A oltre 100 anni dalla pubblicazione del Tramonto dell’Occidente (Der Untergang des Abendlandes) di Oswald Spengler, nella quale il filosofo tedesco identificava l’Occidente come una civiltà in fase di Zivilisation, ormai avviata verso il suo tramonto dopo i fasti del Rinascimento, lo storico e sociologo francese descrive una duplice sconfitta per l’Occidente relativa alla guerra in Ucraina nella quale, secondo Todd, la Russia è destinata a prevalere, ma soprattutto sul fronte interno, sul piano demografico, economico e morale. “La crisi dell’Occidente è il motore del momento storico che stiamo vivendo ora. Alcuni ne erano già a conoscenza ma, quando la guerra sarà conclusa, nessuno potrà negarlo”.
Emmanuel Todd, La sconfitta dell’Occidente, Ed. Fazi, pp. 354,
La sconfitta dell’Occidente, a cui fa riferimento il titolo di questo saggio dello storico e sociologo francese Emmanuel Todd – bestseller in Francia con oltre ottantamila copie vendute –, è duplice. Si tratta infatti di una sconfitta esterna, la guerra in Ucraina, ma soprattutto di una sconfitta interna: il declino demografico, morale ed economico delle società occidentali.
Todd chiama in causa le classi dirigenti dell’Occidente, in primis quella degli Stati Uniti, con il conflitto russo-ucraino a fare da lente di ingrandimento e a contrapporre, secondo l’autore, una Russia stabilizzata, di nuovo grande potenza, a un Occidente in preda al nichilismo e in crisi irreversibile di egemonia.
Utilizzando le risorse della sociologia, dell’antropologia e dell’economia, Todd pone a confronto le “oligarchie liberali occidentali” con la “democrazia autoritaria russa” per spiegare le ragioni profonde dei cambiamenti geopolitici in atto.
In particolare, offre una lettura acuta e originale dei punti di forza e di debolezza dei due paesi in guerra (Russia e Ucraina), dei principali paesi occidentali (Stati Uniti, Regno Unito, Germania e Francia), dei paesi scandinavi e dell’Europa orientale, senza dimenticare il resto del mondo nel suo complesso.
I lettori ritroveranno qui gli elementi che hanno sempre reso unici e preziosi gli studi di Todd: l’analisi dei modelli familiari e delle statistiche demografiche ed economiche, la scrittura brillante, un’erudizione non comune e intuizioni geniali. Documentatissimo e basato su cinque decenni di ricerche, lontano dalle approssimazioni che caratterizzano il dibattito su questi temi, La sconfitta dell’Occidente è un contributo di straordinario valore per capire il nostro presente.
«La crisi dell’Occidente è il motore del momento storico che stiamo vivendo ora. Alcuni ne erano già a conoscenza ma, quando la guerra sarà conclusa, nessuno potrà più negarlo».
Emmanuel Todd
«Un originale e avvincente libro-mondo che stimola la riflessione e la discussione sul nostro presente».
Carlo Galli
«Questo saggio è qualcosa di più di un evento intellettuale – e morale – di straordinario rilievo. È una denuncia coraggiosa e una folgorante profezia».
Franco Cardini
«Forse per la prima volta con tanta lucidità e intelligenza uno storico, attraverso l’analisi dettagliata del declino demografico, delle strutture familiari, della scomparsa della religione e del trionfo del nichilismo in ogni aspetto della vita sociale, ci obbliga a fare i conti con lo sfacelo e l’autodistruzione dell’Occidente».
Giorgio Agamben
Intervista a Emmanuel Todd di Daniele labanti , Corriere della Sera- Ed. Bologna, 7 Ottobre 2024;
L’antropologo Emmanuel Todd e il suo libro controverso: «Non sono filorusso, ma se l’Ucraina perde la guerra a vincere è l’Europa»
Esce la traduzione italiana del libro dello studioso francese accusato di posizioni vicine a Putin.
Esce per Fazi l’edizione italiana del volume La sconfitta dell’Occidente di Emmanuel Todd, pubblicato in Francia da Gallimard. Il libro ha scatenato un vespaio di critiche verso l’antropologo francese, accusato da un decennio di tenere posizioni filo-putiniane. Todd sarà alle Librerie.coop Ambasciatori martedì, per presentare il volume in dialogo con Carlo Galli.
Professor Todd, in Francia è stato scritto che lei vuole «far passare i suoi sogni per realtà» e che ciò che afferma non ha basi scientifiche. Che cosa risponde?
«La questione non è sapere cosa scrive di me la stampa francese, ma conoscere i fatti che la storia attuale rivela. Il fatto è che gli Stati Uniti non sono stati in grado di produrre l’equipaggiamento militare di cui gli ucraini hanno bisogno, perché è un dato di fatto che il potere della loro industria è stato prosciugato dalla finanziarizzazione. È un dato di fatto che l’esercito ucraino è in ritirata ed è un dato di fatto che fatica a reclutare soldati. È un dato di fatto che le sanzioni economiche occidentali hanno fatto più danni all’economia europea che a quella russa ed è anche un fatto che la stabilità politica della Francia è oggi più minacciata di quella della Russia. La ristrutturazione dell’economia russa è stata resa possibile dal fatto che questo paese produce più ingegneri degli Stati Uniti e dal fatto che i paesi che non sono alleati o sudditi degli Stati Uniti hanno continuato a commerciare con la Russia. I commenti di buona parte della stampa francese sui miei sogni — “Le Monde”, “Libération”, “L’Express” etc. — suggeriscono che è lei che vive in un sogno. Il successo del mio libro in Francia suggerisce anche il fatto che questa stampa non è sempre presa sul serio dai francesi».
Tuttavia, il volume si basa sulle sue teorie sul nichilismo e la decadenza religiosa in Europa. Ci può presentare il loro significato?
«Sono scomparse le ultime tracce dell’impianto sociale e morale di origine religiosa. È stato raggiunto lo stato zero della religione. L’assenza di credenze, norme e abitudini di carattere o origine religiosa, lascia però l’angoscia di essere un uomo, mortale, e che non sa cosa fa sulla terra. La reazione più banale a questo vuoto è la divinizzazione del vuoto: il nichilismo, che porta all’impulso di distruggere le cose, le persone e la realtà. Un sintomo centrale di ciò per me è l’ideologia transgender che porta le nostre classi medio-alte a voler credere che un uomo possa diventare una donna e una donna un uomo. Questa è un’affermazione del falso. La biologia del codice genetico ci dice che questo è impossibile. Parlo qui da antropologo, da studioso, e non da moralista. Dobbiamo proteggere gli individui che pensano di appartenere a un genere diverso dal proprio. Per quanto riguarda la parte LGB dell’ideologia LGBT (lesbismo, omosessualità maschile e bisessualità), queste sono preferenze sessuali che hanno la mia benedizione. È anche sorprendente ma significativo che, accettando l’inflessibilità del codice genetico, la scienza e la Chiesa siano oggi dalla stessa parte. Contro l’affermazione nichilistica del falso».
Lei sostiene che l’Europa abbia delegato la rappresentanza dell’Occidente agli Stati Uniti e ora ne paga le conseguenze. Come pensa che si possa cambiare questa tendenza?
«Allo stato attuale non possiamo fare altro. È iniziata una guerra. È l’esito di questa guerra che deciderà il destino dell’Europa. Se la Russia venisse sconfitta in Ucraina, la sottomissione europea agli americani si prolungherebbe per un secolo. Se, come credo, gli Stati Uniti verranno sconfitti, la Nato si disintegrerà e l’Europa sarà lasciata libera. Ancora più importante di una vittoria russa sarà l’arresto dell’esercito russo sul Dnepr e la mancanza di volontà del regime di Putin di attaccare militarmente l’Europa occidentale. Con 144 milioni di abitanti, una popolazione in calo e 17 milioni di kmq, lo Stato russo fa già fatica ad occupare il suo territorio. La Russia non avrà né i mezzi né il desiderio di espandersi, una volta ricostituiti i confini della Russia pre-comunista. L’isteria russofobica occidentale, che fantastica sul desiderio di espansione russa in Europa, è semplicemente ridicola per uno storico serio. Lo choc psicologico che attende gli europei sarà quello di comprendere che la Nato non esiste per proteggerci ma per controllarci».
Pensa che l’Europa abbia fatto l’ultimo passo verso questa subordinazione durante i conflitti nei Balcani, e soprattutto con la questione del Kosovo?
«No, è partito tutto in Ucraina. Durante la guerra in Iraq, dopo il Kosovo, Putin, Schröder e Chirac hanno tenuto conferenze stampa congiunte. Questo terrorizzava Washington. Sembrava che l’America potesse essere espulsa dal continente europeo. La separazione della Russia dalla Germania divenne quindi una priorità per gli strateghi americani. Peggiorare la situazione in Ucraina è servito a questo scopo. Costringere i russi ad entrare in guerra per impedire l’integrazione di fatto dell’Ucraina nella Nato è stato, inizialmente, un grande successo diplomatico per Washington. Lo choc della guerra paralizzò la Germania e permise agli americani, nella generale confusione, di far saltare in aria il gasdotto Nordstream, simbolo dell’intesa economica tra Germania e Russia. Ovviamente, in una seconda fase, quella della sconfitta americana, il controllo americano sull’Europa sarà polverizzato. Germania e Russia si incontreranno di nuovo. Questo conflitto è in un certo senso artificiale. La cosa naturale, in un’Europa a bassa fertilità, con la sua popolazione che invecchia, è la complementarità tra l’industria tedesca e le risorse energetiche e minerarie russe».
Perché assume una posizione filo-russa riguardo alla guerra in Ucraina e vede questo conflitto come un esempio della fine dell’Occidente?
«Sono uno storico obiettivo. Voglio capire perché noi occidentali abbiamo provocato questa guerra e l’abbiamo persa, e con questa sconfitta abbiamo anche perso la presa sul mondo. Non sono filo-russo. Ma leggo i testi di Putin e Lavrov e penso di comprendere i loro obiettivi e la loro logica. Se i nostri leader avessero preso più sul serio i ricercatori come me e alcuni altri, non ci avrebbero portato a un simile disastro. Un Putinofobo intelligente potrebbe usare il mio libro per combattere la Russia. D’altra parte, quando un giornale come “Le Monde” nasconde ai suoi lettori – le élite francesi – la ripresa economica e sociale della Russia, come ha fatto, disinforma i nostri leader sulla stabilità e il potere russo e serve Putin».
Lei introduce i concetti di «oligarchia liberale» per molti stati europei e di «democrazia autoritaria» per la Russia. In quale sistema preferirebbe vivere?
«L’oligarchia liberale non rappresenta per me un problema pratico. Non dimenticare che sono nato nell’establishment intellettuale francese. Mio nonno Paul Nizan pubblicava con Gallimard prima della guerra e aveva Raymond Aron come testimone di nozze. Sua moglie, mia nonna Henriette, era cugina di Claude Lévi-Strauss. Mio padre Olivier Todd era un grande giornalista del “Nouvel Observateur”. Fondamentalmente sono solo un membro dissidente dell’oligarchia intellettuale. Inoltre, amo appassionatamente il mio paese, la Francia, e vivrò lì finché il regime non sarà fascista o razzista, e non dovrò diventare un rifugiato politico. Se diventassi un rifugiato politico, non andrei negli Stati Uniti come era tradizione nella mia famiglia, perché stanno precipitando in qualcosa di peggio dell’oligarchia liberale, del nichilismo. Non ho gusto per la barbarie, sono troppo culturalmente conformista, troppo educato come dicono in francese. Penso che andrei in Italia, perché lì è tutto bello, o in Svizzera perché parte del paese parla francese. Cosa farei in Russia?».