No alla fine della pesca nel nostro territorio


No alla fine della pesca nel nostro territorio

Ho letto l’articolo intervista di Massimiliano Sardone, sul futuro della pesca a Civitavecchia e gli impegni che chiede la categoria ai candidati sindaci. Certamente sono da condividere le preoccupazioni per il settore che con competenza e anche un po’ di ironia, l’esperto ha illustrato. La Marineria è per Civitavecchia orgoglio e tradizione è parte fondamentale dell’economia di Civitavecchia.

Uno studio di lega Coop, “Studio di ricognizione e approfondimento sullo sviluppo delle attività legate alle risorse energetiche alternative (impianti eolici off-shore) e delle interazioni con le attività di pesca e acquacoltura”, realizzato dal Consorzio Mediterraneo, struttura di ricerca aderente a Legacoop Agroalimentare. Ha evidenziato come la costruzione dei 67 impianti eolici off-shore progettati nei mari italiani al 2021, (oggi le domande sono arrivate ad essere 139), con le geolocalizzazioni attualmente previste, sottrarrebbe una superficie di circa 13.000 Km quadrati alle attività di pesca professionale, in particolare lo strascico, e di maricoltura, con inevitabili ripercussioni sulla loro sostenibilità economica, in relazione ai volumi del pescato e all’occupazione, producendo effetti particolarmente pesanti per le marinerie. Relativamente all’impatto occupazionale, si stima una perdita di oltre 4.000 addetti e nel Lazio (-200) posti di lavoro.

TRATTO MARE OCCUPATO PROGETTO Thyrrenian Sovrapposizione istanze presentate dagli 8 progetti – Fonte Capitaneria di Porto

Al largo di Civitavecchia sono 8 i progetti presentati. Qualora si prendesse la sciagurata decisione di regalare il nostro mare a i fondi speculativi del nord Europa, le marinerie di Civitavecchia, dopo secoli di attività e tradizione, scomparirebbe e con essa tutto l’indotto di commercio e ristorazione che dà lavoro a centinaia di persone. Com’è possibile non tutelare un valore peculiare del nostro territorio come quello rappresentato dalla pesca.

Negli ultimi anni abbiamo assistito a una vera e propria Fiera della banalità e del pressapochismo nell’affrontare un tema così delicato e vitale. L’ipotesi eolico off shore floating è stato sbandierato come la soluzione a tutti i problemi da parte dei sindacati, rappresentanti istituzionali, associazioni datoriali e un classe politica locale e regionale, evidentemente impreparata e a corto di idee. Sono andati tutti dietro a chi prometteva migliaia posti di lavoro, senza accorgersi di essere stati presi per i fondelli. Si è passati da migliaia di posti di lavoro al massimo di 35 posti, dichiarati dai proponenti nei documenti ufficiali presentati per le autorizzazioni, (comunque molto lontane da essere accolte), nel silenzio più totale.

Stiamo parlando di una energia che costerebbe quattro volte l’eolico onshore e tre volte il fotovoltaico. Siamo disposti come italiani a pagare di più l’energia? La politica, almeno in Italia, arriva sempre tardi sulle questioni importanti. Perché nel resto del mondo stiamo assistendo al ritiro da parte degli investitori degli investimenti su questa tecnologia che è considerata economicamente e tecnologicamente immatura. A Civitavecchia, ai nostri“politici”, di quello che accade nel resto del mondo non interessa, anzi in questo territorio hanno legato il Phase out dal carbone all’eolico off shore floating. Senza contare che nel mediterraneo prima di cinque- sette anni non sarà possibile realizzare una sola pala. Non c’è neanche la normativa (sic!).


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