(Neri Pozza), nuova edizione aggiornata del saggio punto di riferimento per il cambiamento climatico
Elizabeth Kolbert: «La sesta estinzione è in corso, i dati oggettivi sono terribili». E siamo tutti impreparati
La scrittrice aggiorna il saggio sul cambiamento climatico per il quale ha ricevuto il Pulitzer nel 2015. «Anche i dinosauri erano il gruppo dominante, prima di scomparire. Se dovessi scommettere su una specie in grado di sopravvivere, sarebbe la nostra: ma gli impatti sono tremendi, questo è un clima mai visto nel corso di milioni di anni»
Ripubblichiamo l’intervista di Edoardo Vigna a Elizabeth Kolbert, pubblicata a marzo, una delle più apprezzate dalle nostre lettrici e dai nostri lettori nel 2024
ll suo nome, Elizabeth Kolbert, può non essere noto ai più, nonostante sia la firma di punta del prestigioso settimanale americano New Yorker in tema di ambiente e clima e abbia vinto anche il premio Pulitzer. Il suo libro La Sesta estinzione, però, è considerato oggi una delle pietre miliari in tema di cambiamento climatico e molto di più: uscito dieci anni fa per la prima volta, e ora in libreria (in Italia per Neri Pozza) in un’edizione aggiornatissima, spiega – esempio dopo esempio – perché siamo sull’orlo, o proprio immersi, della sesta estinzione di massa di specie viventi, dopo le prime “Big 5” (come sono note). E, soprattutto, che cosa questo significhi anche per la “giovane” specie umana (non più vecchia di 300mila anni). Kolbert, ce lo dica: stiamo per fare la fine di Mammuth & C.?
«Tanto per cominciare, la “Sesta estinzione” si riferisce più in particolare proprio all’idea che siamo noi esseri umani la causa di una grande estinzione di massa in corso di una numerosissima quantità di specie animali e vegetali. Cinque sono state quelle del passato: la più recente ha spazzato via i dinosauri. L’Italia ha un rapporto particolarmente forte con quell’estinzione: c’è un luogo, a Gubbio, cruciale nel risolvere il mistero di quell’estinzione, che sono andata personalmente a vedere (ne parla ampiamente nel libro, ndr). Per questa “Sesta” è difficile dire a che punto siamo: è in diretta e non c’è una documentazione fossile ad aiutarci, come è stato per le altre. Siamo di certo ancora nelle prime fasi, non proprio “dentro”. Potremmo ancora fermarla».
Cosa è cambiato dalla prima uscita del libro? Dieci anni sono un tempo infinitesimale da un punto di vista geologico, eppure sembra che la sparizione delle specie stia correndo in modo impressionante.
«È così. Quando l’ho scritto ero preoccupata che alcune persone potessero respingerlo come un’esagerazione. Ora non più: i dati oggettivi sono terribili. E il nostro impatto sul pianeta è diventato significativamente più vasto: nel caso del cambiamento climatico stiamo assistendo a eventi estremi drammatici che sconvolgono la Terra ovunque. E tutto corre più velocemente».
Nell’epilogo della nuova edizione ci sono diverse pagine dedicate alla situazione grave degli insetti impollinatori, la cui vulnerabilità sembra preoccuparla in modo particolare. Quali conseguenze avrebbe la loro scomparsa?
«Molta documentazione sulla crisi degli insetti viene dall’Europa, e precisamente dalla Germania. Ci sono casi provati di estinzione tra gli insetti, ma anche prima che una particolare specie scompaia del tutto, quando sta diventando sempre meno comune, le reti alimentari che dipendono da questi insetti ne risentono pesantemente. Parliamo di impatti tremendi. E noi esseri umani potremmo essere i primi a rendercene conto, perché dipendiamo dagli impollinatori per le nostre colture. Il mondo potrebbe apparire assai diverso».
«STIAMO PORTANDO IL PIANETA FUORI DAL REGIME CLIMATICO IN CUI CI SIAMO EVOLUTI. UN CLIMA MAI VISTIO PER MILIONI DI ANNI»
Glielo chiedo direttamente: la Sesta estinzione è anche quella in cui scompariranno gli umani?
«Non lo so, nessuno può prevederlo. In realtà se dovessi scommettere su una specie in grado di sopravvivere, quella sarebbe la nostra. Siamo intraprendenti, numerosi, diffusi. Caratteristiche che garantiscono più resistenza di altre. Ma non credo che si debba pensare al rischio di estinzione umana per essere preoccupati del destino dell’umanità. Ci sono stati intermedi che possono comportare grande sofferenza per noi, cosa che mi preoccupa tantissimo».
In che modo questa sesta estinzione sarebbe diversa dalle cinque precedenti?
«Ogni estinzione di massa è diversa dalle altre. Quello che sta accadendo ora riguarda la biodiversità che abbiamo intorno a noi adesso. Ma di sicuro sarebbe diversa perché causata da una sola creatura, la nostra. Non credo che ci siano altre estinzioni di massa causate da una singola altra specie».
C’è qualcosa che possiamo imparare dalle precedenti “Big 5”?
«Una lezione, di cui parlo nel libro, è questa: prima di un’estinzione di massa non sembra esserci stata mai alcuna garanzia che un certo gruppo sarebbe potuto sopravvivere. Pensiamo alla più famosa: quella dei dinosauri. Quando sul pianeta c’è stato l’impatto dell’asteroide alla base della loro dipartita, erano il gruppo dominante di organismi sul pianeta. E nessuno di loro, dei dinosauri non aviari, è sopravvissuto. Nemmeno uno. Paradossalmente, oggi è in generale accettato che i mammiferi, quindi gli esseri umani, non sarebbero mai diventati il gruppo dominante senza l’estinzione dei dinosauri. Insomma, il risultato è un reset ecologico molto difficile, se non impossibile, da prevedere».
«SE DOVESSI SCOMMETTERE SU UNA SPECIE IN GRADO DI SOPRAVVIVERE SAREBBE LA NOSTRA. MA IL FUTURO SARA’ MOLTO DIVERSO DAL PASSATO»
C’è uno studioso del passato, tra i molti che ha raccontato nel libro, che le piacerebbe incontrare oggi, se fosse possibile? Le loro idee sono state necessarie a comprendere il mondo come è oggi.
«Sarebbe interessante discutere con Darwin, che ha visto l’estinzione in corso ai suoi tempi, ma non ha potuto incorporare le nostre conoscenze nel suo lavoro».
Ci definiamo “Sapiens”, ma siamo una specie decisamente giovane, che ha al massimo 300.000 anni, rispetto alla vita media di una specie di 5 milioni. Eppure stiamo già affrontando una possibile estinzione causata da noi. Siamo davvero autorizzati a definirci “sapiens”?
«Ovviamente siamo intelligenti. Anzi, questo è il motivo per cui stiamo causando questa situazione. Siamo bravissimi a sviluppare nuovi modi di fare le cose. C’è chi ha evidenziato i potenziali svantaggi della nostra intelligenza, che non garantisce necessariamente la nostra sopravvivenza. In effetti, sembriamo piuttosto decisi a mettere in pericolo noi stessi. Abbiamo tanti esempi dalla storia in cui le persone procedevano lungo una certa strada che possiamo, in retrospettiva, dire essersi rivelata fatale. Le persone hanno commesso molti errori fatali. Ora stiamo collettivamente commettendo un enorme, gigantesco, globale, fatale errore».
Perché il “negazionismo climatico” in parte ancora resiste? Gli eventi estremi e le temperature in aumento magari hanno portato a far ammettere che, in effetti, il pianeta si sta surriscaldando eppure c’è ancora chi nega che la causa del cambiamento climatico sia l’azione umana.
«Non ho una buona risposta. Del perché vengano contestati fatti scientifici evidenti. Ma penso che un grosso problema, almeno negli Stati Uniti, stia nel fatto che i mezzi di sussistenza e le azioni di molte persone dipendono dal bruciare combustibili fossili, dall’estrarre combustibili fossili. Ed è molto doloroso riconoscere che ciò che si sta facendo ha conseguenze terribili. Anche io non mi scagiono in alcun modo. Siamo tutti là fuori a bruciare petrolio, carbone e gas. Questo deve finire. Ma è difficile vivere nel mondo moderno e non partecipare a questo grande progetto di rovinare l’atmosfera».
C’è un’altra idea forte nel libro, rappresentata dalla parola “cambiamento”. Nella maggior parte degli esseri umani c’è un’evidente difficoltà nell’accettare l’idea che il cambiamento possa essere così improvviso come appare ora.
«Stiamo davvero facendo accadere cose di cui gli esseri umani non hanno avuto nessuna esperienza. La gente ha sperimentato situazioni critiche in passato, l’eruzione di vulcani per esempio, di cui ci sono esempi anche in Italia, a cui nessuno era preparato. Si dice di continuo che stiamo entrando in un territorio inesplorato. È davvero così: stiamo portando il pianeta fuori dal regime climatico in cui gli esseri umani si sono evoluti. Di più: la verità è che potremmo facilmente spingere il clima in un regime mai visto per molti milioni di anni. Un’altra tendenza che le persone hanno – me compresa – è che pensiamo che il futuro assomiglierà al passato. Invece è garantito che sarà parecchio diverso».
«Una cosa terribilmente spaventosa, che non credo che la gente abbia davvero capito, è ciò che stiamo facendo agli oceani. Li stiamo distruggendo, benché siano di fondamentale importanza per la vita sul pianeta, compreso essere la fonte del nostro ossigeno. Stiamo potenzialmente sconvolgendo la loro capacità di funzionare. E non parlo solo della barriera corallina, che comunque è in un pericolo enorme (in Australia si è appena scoperto che la Great Barrier sta subendo il quinto sbiancamento in otto anni, ndr). Questo dovrebbe davvero spaventare tutti».
A questo punto lei crede che riusciremo a rimanere entro il limite di incremento di 1,5-2° della temperatura, fissato dall’Accordo di Parigi del 2015 per contenere il riscaldamento globale in limiti gestibili?
«Nessuno ci crede più. Nessuno che abbia guardato i dati. Fondamentalmente dovremmo azzerare le emissioni di CO2 oggi, mentre lei ed io stiamo parlando. Non accadrà nemmeno presto».
«L’alca gigante (volatile di grandi dimensioni, non in grado di volare, diffuso fra l’Europa del Nord e la regione artica ndr). In realtà è sopravvissuta fino a tempi abbastanza recenti, circa 200 anni fa: riportare in vita un tirannosauro sarebbe imbarazzante, non è molto adatto alla vita del 2024».