Tre libri: “Moscacieca” (Zagrebelsky), “Le ingannevoli sirene, La sinistra tra populismi, sovranismi e partiti liquidi”; “Se socialdemocrazia è una malaparola”. (Massimo. L. Salvadori).


Tre libri di Zagreblesky e Massimo L. Salvadori, per ricordare le radici delle nostri istituzioni e il senso del cammino fatto e quello ancora da compiere.

Tre libri sulla crisi odierna della democrazia occidentale e della rappresentanza politica.

Libri che bisogna leggere per riflettere su come siamo arrivati a questo punto: con istituzioni sempre più deboli e delegittimate. Con  un voto popolare in parte afflitto da una disaffezione totale (che sfocia nell’astensionismo), oppure in preda alla febbre populista di destra e di sinistra. Non è un caso che i due autori da me scelti sono entrambi figli prestigiosi della cultura torinese del secolo scorso. Torino è dove è nato lo Stato italiano e dove dal punto di vista ideale e culturale grandi maestri come, Solari, Einaudi, Bobbio, hanno tenuto il loro alto magistero rendendo Torino la culla culturale e ideale della nostra unità nazionale e della nostra Repubblica. Il liceo D’Azeglio, le case editrici, come l’Einaudi, sono stati i luoghi in cui si è formata la nostra classe dirigente migliore. Anche la sinistra politica deve a Torino più di un padre nobile, se non per nascita, per luogo di formazione. Come non pensare a Gramsci o Togliatti, …. ma anche a leader come Longo, Trentin, Occhetto e la lista potrebbe essere molto lunga.


Gustavo Zagrebelsky, Moscacieca, Laterza, 2017, pp. 112;

Moscacieca merita un’attenta analisi per l’importanza delle tematiche affrontate. Questo volume indaga la politica dei nostri giorni, provando ad analizzarne i fallimenti e a trovare delle soluzioni.

Nel titolo è racchiuso bene il pensiero di Zagrebelsky, perché se da un lato richiama l’ingenuo gioco dei bambini, dall’altro fa riferimento alla condizione della politica nostrana la quale, al pari di un individuo con una benda posata sugli occhi, procede senza una guida e incespica nei suoi passi.

(…) Vivere, per gli esseri umani come per le loro società, significa progettare ciò che ancora non è e si vuole che sia. Sopravvivere significa invece dibattersi per non farsi sopraffare dall’onda che minaccia di sommergerci. La politica dovrebbe controllare l’onda e governarla ai propri fini (…) “.

ciò che maggiormente preoccupa il giurista è che ad una classe dirigente preparata e colta se ne sia sostituita una ignorante e cialtrona, tanto da essere costretta ad affidare le riforme legislative ed i passaggi maggiormente delicati per il nostro paese ai governi “tecnici”, costituiti da figure che possiedono competenze e capacità assai differenti rispetto a quelle prospettate da coloro che sono stati democraticamente eletti.

” (…) La politica è inconcludente, la tecnica sa il fatto suo; i politici sono spesso grossolani e ignoranti, i tecnici sono educati e masterizzati. Quando poi sembra che i tecnici abbiano portato a termine il loro lavoro, allora si può ritornare ai politici. Tecnica e politica s’intrecciano, nel senso della continuità: normalizzazione a opera dei tecnici, normalità a opera dei politici (…) “. 

Una delle metafore più efficaci adoperate da Zagrebelsy all’interno del suo scritto è sicuramente quella dell’uroboro (dal greco “serpente che mangia la coda”), un rettile che si nutre di sé stesso finché non giunge alla consunzione del suo intero corpo. Questa figura mitologica ben rappresenta quel meccanismo per il quale il denaro nutre il potere ed a sua volta quest’ultimo alimenta il denaro, ma un sistema del genere è destinato, presto o tardi, alla distruzione.

 

Pagine amare sono, ancora, riservate al mancato esercizio del diritto di voto da parte di milioni di cittadini che, disamorati dalla politica e dalle sue vuote parole, scelgono di rinunciare volontariamente al diritto fondante della democrazia, consegnando nelle mani di pochi il destino di molti.

Scegliere di non votare, ad esempio, questo sì che sarebbe consegnare la vittoria all’uroboro, ma l’invito di Zagrebelsky è a non arrendersi, per rendere onore agli uomini ed alle donne che hanno lottato per garantire che noi tutti oggi potessimo avere il diritto di perseguire i nostri sogni.


Massimo L. Salvadori, Le ingannevoli sirene, La sinistra tra populismi, sovranismi e partiti liquidi, Donzelli, 2019, pp. 128;

«I populisti non guidano il popolo, lo trascinano. E riescono ad alimentare il suo risentimento, scuotendo nel profondo le istituzioni e screditando le forze politiche. La sinistra italiana, se non vuole rimanere disarmata, deve risalire la china che è sotto gli occhi di tutti. Ha bisogno di un partito autonomo e strutturato: non già di un partito della propaganda; piuttosto di un partito della conoscenza, della cultura e della partecipazione. E l’attenzione va rivolta soprattutto alle giovani generazioni». In questo piccolo libro «di battaglia», Massimo L. Salvadori, uno degli storici italiani più autorevoli, traccia un efficace quadro d’insieme del percorso che ha portato, lungo il secondo Novecento e in questo primo scorcio del nuovo millennio, alla crisi sempre più violenta della democrazia dei partiti e al diffondersi, alle più diverse latitudini della politica mondiale, di una risposta modulata sulle corde dell’antipolitica. Sono proprio i partiti politici, tradizionale pilastro delle democrazie elettive, ad essere entrati violentemente e simultaneamente in crisi negli ultimi decenni. È questa crisi – di rappresentanza, di spirito militante, di prospettiva politica – ad aver aperto la strada ai populismi. Tutta una serie di errori e inefficienze che non erano inevitabili e che meritano un’adeguata riflessione critica: in particolare quelli della sinistra, il cui affanno, le cui divisioni interne, la «quasi inerzia» rappresentano un motivo di forte preoccupazione e di allarme. Senza un ripristino, nell’idea e nella pratica, della funzione dei partiti, senza una vita nuova che sappia rianimarli, questa crisi della rappresentanza – ammonisce Salvadori – è destinata a perpetuarsi.


Massimo. L. Salvadori, Se socialdemocrazia è una malaparola. Le sei Caporetto della Sinistra italiana (1919-2022), Donzelli, 2024, pp.96

«Tra la Sinistra e la maggioranza della popolazione italiana nelle sue componenti politiche e sociali si è determinata una separatezza, espressa dal respingimento dei programmi e delle proposte avanzate dalla Sinistra stessa in materia di governo dello Stato e di organizzazione della società. Le ricette dei supposti “salvatori” della Sinistra che periodicamente si sono presentati al suo capezzale non hanno funzionato, perché il partito dei “democratici e progressisti” ha rinunciato ad essere ciò che una Sinistra moderna e credibile non può che essere: socialdemocratica».

Una Sinistra intesa a perseguire i valori, i principî e gli obiettivi della democrazia, della rappresentanza politica e della difesa sociale del mondo del lavoro in Italia ha ancora storicamente senso e un possibile avvenire? E se sì, su quali basi? Partendo da questo interrogativo, Massimo L. Salvadori tocca il cuore stesso dell’esistenza di un partito di Sinistra in Italia. Cosa vuol dire, oggi, essere di Sinistra? Nelle sue molteplici incarnazioni la Sinistra è stata invariabilmente respinta dalla guida del paese, subendo una serie di ininterrotte Caporetto: nel 1919-1922, ad opera del fascismo; poi, nell’aprile 1948, la sconfitta che inaugurò il lungo regno della Democrazia cristiana e dei suoi alleati; ancora, nel 1994, la vittoria di Berlusconi e l’inizio del suo ventennio al potere; passando, nel 2013 e nel 2018, per l’affermazione del Movimento 5 Stelle e poi della Lega; fino all’ultima, clamorosa Caporetto, nel 2022, che ha consegnato le redini del potere ad una Destra di matrice neofascista. In questa ormai lunga storia di occasioni mancate, di svolte in cui sembrava esserci la possibilità di diventare maggioritari e invece si è assistito all’esatto contrario, Salvadori ravvisa una costante: la «separatezza» della Sinistra dalla maggioranza degli italiani che, nei momenti di crisi dei sistemi politici, ne hanno rigettato gli orientamenti, schierandosi a favore di correnti politiche e sociali di volta in volta di centro, populistiche o addirittura di destra.


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