Chi c’è dietro i mega parchi eolici nei mari italiani

Sulla carta ci sono investimenti da decine di miliardi di euro, l’Italia arranca rispetto all’Europa ma l’interesse delle multinazionali è vivo: ecco dove potrebbero sorgere le pale eoliche e chi le vuole costruire

 

Rinnovabili, chi c‘è dietro i mega parchi eolici offshore in Italia: la mappa
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L’ orizzonte potrebbe presto cambiare: in vista ci sono migliaia di pale eoliche. Ancora è tutto sulla carta, ma il futuro delle energie rinnovabili in Italia sembra anche passare per l’eolico offshore. Centinaia di progetti depositati al ministero dell’Ambiente prevedono di costruire enormi parchi al largo delle coste italiane. Finora, ne è stato realizzato solo uno. Alle spalle di carte e iter autorizzativi c’è un folto gruppo di multinazionali pronto a investire e guadagnare miliardi di euro.

A che punto siamo con l’eolico offshore

L’Italia è in forte ritardo rispetto agli stati europei sullo sviluppo dell’eolico offshore. Un dato rende l’idea della situazione: attualmente, il nostro Paese contribuisce alla potenza complessiva per lo 0,05 per cento del totale. 

Nel mondo la Cina ha più potenza installata di tutti, mentre l’Europa possiede più del 30 per cento del totale globale. Nel Vecchio continente la maggior parte degli impianti si trova nel Mare del nord. Qui si sta costruendo il parco eolico più grande al mondo: sarà nel Regno Unito, a 130 chilometri dalle coste dello Yorkshire e le sue 277 turbine saranno in grado di alimentare sei milioni di case. Ma il primato è della Danimarca, che da sola produce il 26 per cento del totale di energia eolica offshore in Europa.

La mappa dei parchi eolici offshore in Europa (Windeurope)

In generale, l’eolico nei mari europei riesce a soddisfare la domanda di energia elettrica solo per il 2 per cento del totale, percentuale che sale al 19 se si conta quello a terra. E in Italia?

Il primo e unico parco eolico italiano in mare: come sta andando

Al momento, esiste solo un parco eolico offshore in Italia. Si trova in Puglia, al largo di Taranto: è il “Beleolico”, il primo del suo genere nel Mar Mediterraneo. È stato costruito da Renexia, azienda italiana che fa parte della Toto Holding Spa. Dieci turbine coprono il fabbisogno annuo di 60mila abitanti. 

L’impianto ci ha messo 14 anni per terminare la filiera di autorizzazioni previste dal ministero dell’Ambiente: il progetto era stato presentato nel 2008 ed è stato inaugurato solo nel 2022. La sua vita utile è stimata in 25 anni. Ma per quanto ancora rimarrà l’unico parco eolico italiano in mare? Eppure l’interesse nel settore è alto: secondo i dati di Terna, ci sono 132 pratiche di richieste di connessione alla rete elettrica da parte di potenziali impianti offshore.

 

Le richieste di connessione dell’eolico offshore alla rete (Terna)

Come si vede nella mappa, il 78 per cento di tutte le richieste è concentrato in tre regioni del sud Italia, tra Sicilia, Puglia e Sardegna. La potenza totale da installare è considerevole e sfiora i 90 Gigawatt, in pratica superiore a quella complessiva delle fonti rinnovabili attualmente installate in Italia. Sul sito del ministero dell’Ambiente risultano 129 progetti di eolico off shore. Di questi, solo 4 hanno concluso con esito positivo l’iter di “Via”, la Valutazione di impatto ambientale.

I quattro impianti che hanno superato la Via si trovano tra Sicilia, Puglia ed Emilia Romagna. A 40 chilometri dalla costa di Barletta sorgerà il “Barium Bay”, un parco eolico da 74 pale galleggianti – non installate direttamente sul fondale -, costruito dal consorzio formato da Galileo, piattaforma svizzera che opera in Europa nel campo delle rinnovabili, e Hope, azienda di Bari.

 

Al largo di Ravenna c’è il progetto Agnes, azienda ravennate, che con un investimento da quasi due miliardi di euro sulla carta fornirà elettricità a mezzo milione di famiglie tramite 75 aerogeneratori. Poco distante, a Rimini, il progetto di Energia2020, società veicolo della bresciana 3R Energia e della foggiana Fortore, installerà 50 turbine. Il quarto impianto che ha passato la Via si trova invece in Sicilia, al largo delle Egadi, in provincia di Trapani: sarà GreenIt, consorzio tra Eni, Cassa depositi e prestiti e Copenhagen infrastructure partners, a installare 21 pale galleggianti a 35 chilometri dalla costa.

Ma dov’è il resto dell’eolico italiano? E chi è che vuole costruire questi impianti?

Header logogeranno i mega parchi eolici offshore e chi c’è dietro: la mappa

Quindi, al momento, tra l’unico parco esistente e gli altri quattro già autorizzati ancora da costruire, gli impianti di eolico off shore in Italia si contano sulle dita di una mano. Ma c’è dell’altro. Stando al portale delle autorizzazioni del ministero dell’Ambiente, in totale i progetti sotto esame sono 113. La maggior parte si concentra al sud Italia e, sulla carta, migliaia di pale potrebbero addensarsi soprattutto al largo delle coste pugliesi e siciliane, nella Sardegna occidentale e nello Ionio calabrese. Ben sette dei dieci parchi più estesi e potenti potrebbero però sorgere in Puglia.

 

Gli investimenti sono dell’ordine di miliardi di euro. Ma chi è che sta puntando sull’eolico? Dietro i progetti di grande taglia, che si concentrano in Puglia, Sardegna e Canale di Sicilia, troviamo le multinazionali dell’energia. Tra queste, ci sono le spagnole Acciona, BlueFloat e Repsol, la norvegese Fred Olsen e la svedese Hexicon.

Ma nella corsa al vento c’è anche la partecipata di stato Eni. Attraverso la controllata Plenitude, spesso presente in tandem con Cassa depositi e prestiti (la joint venture “GreenIt”), il colosso energetico italiano ha in cantiere progetti al largo delle coste laziali, siciliane (come il progetto “7 Seas Med” nel Canale di Sicilia) e sarde. Delle “italiane” c’è anche Edison, col parco “Wind energy” di Pozzallo, in Sicilia.

L’interesse per le coste italiane ha attirato altri big internazionali dell’energia, spesso in joint venture tra loro o con partner locali come:

  • Renantis (parte del fondo infrastrutturale di J.P. Morgan Investment Management): ex Falck, storico operatore italiano delle rinnovabili, ora è sotto controllo internazionale. È molto attivo in partnership, ad esempio con la spagnola BlueFloat Energy nell’area di Lecce e Taranto;
  • BlueFloat Energy: specialista spagnolo dell’eolico galeggiante, ha diversi progetti in Sardegna, Puglia e Calabria;
  • Copenhagen infrastructure partners (Cip): fondo danese tra i leader mondiali negli investimenti in rinnovabili, ha presentato piani per parchi offshore in Sicilia e Sardegna;
  • BayWa.re: colosso tedesco dell’energia con un fatturato di 23,9 miliardi di euro, tramite la controllata “Ninfea rinnovabili” ha presentato 14 progetti (2 nel Lazio, 2 in Puglia, 4 in Sardegna, e 6 in Sicilia) con un investimento stimato in circa 6 miliardi di euro.

 

Per costi, spicca il parco galleggiante “Med Wind” di Renexia, società di Toto Holding Spa, coi suoi 9,3 miliardi di euro. Seguono i progetti “Kailia” e “Odra” di Renantis e Blue Float da 7,5 miliardi di euro complessivi che consolidano la Puglia come secondo polo di spesa. E altri potrebbero aggiungersene, in attesa di ottenere le sutorizzazioni.

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Nei prossimi dieci anni, sono questi i progetti che potrebbero cambiare gli orizzonti degli italiani: la transizione energetica passa anche da qui.



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