioni ad essere stati impegnati dal Ministero delle Infrastrutture tramite contratti già conclusi con i beneficiari.

Nel frattempo, tra gli armatori ammessi ad accedere al contributo, alcuni hanno preferito cedere le navi che avrebbero dovuto riammodernare o attendere un futuro secondo bando dai requisiti meno stringenti.

4. IL RAPPORTO LOYD’S REGISTER 2023

Il rapporto del Lloyd’s Register “Engine Retrofit Report 2023”, avverte che l’industria marittima mondiale avrà una notevole mancanza di capacità di cantieristica navale per lavori di adeguamento di navi per soddisfare le normative emergenti sulle emissioni come parte del processo di decarbonizzazione. Questo potrà avere un impatto sulla capacità del settore di raggiungere gli obiettivi di decarbonizzazione previsti a livello internazionale.

Secondo l’Autorità europea per la sicurezza marittima il costo totale per il retrofitting di una nave da alimentare ad ammoniaca, equipaggiato con un motore da 10-16 MW a 2 tempi, sarà in media di 10 milioni di dollari, in base al tipo e alle dimensioni della nave e del motore originale.

I produttori di motori come Wärtsilä e MAN stanno sviluppando i sistemi necessari per convertire gli impianti di propulsione esistenti all’uso di carburanti verdi alternativi. Mentre altri stanno esaminando nuove tecnologie di filtraggio per gli scarichi per la cattura del carbonio o per ridurre lo slittamento del metano. Altri armatori si stanno già muovendo per installare le batterie ed esplorare l’uso di celle a combustibile a idrogeno sulle loro navi.

Secondo lo studio del Loyd’s Register la decarbonizzazione della flotta esistente è fondamentale per ridurre le emissioni di gas serra del settore marittimo. Senza progressi significativi in ​​questo settore, entro il 2050 potrebbero esserci fino a 20.000 navi commerciali che fanno ancora affidamento sui combustibili fossili. Bisogna concentrare gli sforzi del settore per affrontare le questioni sollevate dal rapporto Engine Retrofit Report di LR, come la capacità dei cantiere, la capacità di conversione e il sistema integrazione, aiutando le parti interessate della catena del valore marittimo a superare gli ostacoli all’installazione della futura tecnologia dei carburanti sulla flotta globale esistente.

5. Lo Studio “The state of the art of the global yachting market 2022”, redatto da Deloitte per Confindustria nautica.

Lo studio fotografa la situazione italiana ma, come suggerisce il titolo, fornisce anche un excursus, a livello globale, del mercato dello yachting. Nel 2021, evidenzia, il valore del mercato mondiale della cantieristica nautica è stato di 52 miliardi. Circa il 60% (29,2 miliardi di euro) riguarda la produzione di nuove imbarcazioni, che è cresciuta del +10,7% rispetto al 2020.

Il mercato delle nuove costruzioni, aggiunge il report, è rappresentato principalmente da imbarcazioni a motore (circa il 90%) e, dal punto di vista territoriale, da Nord America ed Europa (circa il 70%). Sempre nel 2021, Il settore dei superyacht ha registrato la consegna di 160 unità sopra i 30 metri e un portafoglio ordini di 509 unità per un valore complessivo stimato a 14,4 miliardi di euro.

L’Italia è la seconda industria a livello mondiale e le nostre imprese stanno vivendo un momento di forte dinamismo: sono leader mondiali nella produzione dei superyacht, con il 49% del totale degli ordini globali.

Nel 2021 l’Italia è stata il secondo Paese al mondo, dopo gli Usa, per produzione, con una quota di mercato pari a circa il 12%. E la produzione dei cantieri italiani ha raggiunto, quell’anno, come si è accennato, il valore di 3,6 miliardi (che è pari a un +34% rispetto al 2020) e ha totalizzato un aumento delle esportazioni del +34,7%.

Il mercato mondiale della nautica ha raggiunto i 52 miliardi di euro nel 2021 e circa il 60% riguarda la produzione di nuove imbarcazioni. Le aspettative di crescita per il 2022 a livello globale sono a doppia cifra (+15% – 20%), superiori rispetto al 2021. Il valore di mercato della produzione globale di nuove imbarcazioni nel 2021 ha raggiunto i 29,2 miliardi di euro (+10,7% rispetto al 2020).

Il mercato delle nuove costruzioni è rappresentato principalmente da imbarcazioni a motore (circa il 90%) e, dal punto di vista territoriale, da Nord America ed Europa (circa il 70%). Nel 2021, Il settore dei superyacht ha registrato la consegna di 160 unità sopra i 30 metri e un portafoglio ordini di 509 unità per un valore complessivo stimato a 14,4 miliardi di euro.

La produzione dei cantieri italiani ha raggiunto nel 2021 il valore di 3,6 miliardi di euro (+34% rispetto al 2020) e ha visto un aumento delle esportazioni (+34,7%). La produzione della cantieristica italiana è stimata a circa 4,1 – 4,3 miliardi di euro nel 2022.

L’Italia rappresenta il primo paese all’interno del portafoglio ordini globale di superyacht in termini di quota (circa 49%) e di crescita storica. Inoltre, i cantieri italiani sono leader di mercato nella produzione di yacht da 30-60 metri, detenendo un posizionamento consolidato sui superyacht semi-custom con una lunghezza media pari a 43 metri circa.

Il contributo del settore al PIL nazionale è pari 2,9%: un dato che conferma la crescente importanza e competitività dell’industria nautica italiana e la forte fase espansiva dell’intero comparto.

6.La rinascita della Cantieristica a Civitavecchia

Dopo molti anni di totale stallo, dovuti alla nota vicenda Privilege Yard, a Civitavecchia finalmente si avrà una ripartenza della cantieristica navale. Questo ad opera del cantiere Tankoa spa, che ha ottenuto la concessione per poter utilizzare per un periodo di quattro anni alcuni capannoni dell’area ex Privilege.

Si sta lavorando per poter iniziare le attività nel più breve tempo possibile, per poter dare avvio all’attività di cantiere a fronte della necessità di realizzare yacht di medio-grandi dimensioni sui quali Tankoa ha già ordinativi contrattualizzati. In particolare a Civitavecchia saranno immediatamente allestite due imbarcazioni attorno ai 50 metri di lunghezza. In entrambi i casi nel cantiere ex Privilege si costruirà lo scafo: si tratterà quindi di lavori riguardanti in particolare l’acciaio e l’alluminio, per il quale saranno utilizzate imprese locali. Imprese locali che avranno un ruolo anche nella realizzazione delle componenti elettriche ed elettroniche e che saranno affiancate e assistite anche da altre aziende del settore artigianale. Per ogni singolo yacht il lavoro previsto nel cantiere di Civitavecchia è di circa un anno. Gli scafi saranno poi trasferiti direttamente a Genova dove si lavorerà per gli allestimenti interni, i lavori di verniciatura e di rifinitura finale. Entro la fine dell’anno in corso, o al massimo all’inizio del 2025, è previsto il completamento del primo scafo nel neonato cantiere di Civitavecchia. Riguardo la ricaduta occupazionale, al momento le stime sono molto prudenti: si parla di circa duecento lavoratori, in gran parte del settore metalmeccanico, che potrebbero quindi contenere parzialmente l’emorragia che si creerà dopo la dismissione del carbone a Torre Nord. Secondo proiezioni più ottimistiche, una volta a regime, l’attività del cantiere, contando anche l’indotto, dovrebbe garantire tra i 300 e i 400 posti di lavoro.

Enel e Fincantieri hanno stretto un accordo per lavorare insieme sullo sviluppo di iniziative per l’elettrificazione delle infrastrutture portuali L’accordo, riguarda l’implementazione del cold ironing, ovvero la tecnologia per l’alimentazione elettrica da terra delle navi ormeggiate durante le soste; la gestione e ottimizzazione degli scambi di energia nelle nuove infrastrutture; sistemi di accumulo e di produzione di energia elettrica, anche tramite l’impiego di fonti rinnovabili, e l’applicazione di celle a combustile.

Altra intesa sottoscritta da Enel è quella con Costa Crociere. Quale porto meglio di Civitavecchia può candidarsi ad ospitare le attività previste da questo accordo.

La cantieristica navale può rappresentare la strada più facilmente percorribile per la ricollocazione delle maestranze metalmeccaniche dell’indotto Enel di Civitavecchia per le ovvie similitudini tra i due settori: carpenteria metallica, saldatura, impianti elettrici, da cinquantanni nel nostro territorio sono attività che si conoscono bene. La dismissione del Molo carbonifero, potrà essere l’occasione per sviluppare la cantieristica navale utilizzando l’invaso per le riparazioni a galleggiamento. In particolare sviluppando il segmento del refitting per la decarbonizzazione del trasporto marittimo.

Capitolo VII

Proposta di uno studio di fattibilità per la a produzione di idrogeno tramite la realizzazione di un impianto territoriale di gassificazione di biomasse solide (Plastica), da realizzare presso Torrevaldaliga Nord.

1.Premessa.

Nell’Unione europea si producono ogni anno più di 2,2 miliardi di tonnellate di rifiuti. L’UE sta aggiornando la legislazione sulla gestione dei rifiuti per promuovere la transizione verso un’economia circolare, in alternativa all’attuale modello economico lineare.

A marzo 2020 la Commissione europea ha presentato, sotto il Green deal europeo in linea con la proposta per la nuova strategia industriale.

Nel febbraio 2021 il Parlamento europeo ha votato per il nuovo piano d’azione per l’economia circolare, chiedendo misure aggiuntive per raggiungere un’economia a zero emissioni di carbonio, sostenibile dal punto di vista ambientale, libera dalle sostanze tossiche e completamente circolare entro il 2050.

Inoltre La Commissione europea sta lanciando una Banca dell’idrogeno che potrebbe consentire di mobilitare milioni di euro di fondi europei per lo sviluppo del settore.

L’Unione europea ha come obiettivo raggiungere 10 milioni di tonnellate di produzione interna di idrogeno rinnovabile e 10 milioni di tonnellate di idrogeno rinnovabile importato entro il 2030.

Attualmente gli elettrolizzatori in Europa non superano i 160 MW circa, e sono per la maggior parte associati a progetti di ricerca. L’impianto più grande attualmente in costruzione è da 20 MW.

La Ue sull’idrogeno vuole ottenere 6000 MW di elettrolizzatori alimentati da energia elettrica rinnovabile entro il 2025.

Cifre che difficilmente saranno rispettate. Ma che dicono chiaramente la strada che L’UE vuole percorrere.L’idrogeno verde, però, ha bisogno di un’elevata quantità di energia per essere estratto tramite elettrolisi. Il timore è che gli impianti di elettrolisi cannibalizzino l’elettricità proveniente da fonti rinnovabili e destinate ad altri utilizzi. Per evitarlo, la Commissione ha proposto che la produzione utilizzi solo fonti di elettricità rinnovabili “addizionali”, individuando criteri geografici e temporali: l’idrogeno verde deve essere prodotto soltanto quando e dove è disponibile una quantità sufficiente di energia rinnovabile locale.

2. Il progetto Europeo Waste2H2, produrre idrogeno con la biomassa di scarto delle plastiche.

L’idrogeno può essere prodotto a partire da combustibili fossili e fonti di energia rinnovabile. Un’altra possibilità è quella di generarlo dalla biomassa di scarto attraverso un processo di gassificazione termica, in seguito alla pulizia e alla depurazione del gas di sintesi prodotto. Il progetto Waste2H2, finanziato dall’UE, intende quindi incentrare la propria ricerca sull’idrogeno in qualità di vettore energetico sostenibile e quale esempio di valorizzazione dei rifiuti nell’economia circolare. Questo lavoro potrebbe contribuire a decarbonizzare la società e a promuovere un’economia circolare, aiutando al contempo a migliorare la propria posizione nella ricerca scientifica applicata in questo campo.

Il campo d’azione della proposta WASTE2H2 è l’idrogeno come vettore energetico sostenibile e la valorizzazione dei rifiuti in un approccio di economia circolare. Tipicamente, l’idrogeno può essere prodotto utilizzando diverse risorse tra cui combustibili fossili, come gas naturale e carbone, biomassa, colture non alimentari, energia nucleare e fonti di energia rinnovabile, come l’energia eolica, solare, geotermica e idroelettrica per dividere l’acqua. L’idrogeno potrebbe essere prodotto dalla biomassa di scarto mediante processi di gassificazione termica seguiti da fasi di pulizia e purificazione del gas di sintesi prodotto. Quest’area ha un enorme potenziale per la descarbonizzazione della società e lo sviluppo dell’economia circolare. Questa diversità di potenziali fonti di approvvigionamento è la ragione più importante per cui l’idrogeno è un vettore energetico così promettente. Il progetto WASTE2H2 mira a creare la capacità scientifica e tecnologica nella pulizia e purificazione del gas di sintesi termico per la produzione di idrogeno e ad aumentare il profilo e l’eccellenza della ricerca del personale attraverso il gemellaggio con tre istituti di ricerca affermati e leader: Royal Institute of Technology, in Svezia; Agenzia Nazionale Italiana per le Nuove Tecnologie, l’Energia e lo Sviluppo Economico Sostenibile, in Italia e; Istituto di Tecnologia di Karlsruhe, in Germania.

3. La produzione di Idrogeno e grafene dalla plastica negli stati Uniti.

La creazione di idrogeno dai rifiuti di plastica potrebbe ripagarsi da sola. È la conclusione a cui sono giunti gli scienziati della Rice University di Houston, in Texas, attraverso la sperimentazione di un metodo a basse emissioni e a costo zero. L’indagine è stata pubblicata su Advanced Materials.

L’idrogeno (H2) è una alternativa ai combustibili fossili inquinanti: il problema è che utilizzarlo genera troppa anidride carbonica e costa molto. Basti considerare che la quota di idrogeno usata in tutto il mondo nel 2022 ammonta a quasi 100 milioni di tonnellate ma la gran parte è derivata da fossili e ha prodotto 12 tonnellate di CO2 per ogni tonnellata di idrogeno.

Oggi l’H2 più “gettonato” è il “grigio”, frutto della sintesi operata tramite il reforming del metano a vapore, una procedura che ha il difetto di essere molto inquinante: se operata in larga scala, come sembra il mercato richieda, nei prossimi decenni non contribuirà certo al raggiungimento del traguardo delle zero emissioni nette entro il 2050.

Così, nell’ottica di trovare soluzioni, i ricercatori dell’ateneo americano sono riusciti a trasformare tutti i rifiuti in plastica, inclusi quelli misti, in idrogeno gassoso a elevato rendimento e in grafene di alto valore. Se il grafene così prodotto venisse venduto solo al 5% del valore corrente di mercato, con uno sconto quindi del 95%, l’idrogeno pulito potrebbe essere prodotto gratuitamente.

Il metodo analizzato è questo. La spazzatura viene sottoposta al sistema di riscaldamento rapido Joule, talmente veloce da essere chiamato “flash”: dura circa 4 secondi e avviene alla temperatura di 3.100 gradi Kelvin. Il risultato è la vaporizzazione dell’idrogeno ricavato dai materiali plastici e la sua separazione dal grafene.

Sappiamo che il polietilene, a esempio, è composto per l’86% da carbonio e per il 14% da idrogeno ed è stato dimostrato che si può recuperare fino al 68% di quell’idrogeno atomico in forma di gas con una purezza del 94%».

Produrre idrogeno dai rifiuti di plastica potrebbe ripagarsi da solo Il sottoprodotto del grafene compensa i costi di produzione dell’idrogeno “flash.

“In questo lavoro, abbiamo convertito i rifiuti di plastica – compresi i rifiuti plastici misti che non devono essere differenziati per tipo o lavati – in gas idrogeno ad alto rendimento e grafene di alto valore”, ha affermato Kevin Wyss, autore principale dello studio supportato dal programmScience Foundation Graduate Research Fellowship pubblicato su Advanced Materials . “Se il grafene prodotto fosse venduto solo al 5% dell’attuale valore di mercato – uno sconto del 95%! – l’idrogeno pulito potrebbe essere prodotto gratuitamente”.

4. La produzione di idrogeno dalla plastica in Italia.

Maire Tecnimont realizzerà a Roma il primo impianto di produzione di idrogeno dai rifiuti al mondo. Sarà la controllata NextChem, con un contributo europeo di 194 milioni a fondo perduto, a sviluppare l’installazione “waste-to-hydrogen”.

L’entrata in funzione dell’opera nella prima metà del 2027, come previsto dal finanziamento.

Risorse europee arrivano dal progetto europeo “IPCEI Hy2Use” ideato per sostenere la ricerca e l’innovazione, la prima applicazione industriale e la costruzione delle infrastrutture nella catena del valore dell’idrogeno.

Il progetto è stato elaborato e notificato congiuntamente da tredici Stati membri (Austria, Belgio, Danimarca, Finlandia, Francia, Grecia, Italia, Paesi Bassi, Polonia, Portogallo, Slovacchia, Spagna e Svezia) che erogheranno fino a 5,2 miliardi di euro di finanziamenti pubblici, che dovrebbero sbloccare ulteriori 7 miliardi di investimenti privati.

Nella fase iniziale su Roma si prevede la produzione di 1.500 tonnellate all’anno di idrogeno e 55.000 tonnellate di etanolo. La produzione di idrogeno crescerà in funzione dell’evoluzione della domanda, fino a 20.000 tonnellate annue, riducendo proporzionalmente i volumi di etanolo.

La tecnologia di NextChem60, sviluppata dalla controllata MyRechemical, permetterà di utilizzare come materia prima 200.000 tonnellate all’anno di rifiuti solidi non riciclabili, dando così un contributo anche alla chiusura del ciclo dei rifiuti capitolini attraverso un processo di conversione con una riduzione significativa delle emissioni totali di CO2.

I partner scientifici saranno Enea, Fondazione Bruno Kessler e Universitá La Sapienza di Roma. Il fondo, sostenuto dal ministero dello Sviluppo Economico, permetterà che lo schema industriale del Gruppo Maire Tecnimont diventi una best practice a livello mondiale per la valorizzazione dei rifiuti e la produzione di idrogeno e altri prodotti chimici.

5. Perchè Civitavecchia

Tramite l’Osservatorio Ambientale intendiamo creare un bacino d’Ambito per la valorizzazione dei rifiuti nei sei comuni partecipanti al consorzio di gestione. Bisognerà procedere ad una valutazione sui quantitativi e una copertura completa del ciclo del recupero dei materiali, programmando su tutto il territorio gli impianti che devono essere realizzati. Un impianto complesso come quello per la produzione di idrogeno non può che essere realizzato negli spazi di Torrevaldaliga Nord.

Capitolo VIII

Una Roadmap per la transizione energetica e la mobilità elettrica dei Comuni.

2 novembre 2023

INDICE

Parte I

1. Crescita dei fabbisogni della rete elettrica con la

diffusione degli EV. p. 73

2. Vehicle to grid: V2G. p. 75

3. Gogoro ed Enel X: un accordo per le “centrali virtuali”. p. 76

4. Le centrali elettriche virtuali: VVP. p. 78

5. Comunità Energetica Rinnovabili: CER. p. 80

Parte II

1. Una nuova policy per gli Enti locali. p. 81

2. Il programma “Lighthouse” dell’Unione Europea. p. 85

3. MaaS: Mobility as a Service. p. 86

4. Le colonnine pubbliche di ricarica per gli EV. p. 87

5. Road Map per la realizzazione di un VPP p. 89

e una piattaforma MaaS di un Ente locale.

Acronimi

V2G – Vehicle-to-Grid

EV – Electric Vehicles

VPP – Virtual Power Plant

DER – Distributed Energy Resources

CER – Comunità Energetiche Rinnovabili

MaaS – Mobility as a Service

IoT – Internet of Things

DLT – Distributed Ledger Technology

Baas – Battery as a service

D2D – Device to Device

OBD-II -On Board Diagnostic

BEES – Battery Energy Storage Systems

Parte I

1. Crescita dei fabbisogni della rete elettrica con la diffusione degli EV

L’Europa ha bisogno di 65 milioni di punti di ricarica entro il 2035. La crescita della rete di ricarica per gli EV è un tema molto discusso negli ultimi tempi. Da più parti si chiede che l’Unione Europea predisponga un piano ambizioso per consentire un’espansione rapida di questa infrastruttura fondamentale per sostenere la diffusione delle auto elettriche. Sul tema dell’infrastruttura di ricarica è stato pubblicato un interessante contributo realizzato da Ernst & Young ed Eurelectric: “Sei elementi essenziali per la mobilità elettrica”61. Secondo il Rapporto la rete elettrica rimarrà stabile nonostante la crescita esponenziale del mercato dei veicoli elettrici e l’elevata richiesta di energia elettrica. Però sarà necessaria una tempestiva pianificazione dell’infrastruttura e il coordinamento tra le autorità pubbliche, i produttori di elettricità, gli operatori della rete e dei punti di ricarica, se si vogliono raggiungere gli obiettivi prefissati.

In Europa dobbiamo aspettarci di avere su strada 130 milioni di veicoli elettrici entro il 2035. A titolo di confronto, nel Vecchio Continente, oggi circolano 3,3 milioni di queste vetture. Per supportare tale crescita, il rapporto stima che serviranno ben 65 milioni di punti di ricarica. Di questi, l’85% – pari a quasi 56 milioni – saranno residenziali. Circa 9 milioni, invece, dovranno essere pubblici.

Attualmente, in Europa sono presenti circa 400.000 punti di ricarica. Dunque, il lavoro da fare è davvero imponente, soprattutto pensando che la maggior parte dei punti di ricarica attuali è collocato in una manciata di Paesi: Olanda, Francia, Italia, Germania e Regno Unito. In alcuni Paesi, invece, c’è un singolo punto di ricarica ogni 100 km. Queste differenze, spiega il Rapporto, rischiano di complicare il processo di elettrificazione della mobilità.

Per raggiungere l’obiettivo prefissato secondo il Rapporto, sarebbe necessario che da qui al 2030 la rete di ricarica pubblica crescesse di mezzo milione di punti di ricarica all’anno, per poi accelerare a un milione di punti di ricarica annui fino al 203562.

Il Rapporto evidenzia che per accelerare la crescita dell’infrastruttura serve anche eliminare molti degli ostacoli che oggi stanno rallentando la diffusione delle colonnine. Si parla soprattutto dell’iter burocratico farraginoso per le autorizzazioni e dei tempi lunghi per l’allaccio delle colonnine alla rete elettrica63.

Altra criticità futura da risolvere, sarà la gestione di maggiori carichi su alcuni segmenti della rete, per esempio, lungo i corridoi autostradali, dove i conducenti si aspettano la disponibilità della ricarica rapida, il picco di richiesta di energia crescerà in maniera importante. In ambito urbano, invece, i picchi di richiesta di energia ci saranno di sera quando le persone metteranno in ricarica le auto a casa. Il Rapporto suggerisce alcune soluzioni:

a) Installare soluzione di accumulo sulle colonnine a ricarica rapida per poter gestire i momenti di picco di richiesta di energia.

b) Tariffe per incentivare le persone a ricaricare durante le ore non di picco e l’utilizzo del Vehicle-to-Grid (V2G) per immettere nella rete l’energia delle auto elettriche ferme e non utilizzate.

2. Vehicle to grid: V2G

Il Vehicle to grid non è un concetto nuovo, ma sta assumendo sempre più rilevanza nel mondo delle auto elettriche: si tratta dell’energia che passa letteralmente dal veicolo alla rete e non solo viceversa, come accade normalmente. Le batterie delle auto, infatti, sono in grado di trasformarsi in riserve di elettricità e di rifornire la rete in momenti particolarmente critici, come ad esempio le ore di punta.

A rendere possibile questo passaggio bidirezionale sono particolari sistemi di ricarica capaci di trasferire energia sia dalla sorgente all’accumulatore del veicolo, sia in direzione opposta.

Molti Costruttori, come Hyundai, Toyota e Volkswagen, stanno investendo molto nel sistema di ricarica bidirezionale. La Renault ha annunciato che dalla primavera 2024 sarà sul mercato il primo veicolo EV dotato di questa Tecnologia, la nuova R5.

Il vehicle to grid, quindi, in vista della diffusione sempre maggiore della mobilità elettrica, può diventare un punto di forza per gestire i picchi di energia, determinati dalla necessità di ricaricare le auto e di usufruire dei tradizionali servizi di elettricità. La maggiore domanda potrà essere gestita e riequilibrata grazie all’apporto delle auto stesse.

Basti pensare che una singola vettura è in grado, grazie agli accumulatori di nuova generazione, di trasferire elettricità sufficiente per alimentare fino a 5 abitazioni per 24 ore.

3. Gogoro ed Enel X: un accordo per le “centrali virtuali”.

L’azienda taiwanese Gogoro ha stretto una collaborazione con Enel X per trasformare migliaia di stazioni di scambio di batterie in un’unica centrale elettrica virtuale. Gogoro ed Enel X affermano che si tratta della prima implementazione commerciale di questa tecnologia al mondo. Nel 2022 le due aziende hanno sperimentato il progetto e hanno verificato che la rete poteva gestire i carichi e in caso di squilibrio fornire energia in base alle necessità.

Questa tecnologia consente di scambiare energia in modo bidirezionale e “intelligente”, dalla rete elettrica verso le batterie e da queste ultime verso la rete, in base a una serie di parametri gestiti da software e colonnine di ricarica smart.

Uno studio del Leiden Institute of Environmental Sciences olandese (CML), in collaborazione con il National Renewable Energy Laboratory americano, stima che già nel 2030, in molte regioni del mondo, le batterie delle auto elettriche potrebbero soddisfare le esigenze di accumulo energetico di breve termine (fino a 4 ore) sulla rete elettrica. E ciò grazie, appunto, alla tecnologia V2G. Lo studio, pubblicato su Nature Communications, è intitolato “Electric vehicle batteries alone could satisfy short-term grid storage demand by as early as 2030.”64

I ricercatori evidenziano come ci siano molte variabili e molte incertezze nel fare previsioni sulla diffusione della tecnologia VG2. Nei loro modelli hanno incluso diversi elementi tra cui: evoluzione futura del mercato delle auto elettriche, modalità di utilizzo e ricarica delle vetture, sviluppo tecnologico delle batterie e loro tassi di degrado. È stato anche ipotizzato di impiegare le batterie usate dei veicoli elettrici (con il 70-80% di carica residua) in nuovi impianti di accumulo energetico stazionario, per dare un quadro ancora più completo delle potenzialità delle batterie per le applicazioni al servizio della rete.

Altra variabile da considerare è il tasso di adesione degli automobilisti ai programmi V2G: si tratta, infatti, di possedere dispositivi abilitati al V2G e partecipare a piani tariffari specifici, che consentono al cliente-consumatore di diventare anche provider di energia e servizi tramite la batteria del veicolo, ottenendo un guadagno. Su questo punto fondamentale bisogna che si sviluppino tecnologie e best practices nuove e innovative che prevedano una tariffazione bidirezionale per i consumatori/fornitori (Prosumer) di energia. Pensiamo, ad esempio, alla possibilità di cedere energia dalla batteria alla rete, quando la vettura è parcheggiata e inutilizzata, per contribuire a determinati servizi come la copertura di un picco dei consumi, magari nelle vicinanze di aziende energivore.

Il punto fondamentale da sottolineare, è che “queste tecnologie possono fornire sicurezza energetica, ma non esiste abbastanza coordinamento tra governi, fornitori di tecnologia, case automobilistiche e rete elettrica per sfruttare questa opportunità”. Da qui nasce l’esigenza di una nuova “Policy locale”.

In particolare, ci sono molti problemi con gli standard e le tecnologie di ricarica comuni e su molte auto non sono ancora installati i dispositivi necessari per abilitare questa alimentazione della rete.

Secondo lo studio, il potenziale tecnico su scala globale – considerando il V2G più le applicazioni di “seconda vita” delle batterie – ammonta a 32-62 Twh al 2050, di cui 18-30 TWh per il solo Vehicle-to-Grid.

È un potenziale molto più elevato rispetto alle stime su quanti TWh serviranno per coprire le esigenze di storage di breve termine sulla rete (fino a un massimo di circa 19 TWh al 2050 secondo le differenti proiezioni citate nella ricerca).

Sono stime teoriche e circondate da molte incognite, ma che danno la prospettiva di quanta strada si potrebbe fare se si sfruttasse su vasta scala la tecnologia V2G.

4. LE CENTRALI ELETTRICHE VIRTUALI

La Virtual Power Plant (VPP) è una centrale elettrica virtuale basata su cloud, che aggrega le risorse energetiche distribuite (DER) eterogenee allo scopo di migliorare la produzione di energia e la vendita sul mercato dell’elettricità. Uno dei fattori trainanti delle centrali elettriche virtuali è che questi impianti sono sistemi energetici distribuiti basati su cloud che integrano più fonti energetiche, aumentando la produzione di energia in base alla domanda e garantiscono allo stesso tempo una fornitura di energia elettrica costante. I VPP semplificano la vendita e lo scambio di energia nel settore elettrico.

Queste centrali elettriche virtuali sono state installate negli Stati Uniti, in Europa e in Australia.

Un VPP combina l’elettricità di molte singole batterie domestiche in una grande fonte di energia che può essere coordinata in remoto dal fornitore VPP. Questa rete di batterie può quindi funzionare come una mini-centrale elettrica, fornendo elettricità rinnovabile alla rete e fornendo servizi di supporto alla rete su richiesta65.

I VPP i possono utilizzare qualsiasi combinazione di risorse, come impianti solari, parchi eolici, impianti di biomassa, centrali idroelettriche e stoccaggio di batterie. Secondo il Rapporto di ricerca pubblicato da Polaris Market Research66, la dimensione del mercato globale delle centrali elettriche virtuali è stato valutato a 1.587,00 milioni di dollari nel 2022 e dovrebbe raggiungere i 4.471,30 milioni di dollari entro il 2032, con un CAGR (tasso annuo di crescita composto), del 22,1% durante il periodo di previsione 2023-2032.

Esperienze di VVP in corso

1) Nel settembre 2020, Tesla ha annunciato il lancio della fase 3 della sua centrale elettrica virtuale nell’Australia meridionale, collegando 4.000 case con Powerwall e pannelli solari. Il progetto mira a migliorare l’affidabilità e la sostenibilità della rete attraverso la generazione solare residenziale e lo stoccaggio dell’energia.

2) Nel novembre 2020, Siemens ha sviluppato un modello di business per supportare l’ottimizzazione energetica per il Gruppo Carlsberg, un’azienda internazionale produttrice di birra con sede in Finlandia. Questa soluzione è stata implementata nello stabilimento Sinebrychoff nell’area metropolitana di Helsinki. Il progetto ha utilizzato la digitalizzazione per ottimizzare il consumo energetico, portando a potenziali risparmi energetici e a una migliore qualità della distribuzione elettrica.

3) La Centralschweizerische Kraftwerke AG in Svizzera (CKW) ha integrato in un VPP un pool di altre risorse diverse, consentendo all’azienda di ottimizzare il funzionamento della rete. Obiettivo della CKW mettere in comune una rete diversificata e decentralizzata di 110 asset con una capacità combinata di 1.400 MW. Queste risorse includevano impianti ad acqua fluente, impianti di cogenerazione, impianti di termovalorizzazione, siti industriali con carichi controllabili, centrali elettriche convenzionali e parchi eolici e solari. L’azienda inoltre voleva poter ampliare il VPP per includere fino a 1.000 asset.

Utilizzando un software della ABB, CKW è stata in grado di modellare le risorse e le loro interdipendenze fisiche. Ciò ha consentito all’azienda di ottimizzare qualsiasi programma generale e di distribuire risorse energetiche con alta efficienza energetica.

Centralschweizerische Kraftwerke è riuscita ad aumentare i ricavi fornendo l’accesso al mercato per asset di piccole e medie dimensioni, inoltre ha aumentato per il proprio management la capacità di prendere decisioni rapide, attraverso visualizzazioni accurate e di facile comprensione, consentendo così nuovi modelli di business e flussi di entrate.

5. Comunità Energetica Rinnovabili (CER)

La Comunità energetica rinnovabile (CER): è un’alleanza di vicinato, piccole imprese e singoli cittadini, amministrazioni locali e commercianti. Tutti assieme per produrre ed utilizzare energia pulita ricavandone un vantaggio immediato. Le comunità energetiche rinnovabili (CER) sono state regolate solo a partire dalla direttiva Europea RED II dell’11 dicembre 2018, con la quale si è iniziato a prevedere il sostegno finanziario alla produzione e all’autoconsumo di energia elettrica da fonti rinnovabili. In Italia sta per essere pubblicato un nuovo decreto, in cui sarà previsto che la potenza degli impianti ammessi salirà a un megawatt e l’area entro la quale è permesso vendere l’energia si allargherà a quella di una cabina primaria di distribuzione, cioè un’area grande quanto alcuni quartieri e cambieranno anche i sistemi di incentivazione.

Secondo uno studio del Politecnico di Milano67, entro il 2025 le comunità energetiche rinnovabili italiane arriveranno dall’attuale cinquantina a 40 mila coinvolgendo circa 1,2 milioni di famiglie, 200 mila uffici e 10 mila piccole e medie imprese.

Un altro studio (Enea) “Le comunità energetiche in Italia68”, si valuta in 264 milioni i cittadini dell’Unione Europea che diventeranno prosumer, cioè produttori-consumatori di energia generando fino al 45% dell’elettricità rinnovabile complessiva del sistema.

L’energia in sharing segna il passaggio da un modello verticale (poche grandi centrali fossili o nucleari) a un modello orizzontale, decentrato, con milioni di punti di produzione e autoproduzione di energia. Un passaggio che ha bisogno di essere sostenuto da una forte innovazione tecnologica (nuove reti di distribuzione, digitalizzazione e smart grid).

Parte II

1. UNA NUOVA POLICY PER GLI ENTI LOCALI

Gli Enti locali, oggi, sono ingolfati dall’enorme quantità di documenti di programmazione che devono produrre senza averne quasi mai le competenze interne. Spesso questo tipo di documenti si affidano all’esterno, tramite consulenze più o meno costose. Si realizzano nel maggior parte dei casi documenti che rimangono lettera morta o irrealistici libri dei sogni. Ma così come nel caso del passaggio al digitale della P.A., (attualmente in corso) su cui sono state investite risorse e predisposto piani per la migrazione nel cloud e obbligo di adesione da parte della P.A. centrali e locali. Anche per la creazione di un ecosistema digitale territoriale che renda possibile la transizione energetica, c’è bisogno di uno sforzo normativo da parte del Legislatore e che le istituzioni locali e tutti i player locali facciano la loro parte.

Una pianificazione della produzione e dell’utilizzo della energia elettrica rinnovabili non sarà mai efficace ed efficiente se non si recupera l’elemento territoriale della proposta. Proprio come avvenne agli inizi del ‘900, quando i comuni con le loro aziende municipali furono protagonisti dell’avvento e della diffusione dell’energia elettrica.69

Oggi i comuni producono diversi documenti programmatici per quanto riguarda le tematiche di cui stiamo trattando. Tanti documenti per una sola trasformazione: PEC70 , PUMS 71 72 , PAES73 , il PAC74 e il PIAO75 . E chissà quanti altri documenti e relazioni.

Il documento più importante per la programmazione negli Enti Locali è il DUP (Documento Unico Programmazione), ma così come è concepito è per lo più un documento contabile-amministrativo76, lo leggono solo gli organi di valutazione interna dei dipendenti (OIV). Bisogna ridisegnare le funzioni di programmazione degli Enti locali, mettendo al centro della loro attività la transizione energetica e digitale. L’equilibrio contabile non può essere l’unica stella polare dell’azione degli Enti locali. Ridefinire il DUP, codificare una nuova formulazione del documento di programmazione, prevedere parametri oggettivi e uguali per tutti gli Enti locali di pari grandezza, deve diventare una priorità. Del nuovo DUP, (si approva ogni anno entro il 31 luglio) bisogna dare la responsabilità della attuazione e del coordinamento al Responsabile della Trasformazione, Digitale 77.

Con la nuova formulazione del Documento Unico di Programmazione si deve prevedere l’obbligo di aggiornare annualmente i piani prima citati, in modo di avere una visione aggiornata e complessiva delle trasformazioni in atto e rendicontare i risultati e le criticità annualmente.

Non si è ancora compresa la reale portata della rivoluzione copernicana che comporta l’avvento del digitale e il passaggio al cloud per tutte le amministrazioni locali, le potenzialità di sviluppo economico che questo può comportare. Sia per i servizi ai cittadini, sia per la possibilità per gli Enti locali di ridefinire il proprio equilibrio economico e di sviluppo.

L’opportunità più importante per gli Enti locali sarà dotarsi di VPP.

Una amministrazione già migrata in cloud non avrà certo problemi a sfruttare le enormi potenziali che l’Information Technology offre78 .

Laddove è possibile, per utenti e quantità di energia prodotta, numero di prosumer, bisogna prevedere l’adozione di VPP (con il ricorso obbligatorio al PPP), in modo da poter realmente gestire e pianificare l’utilizzo delle risorse energetiche del territorio. Questa possibilità per gli Enti locali potrà essere una spinta notevole a chiudere sul territorio il ciclo del recupero dei rifiuti. Infatti, sarà interesse dei Comuni e di tutti i cittadini avere impianti di biogas e di recupero della plastica da pirolisi o la copertura degli edifici pubblici con il fotovoltaico.

La VPP comunale, insieme ad un sistema di scambio tra prosumer (produttori/consumatori) certificato dalla tecnologia blockchain, per dare trasparenza e certezza alle transazioni energetiche di tutti gli attori della filiera, sarà la base, insieme alle CER, di una rinascita del concetto stesso di comunità e territorio. Più energie rinnovabile sul territorio, più entrate per i Comuni e più servizi per i cittadini79.

Inoltre, si dovrà codificare anche, modi e tempi dei contributi programmatici e partecipativi da parte degli attori della filiera, dai singoli prosumer alle CER, che andranno strutturate in Rete e coordinate dagli Enti locali. Una nuova programmazione territoriale della produzione e gestione delle risorse energetiche, sarà strettamente legata alla mobilità dei cittadini e alla chiusura del ciclo dei rifiuti sul territorio, trasformando i rifiuti in risorsa.

Una nuova Governance locale appare imprescindibile se si vuole sviluppare un utilizzo economico consapevole e condiviso delle nuove tecnologie e pratiche energetiche80.

2. Il programma “Lighthouse” dell’Unione Europea.

  1. L’attuale iniziativa faro della Commissione Europea (2021-2027) in questo settore è la Missione europea sulle città intelligenti e a impatto climatico zero di Horizon Europa, la quale mira ad aiutare 100 città dell’UE a diventare climaticamente neutre entro il 2030 e a fungere da modelli di riferimento, affinché tutte le città dell’UE possano seguirne l’esempio entro il 2050.

    La Corte dei Conti Europea ha appena pubblicato (novembre 2023) il Report 2023-2024: Relazione Speciale “Città intelligenti Soluzioni concrete, ma la frammentazione ne ostacola una più ampia adozione”81. In tal modo, la Corte ha inteso contribuire all’attuazione di questa iniziativa dell’UE, in vista della valutazione intermedia della stessa, prevista proprio per il 2023.

    Secondo la Corte dei Conti europea, il programma Lighthouse è ben concepito ed ha già ottenuto ottimi risultati fornendo centinaia di soluzioni legate all’energia, alla mobilità, alle smart grid e superando circa due terzi degli obiettivi previsti. Tuttavia, prosegue il report, il programma non finanzia la replica di queste soluzioni in altre città, limitando così i risultati del programma. Per raggiungere il traguardo di 100 smart cities carbon neutral entro il 2030 sarà indispensabile che la Commissione coordini i differenti programmi eliminando questa frammentazione controproducente. Nel prossimo futuro dunque la Commissione dovrà lavorare sulle sinergie tra gli attori privati e pubblici sia a livello nazionale che locale.

La Corte dei Conti Europea ha verificato che il programma Lighthouse abbia raggiunto i propri obiettivi e abbia sostenuto le città dell’UE nei loro sforzi per diventare più intelligenti e se la Commissione abbia applicato gli insegnamenti tratti alla Missione europea sulle città intelligenti e a impatto climatico zero. La conclusione generale alla quale è pervenuta la Corte è che il programma Lighthouse ha aiutato le città nei loro sforzi. Tuttavia, la mancanza di coordinamento tra le iniziative dell’UE e i finanziamenti pubblici e privati, tra governi nazionali e locali, ostacola una più ampia adozione di tali soluzioni al di là degli sforzi delle città partecipanti.

Quindi anche per la Comunità Europea la creazione di una nuova governance che pianifichi la diffusione delle pratiche migliori in tema di energia rinnovabile e mobilità sostenibile e che sappia utilizzare le enormi possibilità che offre l’Information Technology, è il passo necessario affinché le trasformazioni in atto raggiungono gli obiettivi prefissati, in modo da rendere più servizi ai cittadini dell’Unione e città più vivibili e pulite.

3. Mobility as a Service: MaaS82.

L’altra grande scommessa e sfida che gli Enti locali hanno di fronte è l’offerta di una mobilità pubblica che consenta ai cittadini di abbandonare l’utilizzo delle auto private, soprattutto per gli spostamenti interni alle città. Si tratta di una rivoluzione culturale che è paragonabile solo a quanto avvenne nei primi del ‘900 proprio con l’avvento dell’auto e l’abbandono del cavallo come mezzo di trasporto.

Oggi a qualsiasi cittadino di età superiore ai 18 anni, sembra impossibile ‘idea di non avere un’auto di proprietà, in Italia ad esempio il parco auto circolante nel 2022 è di 39,3 milioni di vetture, con età media delle auto superiore ai 12 anni. Una auto per ogni permesso di guida, che in Italia a fine 2019 erano 39,2 milioni.

Convincere questo popolo innamorato della loro auto della necessità del Pay per Use e del MaaS non sarà una impresa facile. Il MaaS, soprattutto, è il nuovo concetto fondamentale per ridisegnare la mobilità urbana.

Con il MaaS si prevede l’integrazione di molteplici servizi di trasporto pubblici e privati in un unico servizio, accessibile via smartphone, capace di rispondere in modo personalizzato a tutte le specifiche esigenze di mobilità e in grado di offrire una reale alternativa all’auto privata. Tutto in una sola app.

Il servizio MaaS viene erogato attraverso l’implementazione di un’unica piattaforma tecnologica, in grado di suggerire al cittadino-utente la migliore soluzione di viaggio basata sulle esigenze o preferenze individuali, sfruttando l’integrazione tra le diverse opzioni di mobilità (trasporto pubblico locale, ride-sharing, car-sharing, bike-sharing, scooter-sharing, taxi, car rental, etc.), sia in termini di pianificazione del viaggio (route planner intermodale, informazioni in tempo reale su tempi di viaggio e distanze), sia in termini di fruizione (prenotazione, pagamento e utilizzo dei servizi).

In molte grandi città metropolitane, grazie ai fondi PNRR, si stanno sviluppando progetti e sperimentazioni per rendere possibile l’utilizzo di altre forme di mobilità che permettano ai cittadini di avere un’alternativa efficiente e vantaggiosa all’utilizzo della propria auto.

Già oggi nei nostri centri urbani sono diffusi servizi di car sharing, bike sharing e etc. Piattaforme come Moovit e myCicero oppure Share Now o la diffusione di progetto della sinosvedese Lynk & Co e mille altri esempi, sono iniziative che fanno già parte della nostra vita quotidiana.

Bisogna proseguire ed accelerare nella trasformazione delle nostre città e solo dagli Enti locali si può passare per far prendere ai cittadini la consapevolezza del problema e le opportunità che possono offrirci le nuove tecnologie per risolvere i problemi della nostra vita quotidiana.

Bisogna investire oggi sul modello di mobilità del futuro per essere pronti quando il domani arriverà.

4. Le colonnine pubbliche di ricarica per gli EV.

Pensare alle colonnine pubbliche, non come qualcosa che limita lo spazio a disposizione per i parcheggi dei “normali” automobilisti, ma come un elemento di presidio del territorio, una occasione per sviluppare una città del futuro veramente Smart. Si può pensare la ricarica degli EV come una nuova possibilità per nuove forme di socialità, di lavoro e sicurezza. Pensiamo all’impatto che gli autogrill hanno avuto sul nostro immaginario collettivo nell’immaginario collettivo a partire dagli sessanta in poi. Gli impianti di ricarica pubblica possono essere luoghi per nuovi servizi di prossimità ai cittadini. In questo senso è sicuramente positivo l’accordo tatto tra Enel X Way e Boldyn Networks Italia Spa, per la realizzazione di una rete 5G su tutti i punti di ricarica pubblici. Obiettivo è la densificazione underlay del segnale 5G per i carrier che vogliono utilizzare la rete. Ciò significa poter sviluppare nuovi servizi IOT che utilizzano protocolli D2D.

Di seguito qualche esempio di nuove funzioni ipotizzabili delle colonnine, sicuramente non esaustivo:

  • Richiesta di intervento delle forze di polizia o di una autoambulanza;

  • Telecamere che controllano gli stalli per la ricarica con la stessa tecnologia per gli accessi in uso nelle ZTL;

  • Rendere gli stalli aree di sicurezza tramite videosorveglianza, per i cittadini vittime di aggressioni o che percepiscono una situazione di pericolo.

  • Messa in sicurezza di aree periferiche a forte rischio devianza;

  • Altra funzione importante, aggiunta di illuminazione dell’area su una ampia sezione della strada, dopo la segnalazione di pericolo.

  • Sistemi di OBDI per la diagnostica dell’EV.

  • VPN per il collegamento sicuro per poter lavorare in tranquillità e sicurezza durante il periodo di ricarica.

  • Nei punti di ricarica di maggior importanza fornirli di un defibrillatore per il primo soccorso.

Oggi invece i comuni non solo non sono protagonisti della trasformazione ma si può dire che sono uno degli elementi critici. Come sottolineato nello studio di E&Y e Eureletric, di cui abbiamo scritto all’inizio dell’articolo. La futura chiave di volta per una collaborazione concreta tra gli Enti locali e i fornitori del servizio di ricarica, non può che essere la compartecipazione degli Enti locali agli utili derivanti dai punti di ricarica pubblici degli EV. L’Ente locale, in cambio di una pianificazione congiunta di tariffe e modalità di erogazione del servizio di ricarica della EV, dovrà garantire interventi puntuali e rapidi da parte degli ausiliari della sosta o da parte della polizia locale, per sanzionare chi occupa oltre il periodo di ricarica, o senza alcun diritto, gli stalli per la ricarica, che tramite la tecnologia V2G, avranno l’importante funzione di supporto e fornitura di energia alla rete.

Su questo punto si inserisce il ruolo di un sistema di prenotazione della ricarica (che alcune app già forniscono) certificato con tecnologia Blockchain. Oggi la polizia locale non sanziona chi occupa gli stalle di ricarica degli EV, violando la normativa che già esiste, perché non c’è interesse nella parte pubblica a sanzionare, in quanto già incassa un canone fisso previsto da parte del concessionario.

Il modello concessorio verticale, con cui si sta attualmente sviluppando il mercato della ricarica degli EV, appare poco flessibile e non rispondente alle reali esigenze delle comunità locali.

Sicuramente in questo periodo iniziale di realizzazione di una prima infrastruttura nazionale ed europea di ricarica per gli EV, la forza finanziaria e industriale di grandi player internazionali, spesso collegati a produttori automobilistici, che hanno investito e stanno investendo miliardi di euro per la realizzazione di una rete di ricarica su tutto il territorio nazionale, ha garantito risultati che altrimenti non sarebbero stati possibili.

Ma una volta che il mercato della mobilità elettrica sarà maturo e la mobilità elettrica si sarà definitivamente affermata, il modello verticale non potrà essere vincente e la programmazione e l’utilizzo orizzontale delle risorse energetiche per la mobilità appare quello più auspicabile.

5. Road Map per la realizzazione di un VPP e una piattaforma MaaS di un Ente locale.

La sperimentazione di un sistema che integra una Virtual Power Plant (VPP) con una piattaforma di Mobility as a Service (MaaS) in un contesto comunale rappresenta un approccio innovativo alla gestione energetica e alla mobilità urbana. L’obiettivo è creare un ecosistema in cui il Comune, diventando un Prosumer energetico, possa contribuire all’efficienza energetica e promuovere la mobilità sostenibile. Vediamo alcuni punti chiave del processo proposto:

  1. Efficientamento Energetico e Valorizzazione delle Strutture Comunali:

Il primo passo verso la creazione di un ecosistema energetico sostenibile implica l’adozione di misure per l’efficientamento energetico e la valorizzazione delle strutture comunali. Questo può includere l’installazione di pannelli solari, sistemi di gestione energetica avanzati, e l’upgrade delle infrastrutture esistenti per ridurre il consumo energetico. Ad esempio, il Comune di San Francisco ha adottato vari programmi di efficientamento energetico che hanno contribuito a ridurre le emissioni di carbonio e i costi energetici. San Francisco ha implementato diverse politiche e programmi per promuovere l’uso efficiente dell’energia, incentivando l’uso di energie rinnovabili e riducendo l’impatto ambientale​1​. Ad esempio, è stato lanciato il progetto pilota di efficientamento energetico da $16,3 milioni per aumentare l’affidabilità elettrica riducendo la domanda energetica durante i picchi​2​. Inoltre, è stato introdotto CleanPowerSF per fornire ai consumatori l’opzione di ottenere più energia da fonti rinnovabili a tariffe competitive​3

  1. Implementazione del VPP:

Un VPP aggrega numerose piccole unità di generazione di energia, come impianti fotovoltaici e eolici, per funzionare come una centrale elettrica virtuale. Un caso d’uso notevole è quello del VPP di Tesla in Australia, che connette migliaia di sistemi di accumulo domestici per fornire energia alla rete durante i picchi di domanda, contribuendo a stabilizzare la rete energetica. In Australia, Tesla ha sviluppato il Virtual Power Plant (VPP) più grande del paese, collegando migliaia di sistemi di accumulo domestici per fornire energia alla rete durante i picchi di domanda, contribuendo a stabilizzare la rete energetica ​4​​5​​6​​7​.

  1. Integrazione con la Piattaforma MaaS:

La piattaforma MaaS facilita l’accesso a vari servizi di mobilità, come car-sharing, bike-sharing e trasporto pubblico. Ad esempio, la città di Helsinki ha lanciato una piattaforma MaaS che permette agli utenti di pianificare e pagare vari modi di trasporto attraverso una singola app. L’integrazione con il VPP può permettere una gestione più efficiente dell’energia destinata alla mobilità sostenibile. Helsinki è stata la prima città a offrire un’offerta completa di Mobility-as-a-Service (MaaS), con l’obiettivo di competere con la proprietà dell’auto e renderla obsoleta offrendo servizi di mobilità migliori attraverso l’app Whim​8​​9​​10​​11​.

  1. Selezione del Partner Industriale:

La selezione di un partner industriale attraverso una gara e una PPP è fondamentale per garantire l’expertise tecnica e finanziaria necessaria. Un esempio è la partnership tra la città di Copenhagen e vari partner industriali per promuovere soluzioni di mobilità sostenibile e infrastrutture energetiche efficienti. Sebbene non si siano trovate informazioni specifiche sulla partnership tra la città di Copenhagen e i partner industriali, la città ha avviato vari progetti per la mobilità verde e l’urbanizzazione sostenibile, come il progetto Green Mobility e la collaborazione con BLOXHUB, un hub di innovazione sostenibile​12​​13​​14​.

  1. Promozione di Altri Asset Energetici:

Il Comune può incentivare l’installazione di ulteriori impianti rinnovabili e la tecnologia V2G per utilizzare le batterie dei veicoli elettrici come risorse di accumulo energetico. Un esempio è il progetto V2G in Danimarca, che permette ai proprietari di veicoli elettrici di vendere l’energia accumulata alla rete durante i picchi di domanda. In Danimarca, il progetto Parker ha dimostrato come i veicoli elettrici di diverse marche possano supportare la rete elettrica attraverso la tecnologia Vehicle-to-Grid (V2G), contribuendo alla transizione verso l’energia rinnovabile​15​​16​​17​​18​​19​.

  1. Implementazione della Tariffazione Bidirezionale:

Un sistema di tariffazione bidirezionale può incentivare i proprietari di EV a collegarsi alla rete nei momenti di maggiore necessità. Questo concetto è stato esplorato in vari progetti pilota in Europa, dove le tariffe energetiche variabili incentivano i comportamenti energetici desiderati. Alcuni studi hanno esplorato l’implementazione di tariffe dinamiche per gestire il carico della rete e incentivare i comportamenti desiderati dei proprietari di veicoli elettrici, come l’integrazione dei veicoli elettrici nella rete elettrica e lo smart charging​20​​21​​22

  1. Utilizzo della Blockchain:

La blockchain può certificare le transazioni energetiche, facilitando la remunerazione tramite criptovalute. Un esempio è la piattaforma B+Charge, che potrebbe utilizzare la blockchain per tracciare e compensare le transazioni energetiche tra prosumer.

  1. Analisi Giuridica e Incentivi Fiscali:

L’analisi giuridica è fondamentale per identificare gli incentivi fiscali e le normative che possono supportare la creazione di una rete di CER. Ad esempio, in Italia, la Legge di Bilancio 2021 ha introdotto misure di sostegno per le comunità energetiche rinnovabili.

Questi punti illustrano una roadmap complessiva che può guidare un ente locale nella transizione verso un sistema energetico più sostenibile e resiliente, promuovendo al contempo la mobilità sostenibile e l’innovazione tecnologica. L’integrazione di VPP e MaaS, supportata da una robusta partnership pubblico-privata e incentivata da un quadro normativo favorevole, può rappresentare una solida base per la creazione di comunità energetiche rinnovabili e per il raggiungimento degli obiettivi di sostenibilità a lungo termine.

Bibliografia

Libri

  1. Connectography. Le mappe del futuro ordine mondiale, di Parag Khanna, Fazi,pp. 622, 2016.

  2. La rinascita delle città-stato, di Parag Khanna, Fazi Editore, pp. 160, 2017.

  3. La Miseria del Mondo, di Pierre Bourdieu, Mimesis, pp. 858, 2015.

  4. Sullo Stato, di Pierre Bourdieu, Feltrinelli, pp. 208, 2013.

  5. La città di domani, di Carlo Ratti, Einaudi, pp. 128, 2017.

  6. Urbanità, di Carlo Ratti, Einaudi, pp. 112, 2022.

  7. L’economia della conoscenza, Domenique Foray, il Mulino”, pp. 184, 2006.

  8. Transizione ecologica, Gaël Giraud, EMI, pp. 288. 2015.

  9. Economia all’idrogeno, Jeremy Rifkin, Mondadori, pp. 348, 2003.

  10. Il prossimo futuro, Alec Ross, Feltrinelli , pp. 352, 2017.

      1. Direttive e linee guida EU

    REPowerEU

  1. https://it.m.wikipedia.org/wiki/REPowerEU

  2. Commission endorses Italy’s €194 billion modified recovery and resilience plan, including a REPowerEU chapter

  3. https://commission.europa.eu/strategy-and-policy/priorities-2019-2024/european-green-deal/repowereu-affordable-secure-and-sustainable-energy-europe_i

    Green deal

  4. https://commission.europa.eu/strategy-and-policy/priorities-2019-2024/european-green-deal/repowereu-affordable-secure-and-sustainable-energy-europe_i

  5. https://it.wikipedia.org/wiki/Green_Deal_europeo

  6. Per un dettagliato rapporto sui finanziamenti erogati questa è la documentazione della Corte dei Conti Europea: https://www.eca.europa.eu/it/publications?ref=SR-2023-22 .

  7. Per un riepilogo sulle emissioni e gli obiettivi:https://eur-lex.europa.eu/IT/legal-content/summary/climate-action-binding-annual-greenhouse-gas-emission-reductions-2021-2030.html ;

    1. Economia circolare

  8. https://www.europarl.europa.eu/factsheets/it/sheet/76/efficienza-delle-risorse-ed-economia-circolare

  9. https://www.europarl.europa.eu/news/it/headlines/economy/20151201STO05603/economia-circolare-definizione-importanza-e-vantaggi

  10. https://www.consilium.europa.eu/it/policies/circular-econom

  11. https://economiacircolare.confindustria.it/entrate-in-vigore-le-quattro-direttive-europee-sulleconomia-circolare/

  12. Clean energy for all Europeans package: https://ec.europa.eu/energy/topics/energy-strategy/clean-energy-all-europeans_it

    Smart city

  13. https://digital-strategy.ec.europa.eu/it/policies/smart-cities-and-communities

  14. https://digital-strategy.ec.europa.eu/it/policies/smart-city-digital-ecosystem

  15. https://www.lavoripubblici.it/news/direttiva-case-green-raggiunto-nuovo-accordo-32309

  16. Corte dei Conti Europea Rapporto 2023 – 2024: “Città intelligenti Soluzioni concrete, ma la frammentazione ne ostacola una più ampia adozione”: https://www.eca.europa.eu/ECAPublications/SR-2023-24/SR-2023-24_IT.pdf

    Red III

  17. Direttiva UE2023/2413: https://eur-lex.europa.eu/legal-content/IT/TXT/PDF/?uri=OJ:L_202302413

  18. Per una sintesi delle previsione della nuova Direttiva UE2023/2413: https://www.insic.it/tutela-ambientale/

  19. energia-e-sostenibilita-articoli/promozione-energia-da-fonti-rinnovabili-in-gazzetta-la-direttiva-red-iii-dir-2023-2413/

    La normativa statale per la realizzazione di impianti da fonti elettriche rinnovabili

  20. PNIEC disponibile: https://www.mise.gov.it/images/stories/documenti/PNIEC_finale_17012020.pdf ;

  21. https://greenreport.it/news/clima/energia-e-clima-lue-boccia-il-piano-nazionale-pniec-del-governo-meloni/ ;

  22. https://www.gse.it/normativa ;

  23. http://documenti.camera.it/leg19/dossier/pdf/AP0055.pdf ;

  24. https://leg16.camera.it/522?tema=60&Energie+rinnovabili ;

  25. https://www.arera.it/atlante-per-il-consumatore/gas/il-mercato-dellenergia/il-mercato-libero/cosa-e-il-mercato- libero ;

  26. https://anierinnovabili.anie.it/gruppi/fotovoltaico/normativa-e-legislazione/norme-cei/ ;

  27. https://www.gse.it/servizi-per-te/fonti-rinnovabili ;

  28. https://www.gse.it/dati-e-scenari/monitoraggio-fer ;

  29. https://www.gse.it/ricerca?q=smaltimento+fotovoltaico ;

  30. https://www.gse.it/servizi-per-te/fotovoltaico/conto-energia/gestione-moduli ;

  31. ttps://www.rinnovabili.it/energia/politiche-energetiche/energie-rinnovabili-2023-in-italia-coperto-36-consumi/;

    Rapporti e Studi

  1. Rapporto di Ernst & Young ed Eurelectric: https://cdn.eurelectric.org/media/6414/six-essentials-for-mainstream-ev-adoption2023-eyeurelectric ;

  2. Nature Communications,” Electric vehicle batteries alone could satisfy short- term grid storage demand by as early as 2030. Gennaio 2023. https://pubmed.ncbi.nlm.nih.gov/36650136/;

  3. (Battery energy storage systems, o BESS) supererà i 420 GWh annui: https://www.rystadenergy.com/news/new-battery-storage-capacity-to-surpass-400-gwh-per-year-by-2030-10-times-current ;

  4. Eletrecity Market Report 2022 «Mind the gap»: abilitatori della transizione energetica. https://www.astrid-online.it/static/upload/emr_/emr_2022_web.pdf ;

  5. Rapporto” Quota di mercato, dimensioni, tendenze, rapporto di analisi delsettore delle centrali elettriche virtuali, 2023-2032”. https://www.polarismarketresearch.com/press-releases/virtual-power-plant-market ;

  6. Rapporto sulle Comunità Energetiche Enea: https://www.pubblicazioni.enea.it/le- ;

  7. Guida tematica Comunità Europea: MAAS in PUMS: https://programme2014-20.interreg-central.eu/Content.Node/Dynaxibility4CE/MaaS-Topic-Guide-IT.pdf;

  8. Associazione Italiana della telematica per i trasporti e la sicurezza. “Linee Guida per lo sviluppo dei servizi MasS in Italia”: https://www.ttsitalia.it/wp-content/uploads/2021/07/Linee-guida-per-lo-sviluppo-dei-servizi-MaaS-in-Italia_w;

  9. Kioto club – Cnr – IIA 6° Rapporto Mobilitaria 2023 Mobilità 2030: Aria Pulita, Decarbonizzazione e spazi sicuri nelle grandi città italiane: https://iia.cnr.it/wp-content/uploads/2023/05/rapporto_mobilitaria_2023.pdf;

  10. Rapporto Loyd’s Register: https://www.lr.org/en/about-us/press-listing/press-release/lack-of-yard-capacity-and-capability-could-compromise-the-maritime-industrys-retrofit-ambitions/ ;

  11. Sull’eolico off-shore: https://www.ambrosetti.eu/le-nostre-community/floating-offshore-wind-community/.

1La Convenzione firmata il 14/04/2008, prevedeva: <<… l’Enel si è impegnata infatti a investire, su luoghi individuati assieme al comune, 300 milioni per la produzione di energia elettrica da impianti eolici, con una stima di 80 milioni di euro di ricadute sull’imprenditoria locale. Al comune di Civitavecchia spetterà una royalty del 3% sull’esercizio degli impianti eolici (stimabile in 2 milioni di euro annui). Inoltre, la società elettrica solleva il comune dal pagamento di 1 milione e 100 mila euro derivanti dagli impianti fotovoltaici installati su 12 istituti scolastici cittadini, impianti che restano comunque di proprietà comunale. Per quanto riguarda gli impegni economici,…. A questi, nei primi tre anni, si aggiungeranno 10,5 milioni di euro derivanti dal concordato aumento dell’importo Ici. Dopo questo triennio Enel verserà nelle casse del comune 4 milioni per ogni anno di esercizio della centrale (per un importo massimo omnicomprensivo annuale di 8,8 milioni di euro). Infine, da segnalare l’impegno di Enel a ridurre di un terzo le emissioni inizialmente previste>> . https://www.italiaoggi.it/archivio/civitavecchia-sigla-la-convenzione-con-l-enel-1545287

2Il progetto europeo Floatech: è il progetto europeo per ottimizzare l’eolico offshore. Un consorzio di 18 partner, tra pubblici e privati, provenienti da 8 paesi europei, hanno migliorato le turbine eoliche galleggianti di grandi dimensioni e la loro integrazione nei grandi campi eolici. Oltre al centro di ricerca SeaPower scrl, ne fanno parte la TUB, l’università di Firenze, l’Ecole centrale de Nantes, la Technische Universiteit Delft, l’Universiteit Gent (Belgio), Danmarks Tekniske Universitet. CNR, Saipem,  BW Ideol e 8 piccole e medie imprese francesi, portoghesi olandesi e svedese. Il progetto Floatech finanziato da Horizon 2020 e coordinato dalla Technische Universität Berlin. . Per l’Italia ha partecipato SEAPOWER scrl, un centro di ricerca pubblico-privato, che da circa 30 anni opera nel settore della ricerca applicata alle fonti di energia rinnovabile.  https://greenreport.it/news/energia/il-futuro-delleolico-offshore-parla-anche-italiano-video/ .

5al Mase risultano presentate su tutto il territorio nazionale 102 domande VIA – VAS. https://va.mite.gov.it/it-IT/Ricerca/ViaTipologia . Per quanto riguarda la commissione Via-Vas, nel 2023 le istanze di VIA per impianti eolici vagliate sono state 33, per una potenza totale installata superiore a 2 GW e un controvalore complessivo pari a circa 3,5 miliardi. Le richieste di connessione di impianti eolici offshore ammontano a circa 110 GW (fonte: Terna). https://www.quotidiano.net/economia/ultimaora/10-gw-di-eolico-offshore-in-10-anni-lobiettivo-di-anev-46e61801; anche https://energiaoltre.it/italia-eolico-offshore-anev/ .

6Attualmente, la flotta mondiale per il servizio e la manutenzione dei campi eolici è di 34 unità, con una quota di Fincantieri del 36%”. Si prevede inoltre che quasi 150 nuove navi saranno ordinate per questo entro il 2027. Secondo il Marine Offshore Renewable Energy Lab (MOREnergy Lab) e il Politecnico di Torino, il potenziale italiano di eolico offshore galleggiante è pari a 207,3 GW (x3,4 le FER installate nel 2022) in termini di potenza, e 540,8 TWh/anno (x1,7 la domanda elettrica nel 2022) in termini di generazione.

9Previste dall’art. 12, comma 6, D.L n. 387/2003 << Attuazione della direttiva 2001/77/CE relativa alla promozione dell’energia elettrica prodotta da fonti energetiche rinnovabili nel mercato interno dell’elettricità >>.

10Per un dettagliato rapporto sui finanziamenti erogati questa è la documentazione della corte dei conti europea: https://www.eca.europa.eu/it/publications?ref=SR-2023-22 .

 

11Nell’Aprile 2023, Enel ha presentato la sua roadmap di decarbonizzazione nel Zero Emissions Ambition Report. Nel report, Enel traccia la sua strategia a breve, medio e lungo termine per arrivare all’azzeramento delle emissioni dirette e indirette di gas a effetto serra entro il 2040. Enel punta con decisione su soluzioni energetiche sostenibili nei settori delle rinnovabili, dell’elettrificazione e dell’efficienza energetica. Il Gruppo ha creato programmi per sviluppare nuove capacità e competenze necessarie nel passaggio a un’economia decarbonizzata, coinvolgendo anche i fornitori nell’affrontare le sfide della transizione energetica. https://www.enel.com/investors/sustainability/strategy-sustainable-progress/net-zero .

12Nicola Lanzetta, direttore Italia del gruppo Enel, in audizione in Commissione Ambiente e Lavori pubblici del Senato, lo scorso 31 gennaio 2024, ribadisce l’impegno del gruppo in Italia. Ricordando che nel Piano 2024-2026, Enel prevede investimenti per quasi 36 miliardi, “e la metà di questi sono in Italia, per oltre 17 miliardi”. Nel dettaglio, ricorda, circa due terzi, piu’ di 12 miliardi di investimenti, andranno sulla rete di distribuzione (di cui circa 3 miliardi relativi a progetti inclusi nel Pnrr) e circa 5 miliardi di investimenti volti a migliorare le performance tecniche e operative degli impianti esistenti e sviluppare nuova capacità rinnovabile e di accumulo e massimizzare il coinvolgimento e la soddisfazione dei clienti. “l’Italia avrà “tra i più grandi sistemi di accumulo su larga scala al mondo”. Lanzetta Hai poi sottolineato l’importanza dell’investimento in reti. “In Italia ancor di più che resto del mondo riteniamo che sia indispensabile investire sulla rete, tanto è vero che circa i due terzi degli investimenti verranno fatti proprio sulla rete. L’Italia è un Paese che ha colto l’opportunità della generazione distribuita, un Paese che ha colto la maturità e la sensibilità di cittadini di dotarsi di sistemi di autoproduzione. Questo può essere fatto se e soltanto se questa rete ha una grande capacità di hosting, ovvero di ospitare capacità di generazione affiancata sempre ad una evoluzione tecnologica, che deve far sì che la rete sia in grado di supportare eventi meteo che fino a ieri del tutto sconosciuti” – “Italia “è la country di riferimento per Enel dove è presente su tutta la filiera dell’energia”. https://www.pv-magazine.it/2024/01/31/enel-lanzetta-al-senato-focus-sulleolico-catena-pv .

13 Sito istituzionale: https://www.iea.org/

14 Sito : https://www.irena.org.

20Sull’argomento il Report di Lloyd’s Register: Shipping for Fit for 55: https://maritime.lr.org/fit-for-55-report .

22Le Comunità Energetiche Rinnovabili (CER) sono normate nell’articolo 42-bis del Decreto Milleproroghe 162/2019 (convertito con la Legge n. 8/2020 del 28 febbraio 2020), nei relativi provvedimenti attuativi e nel D.lgs. 199/2021, che dà attuazione alla Direttiva Europea RED II sulla promozione dell’uso dell’energia da fonti rinnovabili. Una Comunità Energetica è in un soggetto giuridico tra cittadini, attività commerciali, pubbliche amministrazioni associazioni, PMI ecc. (sono escluse le grandi imprese) che si costituisce con lo scopo di produrre, scambiare e consumare energia da fonti rinnovabili su scala locale. Questo significa, per esempio, che una PMI, una Pubblica Amministrazione, un cittadino, ecc., possono costituire tra di loro una associazione o un produttivo o scuola o tetto della abitazione e condividere l’energia prodotta e immessa in rete tra di loro e con altri cittadini che decidono di far parte della Comunità.

26 Le centrali elettriche virtuali (VPP) sono sistemi decentralizzati di gestione che aggregano l’energia proveniente da una rete di risorse energetiche distribuite, come pannelli solari. Residenziali, batterie di grande capacità e parchi eolici. Utilizzando un sistema basato sul cloud e impiegando strumenti di AI, queste piattaforme possono rendere le reti più resilienti, riconfigurandosi continuamente per attingere da qualsiasi fonte di energia disponibile, anche in presenza di fluttuazioni della domanda. Ad esempio, se una turbina eolica non sta producendo energia in un determinato momento, allora una serie di batterie residenziali, anche allocate dall’altra parte della città di riferimento, può compensare questa mancanza. Di pari passo con il progresso della tecnologia legata ai pannelli fotovoltaici e alle batterie per l’accumulo domestico, anche le modalità di cessione/compravendita dell’energia prodotta da privati da parte delle società che gestiscono la rete elettrica sta evolvendo. Negli Stati Uniti, ad esempio, lo scambio sul posto (SSP) ovvero la modalità di cessione dell’energia elettrica prodotta da un impianto fotovoltaico alla rete elettrica nazionale, sta per lasciare il posto alle centrali elettriche virtuali (VPP, Virtual Power Plant) in grado di “sfruttare” anche l’accumulo domestico. Sebbene possa sembrare la diffusione di batterie andrà ad aiutare la rete elettrica a gestire i flussi di domanda/offerta energetica molto meglio dello scambio sul posto: a differenza del SSP, infatti, le batterie permettono di cedere energia solo se e quando ve ne è una reale necessità. In questo modo si evita anche di sovraccaricare le linee elettriche, scongiurando il rischio di danni e blackout .

27 L’idea per superare il limite di 1 megawatt per singola Cer per soggetto giuridico è utilizzare l’ aggiornamento dello Statuto Comunale prevedendo le C ER solidali di quartiere nello Statuto.

28L’effetto principale di un sistema di questo tipo riguarderà ovviamente la rete di distribuzione, che – storicamente di tipo passivo, cioè priva di impianti di produzione – assumerà nel tempo un carattere sempre più attivo, in modo che i flussi di energia, un tempo unicamente unidirezionali (dalla produzione all’utilizzo), potranno transitare bidirezionalmente, La smart grid è un insieme di reti “informate” di distribuzione dell’energia che ottimizza la trasmissione dell’elettricità, che diventa decentralizzata rispetto alle centrali dove viene prodotta. Non solo. Queste reti comunicano tra loro in ogni punto e ciò comporta l’ottimizzazione delle risorse e la riduzione degli sprechi. Individuano falle, picchi di consumo e misurano come una sorta di termometro “il grado” di energia che circola e viene prodotta in ogni punto della rete. Il suo scopo non si lega solo al modo di rifornire l’utente finale ma è il presupposto per lo sviluppo di una nuova energia, 100% verde. Le fonti rinnovabili non sono, per definizione, fonti di energia programmabili. E la rete intelligente permette di gestire deficit e surplus di corrente e sfruttarne a pieno le potenzialità. In ogni punto della rete è infatti possibile immagazzinare, gestire ed elaborare dati ed energia. Inoltre, permette a chi ha impianti fotovoltaici di reimmettere in rete l’energia prodotta in eccesso rispetto al fabbisogno della famiglia o delle abitazioni servite dall’impianto. Una rivoluzione, visto che il precedente sistema era totalmente unidirezionale (ad albero): dal produttore al cliente finale. Con le smart grid, invece, lo scambio avviene in più direzioni coinvolgendo il cliente nello stoccaggio dell’energia prodotta dal proprio impianto fotovoltaico o dall’impianto eolico.

29Secondo lo studio dalla Commissione Europea “Identification and quantification of key socio-economic data to support strategic planning for the introduction of 5G in Europe”, benefici economici sostanziali deriveranno dalla diffusione e dal miglior utilizzo degli smart meters (ovvero i contatori intelligenti), la cui diffusione in Europa raggiungerà quasi 280 milioni di unità nel 2025 e si avvicinerà a quota 320 milioni nel 2030. La capillarità degli smart meters porterà tre tipi di benefici: strategici, operativi e per i consumatori. I primi sono relativi ad un miglior uso dell’informazione reso possibilità da meters con connettività 5G, che permetteranno un maggiore coordinamento tra la produzione generazione di energia e la domanda effettiva, con conseguenti risparmi in termini di costi marginali di breve periodo. Questi risparmi, quantificati in circa 2,75 euro per ogni device, produrranno benefici per 775 milioni l’anno dal 2025 e di 877 milioni dal 2030.La nascita e lo sviluppo nel mondo delle smart grid prende le mosse proprio dall’Italia e, in particolare, dall’impegno di Enel che è stata la prima nel mondo ad avviare l’installazione degli smart meters (contatori intelligenti), già nel 1999. Le smart grid sono definite l’internet dell’energia.

30 Connectography. Le mappe del futuro ordine mondiale di Parag Khanna, Fazi,pp. 622, 2016; La rinascita delle città-stato DI Parag Khanna, Fazi Editore, pp. 160, 2017.

31“L’Uso dell’espressione «economia fondata sulla conoscenza» permette di cogliere una novità qualitativa nell’organizzazione e nella moderna: le determinanti del successo delle imprese e della gestione della vita economica delle economie nazionali, dipendono sempre più dalla capacità di produrre e utilizzare la conoscenza.

Come già era avvenuto per l’economia industriale, sviluppatasi in concomitanza con l’avvento della industria, l’economia della conoscenza acquisisce lo status di disciplina autonoma quando inizia a svilupparsi l’economia nella quale la quota di occupazione ad alta intensità di conoscenza è preponderante rispetto alla quota di capitale fisico …Storicamente, le economie fondate sulla conoscenza si sono affermate grazie a un duplice fenomeno: da un lato una tendenza di lungo periodo all’aumento delle risorse destinate alla produzione e alla trasmissione delle conoscenze (istruzione, formazione, ricerca e sviluppo, coordinamento economico); dall’altro, un’innovazione tecnologica importante (l’avvento delle nuove tecnologie dell’informazione e della comunicazione) che ha agito da elemento scatenante per i cambiamenti strutturali”. Domenique Foray, L’economia della conoscenza, Bologna, il Mulino”, pp. 184, 2006.

32La Miseria del Mondo, Pierre Bourdieu, Mimesis, pp. 858, 2015. Sullo Stato, Pierre Bourdieu, Feltrinelli, pp. 208, 2013.

  • 38 Smart city. La rivoluzione intelligente delle città, di Giuliano dell’O, Il Mulino, pp. 136, 2014.

41 Urbanità, Einaudi, Carlo Ratti, pp. 96, 2023 .

43Lo sviluppo della MaaS a Singapore sta avvenendo anche grazie al programma Smart Mobility 2030: (https://www.lta.gov.sg/content/dam/ltaweb/corp/GreenTransportintelligent_transport_systems/.smartmobility2030.pdf;) un progetto che vede la collaborazione tra Land Trasportion Autohority (LTA): https://www.lta.gov.sg/content/dam/ltagov/getting_around/driving_in_singapore/;

Intelligent Transportation Society di Singapore (“ITSS”):https://itssingapore.org.sg/ e l’Autorità per la Riqualificazione Urbana di Singapore (“URA”): https://www.ura.gov.sg/Corporate/Resources/Ideas-and-Trends/ Mobility-as-a-Service.

Per ulteriori approfondimenti: https://www.mazars.sg/Home/Industries/Transport-logistics/Transport-Logistics-Insights/Mobility-as-a-service-in-Singapore.

45https://moovit.com/it/: – Intel ha acquisito Mobileye, proprietaria di Moovit nel 2017, e da allora i ricavi di Mobileye si sono più che raddoppiati. Moovit è stata fondata nel 2012 a Tel Aviv, Israele. Moovit combina informazioni dagli operatori di trasporto pubblico e le autorità con informazioni aggiornate in ogni momento da parte degli utilizzatori, per offrire a chi viaggia un quadro in tempo reale del migliore tragitto per la loro destinazione. Moovit ha incrementato di sette volte il numero di utilizzatori negli ultimi 24 mesi ed ha anche siglato una partnership strategica con i principali operatori di ride-sharing, le aziende del settore per analisi mobilità, itinerari, ottimizzazione e operazioni per la MaaS, per ottimizzare le tecnologie predittive basate sulla richiesta dei clienti e gli schemi ricorrenti del traffico. Potrà, inoltre, attingere all’archivio dati di oltre 7500 agenzie e operatori di trasporto, per migliorare i servizi degli oltre 800 milioni di utilizzatori di tutto il mondo.

46 Helsinki e best pratics in Europa:

1.https://www.openstarts.units.it/server/api/core/bitstreams/589cdfdb-14ef-4837-a464-bbff9a43d79d/content 2.https://whimapp.com/helsinki/en/ ; 3. “How Helsinki became a ‘Mobility as a Service’ leader | Eltis”, eltis.org.

4.”Helsinki conducts a Mobility as a Service trial – The Agility Effect”, theagilityeffect.com, theagilityeffect.com. 5. “Helsinki “Ecosystem | Mobility Lab Helsinki”, mobilitylab.hel.fi. 6)”MaaS in Helsinki: from theory to practice – MaaS4EU”, maas4eu.eu, maas4eu.eu.

47 Disciplina la materia la legge regionale n. 30 del 1996 Disposizioni in materia di circoscrizione dei comuni”.

48 Gli strumenti sono previsti dalla legge su ”Rilancio aree di crisi” n. 181/89 e s.m.i. . Con il Decreto ministeriale 10 novembre 2023 lo strumento agevolativo L. n. 181/89 è stato adeguato alle nuove disposizioni del Regolamento generale di esenzione per categoria n. 651/2014 (GBER), come da ultimo modificato dal Regolamento (UE) 2023/1315 del 23 giugno 2023.
Con il Regolamento 2023/1315/UE, la Commissione ha modificato, integrato e prorogato sino al 2026 il Regolamento generale di esenzione per categoria, al fine di permettere agli Stati membri una maggiore flessibilità nel sostegno a settori fondamentali per la transizione energetica. https://eur-lex.europa.eu/legal-content/IT/TXT/?uri=CELEX%3A32023R1315 .

49 Secondo i dati presentati giovedì 1° febbraio a Roma, con ben 89 operazioni firmate l’Italia ha ricevuto un volume complessivo di 12,2 miliardi di euro, in grado di attivare investimenti per circa 38 miliardi di euro. In altre parole, un euro ogni 6 erogati dal gruppo in Europa ha avuto come destinatari soggetti italiani. Di Angela Zoppo, 1 febbraio 2024, Milano finanza: https://www.milanofinanza.it/news/italia-primo-paese-per-i-finanziamenti-bei-spinta-da-transizione-ecologica-e-digitale .

51 L’elemento più rilevante nella transizione energetica è la rete, e quella italiana è fra le più all’avanguardia e interconnesse. Grazie anche al Gruppo Enel che ne gestisce più di 1,2 milioni di km (con circa 450mila cabine secondarie e 2.500 fra cabine primarie e centri satellite) e al suo approccio strategico basato su innovazione e continuo potenziamento della rete che, oggi accoglie già circa 1,6 milioni di impianti di generazione distribuita.

53 https://www.repubblica.it/green-and-blue/2024/02/06/news/ue_target_tagli_emissioni-422069048/ ; sui limti in vigore in Europa: https://eur-lex.europa.eu/IT/legal-content/summary/climate-action-binding-annual-greenhouse-gas-emission-reductions-2021-2030.html

56Milano Finanza, 1 febbraio 2024, di Angela Zoppo, Italia primo Paese per i finanziamenti BEI:

https://www.milanofinanza.it/news/italla primo-paese- per-1-finanziamenti-bei-spinta-da-

transizione-ecologica-e-digitale-202401312344018813

58 L’EU ETS funziona secondo il principio “cap and trade”. Un  tetto è un limite fissato alla quantità totale di gas serra che possono essere emessi dagli impianti e dagli operatori aerei coperti dal sistema. Il tetto viene ridotto ogni anno in linea con l’obiettivo climatico dell’UE, garantendo che le emissioni diminuiscano nel tempo. Dal 2005, l’EU ETS ha contribuito a ridurre del 37% le emissioni degli impianti elettrici e industriali.

Il tetto è espresso in quote di emissione, dove una quota dà il diritto di emettere una tonnellata di CO 2 eq (biossido di carbonio equivalente). Per ogni anno, le aziende devono restituire quote sufficienti per contabilizzare interamente le loro emissioni , altrimenti vengono imposte pesanti multe. Al’interno del tetto, le aziende acquistano principalmente quote sul mercato del carbonio dell’UE, ma ricevono anche alcune quote gratuitamente . Le aziende possono anche scambiarsi le quote tra loro, se necessario. Se un impianto o un operatore riduce le proprie emissioni, può conservare le quote di riserva da utilizzare in futuro oppure venderle.

La riduzione del tetto offre alle aziende la certezza sulla scarsità delle quote a lungo termine e garantisce che le quote abbiano un valore di mercato. Il prezzo delle quote funge da incentivo per le aziende a ridurre le emissioni come e dove costa meno farlo. Determina inoltre le entrate che l’EU ETS genera dalla vendita delle quote. Dal 2013, l’EU ETS ha generato entrate per oltre 152 miliardi di euro. 

60 Il progetto prevede la conversione chimica del carbonio e dell’idrogeno contenuti nei rifiuti (plastica non riciclabile, CSS e frazione secca) mediante ossidazione parziale e successiva purificazione in syngas a basso impatto carbonico. Questa tecnologia si applica per soluzioni “Waste-to-X” che convertono il syngas prodotto in prodotti chimici circolari e carburanti che collegano due settori come la gestione dei rifiuti e la produzione di sostanze chimiche e combustibili, con notevoli risparmi di CO2 derivanti dal mancato incenerimento dei rifiuti e allo stesso tempo decarbonizzando l’industria tradizionale.

 

61Rapporto di Ernst & Young ed Eurelectric: https://cdn.eurelectric.org/media/6414/six-essentials-for-mainstream-ev-adoption-2023-eyeurelectric-. Eurelectric, rappresenta gli interessi dell’industria elettrica europea. Con membri in oltre 30 paesi europei e più di 3.500 aziende di generazione, distribuzione e fornitura.

62Sulle reali esigenze di punti di ricarica per la diffusione degli EV in Europa, anche il Rapporto dell’ACEA (Associazione Europea dei Costruttori Automobili). Il rapporto viene aggiornato annualmente. Il Rapporto 2022 “Making the Transition to Zero-Emission Mobility” traccia i progressi compiuti nell’Unione Europea sui principali fattori abilitanti per autovetture e furgoni a propulsione alternativa. https://www.acea.auto/publication/2022-progress-report-making-the-transition-to-zero-emission-mobility/ .

63Sull’argomento: “Obbligo di punti di ricarica per veicoli elettrici: tipi di connessione, sistemi e i modi di carica”: https://biblus.acca.it/veicoli-elettrici-installazione-pu .

64Nature Communications:” Electric vehicle batteries alone could satisfy short-term grid storage demand by as early as 2030. Gennaio 2023. https://pubmed.ncbi.nlm.nih.gov/36650136/ oppure: https://www.qualenergia.it/pro/documenti/electric-vehicle-batteries-alone-could-satisfy-short-term-grid-storage-demand-by-as-early-as-2030.

65Secondo stime di Rystad Energy, entro il 2030 la capacità di stoccaggio dell’energia elettrica in batteria (Battery energy storage systems, o BESS) supererà i 420 GWh annui. https://www.rystadenergy.com/news/new-battery-storage-capacity-to-surpass-400-gwh-per-year-by-2030-10-times-current .

66Rapporto” Quota di mercato, dimensioni, tendenze, rapporto di analisi del settore delle centrali elettriche virtuali, per tecnologia (risposta alla domanda, generazione distribuita e asset misti); Per fonte; Per utente finale; Per regione; Previsioni del segmento, 2023-2032”. sul https://www.polarismarketresearch.com/press-releases/virtual-power-plant-market

67 Politecnico di Milano – “Rapporto annuale ELECTRICITY MARKET REPORT 2022: «Mind the gap»: abilitatori della transizione energetica cercasi”. https://www.astrid-online.it/static/upload/emr_/emr_2022_web.pdf

69 Il dibattito sulle municipalizzate? Ha più di 100 anni. A cominciare da Roma, di Valeria Palumbo, Corriere della sera 23 giugno 2016. <<… Il dibattito sulle municipalizzate, sulla maggior o minore efficienza della gestione privata, sugli scandali e i costi dura da sempre. O meglio, da quando, dopo un accesissimo dibattito, il 24 marzo 1903, il Senato approvava a voto segreto la municipalizzazione dei pubblici servizi, con 85 sì contro 67 no. La legge era stata voluta da Giovanni Giolitti, all’epoca ministro dell’Interno. …. Quasi un anno prima, a fine maggio 1902, il Corriere aveva pubblicato la relazione dell’onorevole Angelo Majorana Calatabiano, zio del celebre fisico Ettore, ma soprattutto vero talento dell’economia. Majorana, a fine 1903, sarebbe stato nominato sottosegretario alle Finanze nel secondo governo Giolitti e l’anno dopo, a soli 38 anni, ministro delle Finanze (sarebbe poi morto nel 1910 a 44 anni). Majorana, favorevole alla riforma, disse dunque che nel secolo XIX la tendenza era stata di sottrarre ai pubblici poteri le iniziative industriali, ma il XX secolo si apriva con idee del tutto nuove. Aggiunse che i comuni non erano mossi da spirito di speculazione e che avrebbero, per questo, ridotto i costi, in particolare del gas e dell’energia elettrica. Majorana fece una serie di esempi concreti e poi indicò i campi sui quali si sarebbe allungata la mano pubblica: acqua, energia elettrica, trasporti, acquedotti, nettezza urbana, fognature, affissioni, bagni, lavatoi (all’epoca pochi avevano l’acqua corrente in casa: al Sud praticamente nessuno), asili notturni, semenzai e vivai (non male, per un popolo di contadini poveri). La relazione Majorana sul Corriere della Sera del 26-27 maggio 1902 All’epoca fu una rivoluzione… A noi, abituati da sempre all’illuminazione delle strade a cura dell’amministrazione pubblica o all’acqua (pubblica) del rubinetto l’elenco può sembrare banale. All’epoca fu una rivoluzione un passo verso una cittadinanza diffusa e reale.
Fu proprio questo il primo pensiero del più celebre sindaco di Roma, Ernesto Nathan, e del suo assessore socialista, Giovanni Montemartini, – grande economista – forse il principale teorico delle municipalizzazioni in Italia, ispiratore della legge di Giolitti. In veste di assessore ai servizi tecnologici di Roma dal 1907 al 1913, Montemartini fu l’amministratore che più di tutti tentò, di realizzare la legge Giolitti … >>.

70 Il Pec è stato introdotto nell’ordinamento italiano Legge n. 10/91 “Norme per l’attuazione del Piano energetico nazionale in materia di uso razionale dell’energia, di risparmio energetico e di sviluppo delle fonti rinnovabili di energia”: la norma prescrive per i comuni con oltre cinquantamila abitanti l’obbligo che i piani regolatori generali prevedano uno specifico piano comunale per l’uso delle fonti rinnovabili di energia.

71 Piano urbano mobilità sostenibile (PUMS) è stato introdotto nell’ordinamento con il Decreto del Ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti del 4 agosto 2017 recante “Individuazione delle linee guida per i piani urbani di mobilità sostenibile, ai sensi dell’articolo 3, comma 7, del decreto legislativo 16 dicembre 2016, n. 257”, poi aggiornate con Decreto n° 396 del 28 agosto 2019. Il Decreto ha come finalità di favorire l’applicazione omogenea e coordinata di linee guida per la redazione di Piani Urbani di Mobilità Sostenibile su tutto il territorio nazionale. Il PUMS è stato codificato in Italia come ricezione delle Linee Guida ELTIS (“Guidelines for developing and implementing a Sustainable Urban Mobility Plan” approvate nel 2014 dalla Direzione Generale per la Mobilità e i Trasporti della Commissione Europea) e dal loro aggiornamento pubblicato come seconda edizione delle linee guida europee nell’ottobre 2019, da cui la definizione di Pums come un : “Piano Urbano della Mobilità Sostenibile è un piano strategico che si propone di soddisfare la variegata domanda di mobilità delle persone e delle imprese nelle aree urbane e peri-urbane per migliorare la qualità della vita nelle città. Il PUMS integra gli altri strumenti di piano esistenti e segue principi di integrazione, partecipazione, monitoraggio e valutazione”.

72 Una analisi dettagliata sui Puns approvati in Italia nelle aree metropolitane si trova nel Rapporto Mobilitaria 2023, “MOBILITÀ 2030: ARIA PULITA, DECARBONIZZAZIONE E SPAZI SICURI NELLE GRANDI CITTÀ ITALIANE” – realizzato dal Kyoto Club e dal CNR-IIA – 6° edizione. Il Rapporto analizza lo stato dell’arte nelle aree metropolitane italiane. <<…Piani Urbani della Mobilità Sostenibile (PUMS) sono lo strumento pianificatore che le amministrazioni hanno a disposizione per operare nella logica della decarbonizzazione della mobilità e dello sviluppo di mobilità sostenibile, fondamentalmente prevedendo tre filoni di azione: » realizzare una “cura del ferro”, per mettere a disposizione un servizio di trasporto pubblico non inquinante e davvero concorrenziale con il trasporto privato; » ripensare l’assetto urbano, privilegiando la mobilità attiva, di pedonale e ciclabile, limitando la circolazione dei mezzi privati con zone a velocità limitata ed a basse emissioni; » favorire lo sviluppo di servizi di mobilità condivisa per contribuire a ridurre il numero di mezzi privati a motore, e favorire il ricambio del parco veicolare per una sua elettrificazione. Nel complesso dei comuni capoluogo delle 14 città metropolitane (Bari, Bologna, Cagliari, Catania, Firenze, Genova, Messina, Milano, Napoli, Palermo, Reggio Calabria, Roma, Torino, Venezia) vivono oltre 21 milioni di persone – più di un terzo della popolazione italiana. Va evidenziato che il quadro dei PUMS nelle realtà considerate è disomogeneo, in quanto in alcune esistono piani approvati dalla città metropolitana ed in altre dal comune capoluogo, e lo stesso iter procedurale si trova a stadi diversi. Tendenzialmente, le azioni principali previste dai PUMS per colmare il divario esistente fra la situazione attuale della mobilità e quella auspicabile al 2030, sono relative ad alcuni filoni di intervento: » Intensificare l’offerta di trasporto pubblico locale, in particolar modo realizzando / potenziando sistemi su ferro (metropolitane / tranvie), ma anche rinnovando i parchi autobus e puntando alla loro elettrificazione, nonché favorendo l’intermodalità; » Favorire lo sviluppo della mobilità attiva attraverso la realizzazione di piste ciclabili, ma anche privilegiando la mobilità pedonale / ciclabile attraverso una riorganizzazione / gestione degli spazi urbani tale da “penalizzare” gli spostamenti che utilizzano i veicoli privati (ad esempio istituendo Zone 30) favorendo la coesistenza delle varie forme di spostamenti; » Favorire lo sviluppo della mobilità condivisa (car, bike, scooter, micromobilità in sharing) preferibilmente elettrica e anche lo sviluppo di sistemi innovativi come i Mobility as a Service (Maas); » Istituire aree nelle quali la circolazione dei veicoli privati è limitata, in relazione alla tipologia di motorizzazione più inquinanti e, al contempo favorire il ricambio dei veicoli circolanti in senso elettrico …>>.

73Piano d’azione per l’energia sostenibile (PAES): è un documento che mostra come i Comuni che hanno aderito al Patto dei Sindaci raggiungeranno il proprio obiettivo di riduzione di emissioni inquinanti in atmosfera (CO2) entro il 2020. Il PAES rappresenta l’occasione per favorire una migliore integrazione delle politiche ambientali del territorio pratese, tenendo conto dei potenziali effetti derivanti dalla pianificazione attuale e futura.

    1. 74Piano di azione comunale (PAC): Strumento operativo strategico dell’amministrazione comunale per il miglioramento della qualità dell’aria: reti di rilevamento, studi climatologici, strategie ed azioni.

75Piano Integrato di Attività e Organizzazione della Pubblica Amministrazione (PIAO): è stato introdotto all’articolo 6 del decreto-legge n. 80/2021 ed è un documento di programmazione e governance volto ad assicurare la qualità e la trasparenza dell’attività amministrativa, dei servizi ai cittadini e alle imprese, semplificando i processi. All’interno di esso c’è il piano delle performance, di cui la parte digitale rappresenta una parte qualificante.

  • 76Le amministrazioni locali sono chiamate ad applicare il principio della programmazione ormai divenuto norma con il Decreto legislativo n. 126/2014, attuando processi di armonizzazione dei diversi sistemi. In particolare, il decreto legislativo n. 126 del 2014 influisce sul ciclo di programmazione dell’ente locale con disposizioni integrative e correttive in materia di armonizzazione dei sistemi contabili. Due articoli del Testo unico degli Enti Locali (TUEL), l’articolo 170 relativo al documento Unico di Programmazione (DUP) e l’articolo 169 relativo al Piano Esecutivo di Gestione (PEG), introducono le principali novità che sono così sintetizzabili:

  • Art. 170. La Relazione Previsionale e Programmatica (RPP) viene sostituita dal DUP, che costituisce la guida strategica ed operativa dell’ente locale ed è organizzato in due sezioni: quella strategica ha come orizzonte temporale di riferimento il mandato amministrativo, quella operativa il bilancio di previsione. Il DUP è propedeutico al bilancio di previsione.

  • Art. 169. Il Piano Esecutivo di Gestione (PEG) deve essere deliberato nella prima seduta di Giunta dopo l’approvazione del bilancio di previsione. Nel PEG sono indicati gli obiettivi della gestione che vengono affidati, unitamente alle dotazioni necessarie, ai responsabili dei servizi.

77Il “Codice dell’Amministrazione Digitale” (art. 17) prevede che le Pubbliche Amministrazioni attribuiscano ad un Ufficio dirigenziale generale le attività volte all’attuazione delle linee strategiche per la loro riorganizzazione e digitalizzazione. Il Dirigente responsabile di tale Ufficio dovrà garantire l’effettivo sforzo da parte delle amministrazioni locali per la realizzazione degli obiettivi. Il RDT applica le linee guida dell’Agid e prepara il Piano della Migrazione al Cloud Nazionale e aggiorna ogni anno i contenuti del Piano dell’informatica in base alle linee guida dell’Agid.

78Il 24 Ottobre 2023 la Fondazione Bloomberg Philanthropies in collaborazione con il Center for Government Excellence della Johns Hopkins University ha lanciato City AI Connect, una nuova piattaforma di apprendimento globale riservata ai sindaci ed alle autorità di tutto il mondo per sperimentare l’intelligenza artificiale generativa nella pianificazione urbana. È stata Presentata in occasione del Bloomberg CityLab 2023, la piattaforma digitale ha ricevuto il supporto di oltre 100 sindaci provenienti da tutto il mondo. City AI Connect sarà in grado di prevedere le tendenze urbane, aiutando le città nella loro risposta alle emergenze climatiche, agli eventi meteorologici estremi, istruendo sull’uso efficacie delle risorse e sul miglioramento delle infrastrutture. Come sottolineato dai suoi ideatori, la piattaforma non andrà a sostituire il contributo umano, ma lo supporterà, rafforzando la gestione digitale dei processi di pianificazione per ridurre sensibilmente i ritardi nell’attuazione dei processi, causati il più delle volte dall’eccessiva burocrazia. https://cityaiconnect.jhu.edu/

79 In questo senso va sicuramente l’iniziativa della Regione Sicilia. Dopo il fondo da 5 milioni di euro messo a disposizione dei piccoli Comuni siciliani per costituire giuridicamente le Comunità energetiche rinnovabili e l’avviso alle famiglie per assegnare 5mila euro di contributo per ogni impianto fotovoltaico domestico, il Dipartimento Regionale Energia, nell’ambito della nuova assegnazione programmata di 600 milioni di euro di fondi Fesr 2021-2027, a febbraio 2024 emanerà un bando da 100 milioni di euro, rivolto sempre ai piccoli Comuni. Lo ha annunciato Calogero Giuseppe Burgio, dirigente generale del Dipartimento Regionale Energia. Burgio ha spiegato che “questi fondi, sotto forma di contributi a fondo perduto, serviranno ai singoli Comuni a costruire l’infrastruttura per la produzione di energia della Comunità energetica rinnovabile per il consumo condiviso e la vendita, realizzate su aree di minimo 15mila metri quadrati messe a disposizione dai Comuni. I ricavi derivanti dalla produzione e vendita di energia, stimati in 300mila euro l’anno per ogni MW di potenza installata, e dagli incentivi statali, dovranno essere utilizzati dai sindaci per interventi di contrasto della povertà energetica dei loro cittadini e per acquistare sistemi di efficienza energetica degli edifici pubblici”. Per favorire l’attuazione della misura, il dipartimento metterà a disposizione dei Comuni un portale all’interno della piattaforma della Consip.

80 L’Italia è una terra ricca di contraddizioni ma per capire l’enorme potenziale dei nostri territori, delle nostre migliaia di borghi “particulare” che formano la nostra Nazione, basta ricordare e riflettere sul fatto che il primo impianto di illuminazione pubblica a incandescenza al mondo fu montato a New York nel 1882. Lo stesso anno in Italia il primo comune a sperimentare l’illuminazione elettrica fu Verzuolo (CN) il 10 settembre 1882 (Gazzetta Piemontese del 15 settembre 1882), un paesino a 60 chilometri da Torino che non raggiungeva le mille anime.

      1. 81 https://www.eca.europa.eu/ECAPublications/SR-2023-24/SR-2023-24_IT.pdf . Gia era stato pubblicato, da parte di Vodafone, (settembre 2022), un report che evidenziava le difficoltà del programma Lighthouse . “Misure politiche insufficienti, finanziamenti inadeguati, tecnologia ed innovazione troppo poco diffusa: secondo il report “Fit for the Future Cities: How technology can accelerate Sustainable Change”, l’obiettivo di creare 100 Smart Cities UE entro il 2030, sarebbe molto difficile da raggiungere. https://www.key4biz.it/wp-content/uploads/2022/09/vodafone-fit-for-the-future-cities-report-final.pdf . Lo studio è stato commissionato da Vodafone a Opinion Matters ed ha coinvolto 10 Paesi Europei e intervistato 550 esperti di città intelligenti che ricoprono ruoli chiave nello sviluppo di tecnologie innovative. L’obiettivo del report di Vodafone era a che punto siamo e quali sono le carenze o le difficoltà da affrontare per raggiungere l’obiettivo 100 Smart Cities UE entro il 2030. Secondo gli esperti intervistati i principali ostacoli all’implementazione delle città intelligenti sono: a) mancanza di fondi; b) legislazione complessa; c) infrastrutture inadeguate; d) complessità delle procedure di appalto, e) mancanza di strategia; f) competenze digitali.

82 Per quanto riguarda la diffusione delle piattaforme MaaS in Europa e in Italia, di seguito due studi di riferimento. Guida tematica Comunità Europea: MAAS in PUMS: https://programme2014-20.interreg-central.eu/Content.Node/Dynaxibility4CE/MaaS-Topic-Guide-IT.pdf .

Associazione Italiana della telematica per i trasporti e la sicurezza. “Linee Guida per lo sviluppo dei servizi MasS in Italia”: https://www.ttsitalia.it/wp-content/uploads/2021/07/Linee-guida-per-lo-sviluppo-dei-servizi-MaaS-in-Italia_w .


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