Corriere della Sera, 30 Aprile 2025
Tony Blair rompe il consenso sulle politiche verdi: «La transizione ecologica è destinata a fallire»
, di Luigi Ippolito,
L’ex premier britannico scrive che è sbagliato chiedere alla gente «sacrifici finanziari e cambiamenti allo stile di vita quando sanno che il loro impatto sulle emissioni globali è minimo»
Tony Blair rompe il consenso sulle politiche verdi: «La transizione ecologica destinata a fallire»
Con un intervento pubblico che ha portato scompiglio nel mondo politico britannico, Tony Blair rompe il consenso – soprattutto a sinistra – sulle politiche verdi: secondo l’ex primo ministro, una transizione energetica basata sulla eliminazione dei combustibili fossili a breve termine e sulla riduzione dei consumi è «destinata a fallire» ed è dunque necessario resettare quelle strategie ambientali che lui definisce «irrazionali».
Nella prefazione al rapporto del suo Tony Blair Institute, pubblicato ieri, l’ex leader scrive che è sbagliato chiedere alla gente «sacrifici finanziari e cambiamenti allo stile di vita quando sanno che il loro impatto sulle emissioni globali è minimo»: già in passato Blair aveva espresso opinioni simili, quando aveva fatto notare che se pure la Gran Bretagna decarbonizzasse del tutto la sua economia (che è la sesta al mondo), la riduzione delle emissioni sarebbe solo del 2% sul totale, dato che per due terzi i responsabili sono la Cina, l’India e il sudest asiatico.
Ma adesso il suo intervento arriva in un momento in cui la transizione energetica è stata portata al centro del dibattito politico, non solo in Gran Bretagna. A Londra da tempo i Conservatori, ma soprattutto la destra populista di Nigel Farage, si sono fatti alfieri della reazione alla spinta verso la Net Zero – ossia la neutralità carbonica – in nome della salvaguardia dell’economia e della tutela dei posti di lavoro e degli interessi dei consumatori.
Che un ex premier laburista si allinei di fatto a queste posizioni non poteva non suscitare scalpore: e infatti l’uscita di Blair domina stamattina le prime pagine dei giornali britannici.
Come era immaginabile, quelle frasi hanno provocato imbarazzo e fastidio nelle file del governo di Keir Starmer, che è ufficialmente impegnato a decarbonizzare la rete elettrica britannica entro il 2030 e a raggiungere la Net Zero entro il 2050: le parole di Blair sono state bollate dai fedelissimi dell’attuale primo ministro come un tentativo di restare rilevante nel dibattito pubblico e c’è anche chi ha ricordato come l’istituto di Blair faccia da consulente al governo saudita, grande produttore di petrolio.
Ma in realtà la marcia indietro sulle politiche per l’ambiente è già in atto: lo stesso governo Starmer, pur senza abbandonare gli obiettivi, ha tirato il freno a mano, autorizzando una nuova pista all’aeroporto di Heathrow e diluendo il bando ai veicoli ibridi, mentre la stessa Unione europea ha finito per annacquare il suo Green Deal (per non parlare dell’aperta ostilità dell’Amministrazione Trump).
In un certo senso, l’intervento di Blair proclama che il re è nudo: «I leader politici – scrive – più o meno sanno che il dibattito è diventato irrazionale, ma sono terrorizzati dal dirlo per paura di venir accusati di essere negazionisti». Gli attivisti, riconosce l’ex premier, hanno il merito di aver portato la questione al centro dell’attenzione di tutti, ma le politiche adottate in risposta alle loro pressioni «stanno distorcendo il dibattito alla ricerca di una piattaforma climatica che è irrealistica e irrealizzabile».
La verità, dice Blair, è che la domanda di combustibili fossili è in crescita: il traffico aereo raddoppierà nei prossimi vent’anni mentre l’urbanizzazione farà aumentare la domanda di acciaio del 40% e quella di cemento del 50%. Sono questi i «fatti scomodi» con cui bisogna fare i conti: una citazione – a rovescio – della «verità scomoda», il titolo del celebre manifesto ambientalista di Al Gore.
La soluzione, secondo Blair, va cercata nell’innovazione tecnologica, soprattutto per quanto riguarda la cattura di anidride carbonica, verso la quale andrebbero indirizzate ricerca e finanziamenti.